Fonte: opportuneimportune.blogspot.it/
Guardatelo bene, questa specie di Rasputin in cocolla: si chiama dom Anselm Grün, ed è un monaco benedettino tedesco eretico. Uno dei tanti, direte. Ma questo personaggio, che vive nell’Abbazia di Münsterschwarzach, lungi dall’esser condannato per le sue farneticanti affermazioni eterodosse, è portato in palmo di mano dalla Conferenza Episcopale Tedesca e, a quel che si vocifera, è uno dei membri della commissione vaticana che prepara la cosiddetta Messa ecumenica.
Questo rinnegato osa affermare:
Quando tengo dei corsi nella casa per ospiti della nostra abbazia di Münsterschwarzach, invito sempre ed espressamente tutti a fare la Comunione, perché alcuni cristiani evangelici non si fidano. Ma quando li invito, vengono volentieri. Che il parroco cattolico celebri l’Eucaristia in modo diverso da quello evangelico, fa parte delle differenze di rappresentazione delle varie confessioni. Ciò che è importante è la fede nel fatto che Gesù è presente nell’ostia, espressa dalle parole istitutive “Questo è il mio corpo” e “Questo è il mio sangue”. Dato ciò, nulla impedisce di fare insieme la Comunione.
Epitome del nuovo corso conciliare bergogliano, egli si fa paladino dell’intercomunione considerando irrilevante, ai fini del dialogo interreligioso, la differenza sostanziale tra la fede nel dogma cattolico della Transustanziazione e l’eresia luterana della Transignificazione.
Badate bene: egli non nega esplicitamente che le Sacre Specie, per il ministero del sacerdote ordinato, si mutino sostanzialmente nel Corpo, nel Sangue, nell’Anima e nella Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo; ma afferma che questo dogma cattolico possa coniugarsi con l’errore protestante, secondo il quale nel Pane e nel Vino, per la fede dei presenti, si realizzi una presenza meramente spirituale di Gesù.
Che poi è ciò che affermava la prima versione ereticale del 1969 di quell’articolo VII dell’Institutio Generalis Missalis Romani promulgata da Paolo VI, e che fu poi modificata nella successiva Editio typica, senza tuttavia cambiare il rito cui essa dava forma.
La cena del Signore, o messa, è la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore. Vale perciò eminentemente per questa assemblea locale della Santa Chiesa, la promessa del Cristo: “Là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. XVIII, 20).
Articolo che nel 1970 venne così emendato:
Alla messa, o cena del Signore, il popolo di Dio si raduna sotto la presidenza del sacerdote che rappresenta il Cristo, per celebrare il memoriale del Signore o sacrificio eucaristico. Per conseguenza per questa assemblea locale della Santa Chiesa vale la promessa del Cristo: “Là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. XVIII 20). In effetti, alla celebrazione della messa, nella quale si perpetua il sacrificio della Croce, il Cristo è realmente presente nell’assemblea riunita in suo nome, nella persona del ministro, nella sua parola e sostanzialmente e in maniera ininterrotta sotto le specie eucaristiche.
L’astuzia diabolica delle affermazioni di dom Grün risiede nell’ignorare deliberatamente la differenza tra la Messa cattolica e la Cena luterana, considerandole entrambe due legittime declinazioni della fede, mere differenze di rappresentazione delle varie confessioni, in nome dell’unità nella molteplicità tanto cara ai fautori dell’ecumenismo.
Andrebbe detto che non dissimile atteggiamento contraddistingue anche, ad intra, l’accettazione di due forme di celebrazione del medesimo Rito Romano, cosicché la Messa tridentina, dal Summorum Pontificum, si ritrova sì legittimata, ma solo se la si accetta come versione straordinaria del Novus Ordo, che nella mens del Legislatore rimane forma ordinaria.
Non è chi non veda che, se è arduo considerare possibile una equiparazione tra un rito perfettamente cattolico e la sua versione censurata ed equivoca, è altresì impossibile fingere che uno dei dogmi più sacri custoditi e difesi dalla Chiesa in tutti i tempi – ed in particolare proprio contro l’eresia di Lutero – venga posto sullo stesso piano dell’errore che lo nega. Ma in nome dell’unità con le sette inaugurata dal Concilio vi è chi evidentemente è disposto a comportarsi esattamente come chi considera irrilevante il baratro dottrinale che separa la Messa cattolica dalla sua versione omissoria ed edulcorata partorita da Bugnini con la collaborazione attiva di pastori protestanti.
Quel che ne risulta è oggi chiaro: il cattolico crede – più o meno – che nel Pane Eucaristico sia sostanzialmente e ininterrottamente presente il Signore, mentre il calvinista crede che quella presenza sia solo simbolica e temporanea. Ma siccome entrambi credono in una presenza, questo li unisce al punto da poter partecipare alla stessa mensa.
Chissà che ne pensano, lassù, i Martiri massacrati dagli eretici per difendere il dogma della Presenza Reale.
Grün afferma anche:
Maria è il prototipo dell’uomo redento e ciò che viene detto di lei vale anche per noi. L’Immacolata concezione non è altro che ciò che viene detto nella prima lettera agli Efesini e nella liturgia: tutti siamo stati scelti in Cristo prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati. Ciò non significa quindi che Maria è un essere speciale e noi dei poveri peccatori. Purtroppo è un’interpretazione frequente, ma questa non è la dogmatica cattolica.
L’orrore che suscita quest’affermazione blasfema contro la Beatissima Vergine non deve però portare a considerare che dom Grün neghi esplicitamente il dogma dell’Immacolata Concezione: come nel caso precedente, egli mostra una perfidia luciferina nell’estenderlo a tutta l’umanità, facendo sì che esso non sia più privilegio esclusivo della Madre di Dio, ma fatto condiviso da tutta l’umanità secondo un’interpretazione arbitraria e distorta della Lettera agli Efesini di San Paolo.
Così, secondo questo delirio, la Madonna è stata sì preservata dal peccato, ma lo siamo anche noi; e lo siamo non perché incorporati a Cristo in virtù del Battesimo – cosa che sarebbe comunque erronea – ma addirittura in virtù del semplice fatto di essere, al pari di Lei, esseri umani. Il che echeggia quell’eresia postconciliare, secondo la quale la salvezza sarebbe stata da Cristo acquistata, anzi quasi imposta all’umanità intera, per mezzo dell’Incarnazione. Proprio in ragione di questa presunta impeccabilità – che nega il peccato personale oltreché quello originale – dom Grün invita alla Sacra Mensa tutti, cattolici ed eretici, prescindendo dalle loro disposizioni e dallo stato di Grazia richiesto per comunicarsi: come si vede, tout se tient. I peccatori ostinati ringraziano per l’occasione di compiere sacrilegio, ricevendo indegnamente il Corpo del Signore su incoraggiamento dell’indegno benedettino.
E qui mi viene alla mente il sogno di San Giovanni Bosco, che vide come presidio della Chiesa quelle due mistiche colonne, quegli stendardi sui quali sfolgoravano l’Ostia Santa e la Madonna Auxilium Christianorum.
Ecco svelato l’inganno diabolico: l’odio verso la Santissima Eucaristia e la Beatissima Vergine. Poco importa che si neghi esplicitamente il dogma della Transustanziazione – come osa affermare con infame arroganza il cosiddetto liturgista Andrea Grillo, docente all’Ateneo Sant’Anselmo e parimenti membro della commissione segreta che riforma in senso calvinista la Messa – o quello dell’Immacolata Concezione: quel che conta è che entrambi questi pilastri della nostra Santa Religione siano considerati di poca importanza, dinanzi al supremo bene dell’unità ecumenica, la quale di fatto implica, se non la negazione di Vero e Falso, di Bene e Male, quantomeno la loro parificazione. A riprova della collocazione ideologica del monaco, basti sapere che egli viene citato in uno scritto massonico del Gran Maestro Silvano Danesi dello scorso Maggio 2017, laddove egli sostiene che “La meta del processo di trasformazione consiste nell’unificazione degli opposti” (vedi qui). Non c’è che dire: dom Grün viene chiamato in causa – verrebbe da dire, al pari di un altro personaggio assiso su ben più alto Soglio – per difendere la tolleranza, intesa “come trasformazione in uguali e fratelli”, considerata significativamente “principio fondamentale della Libera Muratoria”.
E si vedrà, se solo si vorrà usare il semplice raziocinio, che questa è in fondo la matrice perversa che accomuna a questi errori dottrinali non diversi errori pastorali implicati da Amor Laetitiae, grazie ai quali è possibile ammettere la coesistenza di un bene nella teoria e di un male nella prassi, in virtù di un presunto discernimento soggettivo.
Bisogna denunciare ad alta voce questi inganni diabolici, e considerare anatema di chi se ne fa svergognato araldo in seno alla Chiesa, o a quel che ne resta sotto questo infaustissimo pontificato.