Dopo Famiglia Cristiana, anche Avvenire si cimenta nello smerigliare la realtà ad uso e consumo della vulgata modernista/bergogliana. A pagina 8 del numero odierno leggiamo dunque che il Rosario recitato sabato lungo i confini polacchi in onore della Madonna delle Vittorie, ossia di Colei che rese possibile la vittoria di Lepanto, e in ottemperanza alla richiesta formulata a Fatima, sarebbe stata una generica “preghiera per la pace”.
Nella medesima pagina, un inviperito articoletto provvede a chiarire che i poveri polacchi sono un branco di visionari, i quali (come molti altri abitanti europei, del resto) percepiscono una presenza islamica nel Paese molto superiore alla realtà. La vera “invasione” è quella degli ucraini, che però hanno il torto di essere utili alle imprese per la loro professionalità, e di non voler edificare moschee. Ergo, non sono “risorse”. Del resto il musulmano è tutt’al più un pittoresco tataro, o dervisci tourners che girano sulle spine dorsali. Insomma, Varsavia può migliorare. Vabbè.
L’attenzione all’identità cattolica del Paese, ai rischi di un’immigrazione incontrollata e della secolarizzazione 2.0 – attivamente sponsorizzata dal Vaticano, come emergeva ieri su Repubblica nel papiro dolciastro con cui Barbapapà Scalfari incensa l’ennesimo libretto di aria fritta & eresie riscaldate, uscito dalla penna del burocrate Mons. Paglia – tali elementi, dicevamo, passano in secondo piano. La teologia al gusto Veltroni ci informa che la preghiera è sempre “per” e mai “contro” (e il povero lettore si interroga sugli innumerevoli esempi contrari presenti nella Scrittura, nella Liturgia e nella vita dei Santi), mentre i redattori intessono ampie captationes benevolentiae nei confronti dei prelati polacchi, lodandoli per non aver lasciato prevalere le “stonature” di chi magari, orrore, voleva ricordare che a Lepanto la Madre di misericordia non mise fiori nei nostri cannoni.
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