Radio Spada ripubblica questa poesia di Don Oreste Nuti, parroco di Pianore in diocesi di San Miniato, pubblicata in Firenze, per i tipi della “Penna azzurra” nel 1903 nella raccolta “Le tre maniere poetiche”. Il testo non lo dice ma la poesia venne composta contro Don Romolo Murri (ritratto nella foto), che già allora con il suo tristo “magistero” e la sua vena intellettualoide e liberale, contaminava i giovani dell’Opera dei Congressi (nome dell’allora organizzazione politica dei cattolici italiani). Tra don Murri e Don Nuti c’era stato un crescendo polemico con l’acuirsi dello spostamento di Don Murri nel campo “novatore”. L’anno dopo San Pio X avrebbe sciolto l’Opera dei congressi, ormai contaminata dal modernismo politico. Il modernista Don Murri sarebbe poi stato sospeso a divinis e scomunicato durante il pontificato di San Pio X: pentito, assolto e riconciliato nel 1946, poco prima di morire. Ecco quindi la splendida poesia di don Oreste Nuti, uno dei più duri e intransigenti cattolici toscani, grande amico di Don Davide Albertario, nemico di ogni forma di liberalismo politico e teologico, un vero esempio per i cattolici antimodernisti di tutti i tempi e di tutte le latitudini. La sua figura, tra le meno conosciute dell’antimodernismo di inizio Novecento, è la tipica figura di sacerdote di provincia, dotto storico locale, letterato, poeta ora ponderato, ora estemporaneo, polemista, editore di pubblicazioni cattoliche intransigenti quali “La penna azzurra”, vera figura di raccordo (come altre del resto) tra Intransigenza e antimodernismo piano. La ripubblichiamo anche per mostrare come il linguaggio dell’acuminata polemica che a volte usiamo su Radio Spada ha radici antiche ma sempre nuove e rinnovabili. (a cura di Piergiorgio Seveso)
L’ira sdegnosa non per me ferìo
D’amari accenti Cajo, nè Sempronio:
Che l’odio alberga in seno del demonio
E non nel petto mio:
Che desiosa ho l’alma sol d’amore,
Sempre insaziata, e come allodoletta
S’eleva in alto: e come farfalletta,
Sen va di fiore in fiore.
Che se mi stilla or or di bava il dente,
Se di livor ho quasi l’occhio spento,
E se uno strale or contro tizio avvento
È pia bile innocente.
Più concio di un bastone di pollaio.
Costui tenta di alzar faccia in contro al sole,
E me imbrattar di luride parole;
Si..eh? Toccò il vespaio!
Ipocrita mi chiama, o della scuola
Ch’educa alla scaltrita ciurmeria,
Che fa bottega della sagrestia;.
Gregario del Loyola.
Codino, clericale, oscurantista,
Ultramontan, retrogrado mi appella;
E s’altro ha d’infame e m’arrandella
Co’ il nom di “loyolista”!
I’so il perchè di tutto questo fiele;
Ma ipocrita se’ tu che, per un pavolo,
Accendi due candele: l’una al diavolo
E l’altra a San Michele.
Ipocrita se’ tu che ognor mentisti
Con finto labbro, l’anima codarda;
Che di Lutero in tasca hai la coccarda;
E in mano il Lumenchristi!
Ipocrita se tu’, pezzo…da gogna,
Che arricci il naso a un’ette men corretto;
Che val le guance tinger di belletto,
Quando in gola hai una fogna?
Ipocrita mi chiami, e la gran cassa
Perchè ognun senta, zombi alla distesa;
Credi però, ch’io più non vada in chiesa?
Scemo, l’hai fatta bassa!
Che son cristiano, e il dico ad alta fronte;
E se vuoi, son pure gesuita;
Non mi farà una chiacchiera scipita
Negare il sacro fonte!
E se lo vuoi, gnorsì, son clericale!
E morirò, lo spero, impenitente:
Al Non expedit credo fermamente,
E credo al Temporale.
Gli spauracchi mettili agli allocchi,
Ma non a me, che so mostrarti il grugno;
E all’occorrenza, pur giostrar di pugno,
E, se duri, ne tocchi!
Codino, ultramontano, clericale?
Gnorsì, si serva pure come Lei crede!
Speri con ciò di scoter la mia Fede,
Di farmi liberale?…
Ti spregio! L’alma tua uscì dal grembo
Furtivamente a Dio; ed ora è nera
Di tradimenti;…e questa mia bandiera
Mai non ascose un lembo.