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di Piergiorgio Seveso

I libri, per un editore, sono un po’ come degli figli. E i figli non sono tutti eguali ma tutti sono egualmente amati.
Alcuni silenziosi e devoti, altri capricciosi ed inquieti, altri ancora fragorosi e un po’ facinorosi.
Alcuni ti nascono un po’ per accidens e te li ritrovi a gattonare per casa, altri sono voluti, cercati, agognati, bramati.
Alcuni crescono tra mille pene e affanni di salute, vegli di notte al loro capezzale, gemendo sul loro destino, altri invece riescono e crescono vigorosi e sani e ti meravigli che subito lascino casa desiderosi di cercar fortuna, altri ancora ti rimangono sempre per casa, o per gracilità interiore o per un intimo e invincibile affetto che provano per te e tu per loro.
In questi anni Radio Spada mi ha dato, tra le varie gioie, quella della paternità, non solo spirituale che già in un certo modo ho esercitato ed esercito ma “fisica” e prettamente genitoriale.
Di pochi libri di Radio Spada infatti posso dire di aver seguito la genesi e il percorso, la produzione e la rifinitura come quello che recensisco oggi.
Nato quasi per un’indiretta ispirazione, salvato nella culla da mani cupide di sangue e di morte, il libro si è sviluppato “in forza, statura e grazia”, in virtù dei poderosi studi di Luca Fumagalli che su Frederik Rolfe ha sviluppato una tale mole di ricerche tanto da diventare, quasi inavvertitamente, uno dei maggiori collezionisti italiani di materiali e cimeli rolfiani.
Ben lungi però dall’aver prodotto un libro a tesi, il Fumagalli ha scritto una biografia appassionatamente vigile e spassionata, nobile e innocente, di Baron Corvo dove si scandagliano pregi e limiti, vizi e virtù, fin nel profondo dell’animo rolfiano.
Di questo coraggioso e tormentato convertito che ha rinunziato a tutto per amore del Papato romano e della Chiesa cattolica, di questo scrittore che seppe unire profonda erudizione, passione medioevalistica e uno spiccato gusto per la costruzione fantastica ed estetizzante del racconto, rimangono opere sempre interessanti, spesso edificanti, talvolta monumentali e in gran parte sconosciute al pubblico di lingua italiana.
Fumagalli di tutte queste opere offre una ricostruzione che possa stimolare il nostro pubblico più avveduto alla lettura e alla fruizione di quest’autore.
Con passione e compassione Fumagalli ci offre il ritratto vivo di questo “vinto” di successo, di questo irregolare e randagio della letteratura, di questo infelice “alla ricerca del tutto”. Al di là dei disordini a volte riprovevoli che caratterizzarono una parte della sua vita, ciò che ci colpisce veramente è la radicale incapacità di Rolfe nel costruire relazioni umane, basate su fiducia e affidamento, la ricerca inesausta e irrisolta di qualcuno che comprendesse il suo vero valore. Con la speranza che abbia trovato in morte quell'”Amico divino” che aveva tanto amato ma che non aveva creduto di trovare in vita. Molto significativo in ultimo che questo libro si sia generato all’interno della seconda generazione di sedevacantisti di lingua italiana (in questo caso “Cassiciacum”): era infatti abbastanza prevedibile, per forma mentis e per percorso biografico di questi giovani nomadi (e pirati) della Sede, che qualcuno degli esponenti di questa generazione potesse produrre opere apologetiche non banali e bidimensionali, ritratti non presepistici, pastellosi e oleografici di personaggi ed eventi storici nella storia del Cattolicesimo romano (prima e dopo il grande vulnus del 1962). Questo è avvenuto con quest’opera efficace di Luca Fumagalli e con i suoi preventivati futuri studi sulla letteratura cattolica di lingua inglese. Giova rimarcarlo in questa recensione: quest’opera sorpassa sia il descrittivismo un po’ acerbo della biografia di Monsignor Robert Hugh Benson (edizioni Fede e Cultura) che l’accademismo rigoroso della biografia di William Golding (edizioni il Cerchio) ed è la prima (e godibilissima) della piena maturità artistica del Fumagalli cui auguriamo ovviamente di spingersi sempre più al largo, come un nuovo Ulisse sulla rotta verso Itaca.

Nella festa di San Giuseppe da Copertino, patrono degli studenti