di Cristiano Lugli
Pochi giorni fa ricevo una telefonata da una signora, la quale mi invita ad acquistare il settimanale diocesano “La Libertà”, siccome all’interno di esso, dice, ci sarebbe un articolo che parla di me. Ora, non sono mai stato un lettore di questo giornale, meno che mai ora. Non voglio esprimermi sulla linea editoriale di questo settimanale, giacché ben comprendo che le linee guida di una “chiesa in uscita”, obbligano a seguire un certo modus operandi: si parla delle “opere”, si parla delle “donne”, dei “poveri” e via discorrendo. Tutte cose buone, intendiamoci, ma con un approccio completamente sociale come, d’altronde, la “chiesa in uscita” vuole. Bastano le opere; la Fede conta, sì, ma dopo mezzogiorno ne facciamo volentieri anche a meno purché ci sia qualcuno disposto a dispensare i pasti alla Caritas, ateo, musulmano o agnostico che sia. Il liberalismo ha impregnato menti, cuori e, soprattutto, cattedre di teologia.
Questi i motivi per cui non acquisto mai La Libertà. Mi urta, non come mi urterebbe leggere Avvenire o L’Osservatore Romano. Fatto sta che, se di me si parla, il demone della curiosità non mi permette di resistere, ragion per cui ho acquistato il settimanale diocesano in modo da poter capire cosa si dicesse di così interessante a proposito del sottoscritto. Sfogliando il giornale, precisamente a pagina 11 trovo la raffigurazione in primo piano del volto di Lutero Martino, detto anche dai suoi conterranei e da diversi papi – i quali tuttavia lo chiamavano così in incognito – “Porcus Saxoniæ” o, come lo chiamò S. S. Pio VI “eretico insensato” ( Pio VI – 9 marzo 1783 ). Il bestemmiatore protestante che subito mi balza all’occhio è tuttavia sormontato da un titolone, che così dice: “Demonizzare la RIFORMA protestante (e “riforma” è scritto proprio in maiuscolo (!) N.d.A.) rende forse più cattolici? Appunti a margine di una polemica”. Già a leggere il titolo cascano ovviamente le braccia visto il rafforzamento del termine “riforma”. Qui si situa il primo errore di chi, poco dopo, si ergerà a conoscitore della Tradizione e della Teologia: quella di Lutero non è stata affatto una riforma, quanto piuttosto una macabra rivoluzione che ha portato tante anime al rischio della dannazione eterna – a cui la “chiesa in uscita” ovviamente non crede più – e ha sparso tanto sangue, sangue a cui tutti i paladini della “giustizia” luterana si scordano di fare riferimento. Si vergognano delle Crociate, ed esaltano chi ha fatto molti più morti delle Crociate cattoliche. Tutto secondo programma. Parlare di riforma protestante vorrebbe dire mettere sullo stesso piano la Riforma di Santa Teresa d’Avila, una Santa canonizzata che non si è risparmiata nel definire i protestanti come propagatori di un “contagio pestilenziale” (S.T. di Gesù – “Il cammino di perfezione”), e un eretico ubriacone per sua stessa ammissione.
Ma torniamo all’articolo: mi accingo subito a vedere da chi sia scritto, scorgendo che l’autore è Daniele Moretto, insigne Direttore della “Scuola Teologica Diocesana”.
Il Nostro si riferisce ad un mio articolo (
https://www.radiospada.org/2017/09/reggio-emilia-consacrazioni-e-beati-accostati-a-lutero/ ) scritto per il sito cattolico Radio Spada, risalente al 21 settembre scorso (meglio tardi che mai), dove contestavo il fatto che la diocesi promuovesse un corso così titolato:
“La Riforma Protestante – Strumenti per un confronto”, con diversi incontri susseguitesi per circa un mese e mezzo. Come cappello all’articolo di risposta al mio scritto, vi è un manifesto di gioia nel constare che “
la partecipazione al corso è stata buona sia come numero – dai settanta ai cento partecipanti a seconda delle serate -, sia come interesse manifestato dagli intervenuti”. Il numero e l’interesse, secondo la “chiesa in uscita”, è sempre sinonimo di verità e buona riuscita. Tutto sempre secondo programma, almeno fino a qui.
Prima di entrare nel vero merito delle risposte date da don Daniele Moretto, voglio confessare di sentirmi notevolmente onorato per una dedica fatta ad un mio articolo vecchio di due mesi, perdipiù pubblicato su di un sito che, nonostante la ricchezza di materiale, difficilmente viene seguito dagli stessi lettori de La Libertà o da chi ha frequentato il corso sulla “riforma” protestante organizzato dalla STD di Reggio Emilia. Evidentemente quell’articolo ha dato fastidio, finendo sulle scrivanie dei Sacri Palazzi e questo, tutto sommato, è un bene anche se arriva in modo del tutto inaspettato. Don Moretto spiega che questa replica è fatta “per non lasciar credere che il silenzio della STD sia un’implicita ammissione di colpevolezza“. La colpa che io imputavo alla diocesi era quella (e lo è tutt’ora) di promuovere un corso in linea con tutto il nuovo accreditamento fatto per riabilitare Lutero, allo scoccare dei 500 anni dalla rivoluzione ignobile attuata dal frate agostiniano e compagni.
In particolare, quando mi accorsi di questa iniziativa, me ne accorsi all’interno del Duomo notando al fianco della teca contenente le spoglie della Beata Giovanna Scopelli le locandine promozionali, con imprimatur del volto di Lutero. Non nego che una tale malefatta, mi ha infastidito ancora di più, particolarmente sapendo che la Beata carmelitana tanto si è battuta in vita per la difesa della Fede e la conversione degli eretici, come narra l’episodio del giovane reggiano di nome Agostino.
Entro ora nel merito di qualche risposta strutturata da Moretto. Anzitutto Moretto, garantendo di replicare “lasciando perdere il tono più rabbioso che desolato di Lugli”, dimostra piuttosto che la questione è entrata assolutamente sul personale. Così dicendo, insomma, crea un ossimoro a quanto avrebbe voluto sostenere con questa breve frase. Ma passiamo oltre:
1) “Anzitutto non condivido l’idea sottostante secondo cui, per difendere la propria posizione, sia necessario disinteressarsi di quella altrui, farne una caricatura o passare direttamente all’insulto” – così è detto nell’articolo di Moretto. Prima di ogni altra cosa va ribadito che di nessuna caricatura si è trattato, poiché, parlando dei protestanti, non vi è granché da dire se non che sono eretici e scismatici, propagatori di eresie e di apostasia. Questa non è la verità di Lugli, ma è quello che il Magistero bimillenario ha sempre insegnato da questo strappo in poi. Troppo comodo tirare in ballo una sessione del Concilio di Trento senza, ad esempio, mai menzionare l’Exsurge Domine di Leone X (15 giugno 1520) ove vengono condannati gli errori di Lutero e delle sue deliranti tesi in tema di Sacramenti, Grazia, Redenzione, Salvezza e così via. Leone X così si pronuncerà un anno dopo, nella bolla Decet Romanum Pontificem, rispetto a quanto condannato: “Vorremmo far conoscere a tutti il piccolo commercio malevolo che Martino e i suoi seguaci e gli altri ribelli hanno creato su Dio e la Sua Chiesa con la loro temerarietà ostinata e senza vergogna. Vogliamo proteggere il gregge da un animale infetto, per timore che la sua infezione si diffonda a quelle pecore sane. Quindi poniamo l’ingiunzione seguente ad ogni e ciascun Patriarca, arcivescovo, vescovo, ai prelati della cattedrale patriarcale, metropolitana, e alle chiese collegiate, e ai religiosi di ogni ordine, anche mendicante – privilegiato o non privilegiato – ovunque esso si trovi di stanza: che con la forza della fede e del loro voto di obbedienza e sotto pena della sentenza di scomunica, essi, se richiesto per l’esecuzione di questi presenti decreti, annuncino pubblicamente e facciano in modo che siano annunciati da altri nelle loro chiese, che lo stesso Martino e il suo seguito sono scomunicati, dannati, condannati, eretici, induriti, interdetti, privati di beni e incapaci di possederne, e così elencati nell’esecuzione di questi decretali. Tre giorni verranno concessi: noi pronunciamo un avvertimento canonico e concediamo un giorno di preavviso sul primo (avvertimento N.d.A.) un altro sul secondo, ma sul terzo decretiamo un’esecuzione perentoria e definitiva del nostro ordine”.
Questa “caricatura” infallibile forse era sfuggita al Moretto. Passiamo oltre.
2) “(…) è poco rispettoso degli stessi fedeli cattolici considerarli sempre come dei minorati mentali, che perderebbero la fede ogni volta che ascoltano un’idea non cattolica, anche solo per discuterne” – così dice don Moretto.
Ritengo questa considerazione viziata nei suoi fondamenti giacché, come dice Sant’Ignazio di Loyola, “non si discute con il Diavolo”, e “giocare” con le tesi non cattoliche, soprattutto in un becero clima ecumenico, è cosa assai pericolosa tanto che chi promuove tali cose deve poi assumersi la propria responsabilità. Inoltre, se volessimo ragionare per ipotesi presumendo che tali corsi siano fatti per conoscere meglio il nemico, cadremmo in una palese sconfitta visto che, sempre in tali corsi, la formazione dei relatori si rifà ad una cronologia storica e teologica non più vecchia di 50 anni. Gli insigni direttori, tacciando chi contesta di rifarsi a 500 di storia ecclesiastica risalente solo al Concilio di Trento, hanno cancellato o strumentalizzato tutto ciò che precede il Concilio Vaticano II. O meglio: vedono la tradizione (che tradizione secondo loro è) alla luce del Concilio Ecumenico Vaticano II.
3) Citando poi Sant’Agostino in “La città di Dio”, il Prof. Moretto cerca di tornare sull’ipotesi che già abbiamo scartato nel punto precedente, ovverosia la conoscenza della posizione del nostro avversario, la quale, per sbagliata che sia, può essere stimolo per un nuovo apprendimento. In questo teoricamente non ci sarebbe nulla di male, e a farlo presente è lo stesso S. Tommaso d’Aquino, il quale osserva come sia utile e necessario nella discussione con gli eretici far capo a quella medesima Sacra Scrittura che essi condividono con noi. Oggi però, alla base dell’ecumenismo prima di tutto, vi è l’idea che essere cattolici o essere protestanti non faccia poi una gran differenza: l’importante è essere “cristiani”, al modo di un cattolico che non vede alcun contrasto di fondo tra domenicani e carmelitani, ma considera queste famiglie spirituali come due modi diversi, entrambi legittimi, di esser cattolici.
4) Nel mio articolo “polemico”, come lo ritiene don Daniele, asserivo che l’altro scandalo recato è stato vedere la locandina affissa anche dentro la Ghiara, il santuario mariano per eccellenza a Reggio Emilia. Concludevo che vedere Lutero e i protestanti, negatori di diversi dogmi mariani, messi fra le mura di un così importante santuario, recava davvero disgusto. E qui viene il bello, le ipotesi di dialogo per conoscere il “nemico” cadendo come castelli di sabbia: “L’altro aspetto che mi fa problema – prosegue Moretto – è che, nel furore della polemica, Lugli finisce per fare delle caricature. Anzitutto nei confronti della Riforma, perché la sua idea secondo cui i protestanti non farebbero altro che bestemmiare Maria non rende conto in modo onesto alla loro posizione, ad esempio quella del Commento al Magnificat, in cui Lutero la riconosce più volte come Vergine e dolce Madre di Dio”.
Come si può vedere, i toni cambiano di gran lunga e Lutero non è più il separato, ma colui che rende culto alla Madonna. Eppure, chiunque avesse la minima onestà e la minima conoscenza delle cose, dovrebbe sapere che i protestanti rifiutano in modo drastico la devozione alla Vergine Maria poiché, di fatto, dietro ogni eresia vi è il diavolo ed è fin troppo logico che il diavolo voglia far fuori la sua Grande Nemica, per eccellenza la Madonna, Colei che “gli ha già schiacciato la testa”, come suor Lucia disse al compianto Card. Caffarra. Non a caso fra i tanti appellativi del’Immacolata vi è quello di “Debellatrice di tutte le eresie”.
Eppure è strano: Martin Lutero e i suoi seguaci, nonché i suoi strenui difensori, hanno sempre sostenuto che la Bibbia sia l’unica fonte della Rivelazione (Sola Scriptura), ma, riguardo alla Vergine Maria, negano proprio la chiarezza e l’autorità della Bibbia. Nel Vangelo di San Luca infatti l’Angelo chiama la Madonna “piena di grazia” ed Ella, poi, dinanzi alla cugina Elisabetta canta di se stessa: “tutte le generazioni mi chiameranno beata” – a proposito di Magnificat.
Riguardo all’ “amore” nutrito dal frate ubriacone (“Da mattina a sera non faccio altro che bere. Chiedetemi perché bevo così tanto, perché parlo così loquacemente e perché mangio così spesso. Lo faccio per imbrogliare il diavolo che viene a tormentarmi […]. É mangiando, bevendo e ridendo in questo modo e talvolta anche di più, e anche commettendo qualche peccato, che sfido e disprezzo Satana tentando di sostituire i pensieri che il diavolo mi suggerisce con altri pensieri, come ad esempio pensando con avidità ad una bella ragazza o ad una ubriacatura. Se non facessi così diventerei oltre modo furioso” (Cfr. M. Carré, J’ai choisi l’Unité, DPF, 1973) per la Vergine Santissima, secondo Moretto apprezzata da Lutero come “dolce Madre di Dio”, è bene proporre anche tutto l’ “amore” che egli provava per il Figlio: “Cristo commise adulterio prima di tutto con la donna che incontrò al pozzo di Giacobbe, di cui San Giovanni scrisse: “In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: “Che desideri”, o “Perché parli con lei”? Dopo di lei fu la volta di Maria Maddalena, e poi venne la donna colta in flagrante adulterio che Cristo congedò così gentilmente. Quindi, anche Cristo, pur essendo così retto, si è reso colpevole di fornicazione prima di morire”. (Cfr. Martin Lutero, Tischredden, edizione di Weimar, nº 1472, vol. II, pag. 107; cit. in F. Brentano, Martinho Lutero, Ed. Vecchi, Rio de Janeiro 1956, pag. 15).
Questi brevi fiorilegi – e potremmo aggiungerne tantissimi – dovrebbero bastare al lettore per farsi un’idea di cosa e di chi Moretto stia cercando di difendere.
5) “(…) Si pensi solo all’atteggiamento che il Concilio di Trento ha avuto verso i protestanti, ben diverso da quello che propone Lugli“. Moretto fa seguire poi un’illustrazione che ricorda come al suddetto Concilio i papi di quel periodo abbiano più volte invitato i protestanti alle sessioni conciliari. Purtroppo di strumentalizzazione bella e buona si tratta, come già si accennava poc’anzi, visto che quelli erano gli anni della rottura e un tentativo di ricucire, attraverso la conoscenza dei Padri, poteva ancora essere fattibile. Mai il Concilio di Trento ha spostato di una virgola gli elementi e i pilastri della Dottrina cattolica per abbuonarsi gli eretici. Mai nessuno, in nessuna sessione, avrebbe osato dire che “la Riforma è stata un dono dello Spirito Santo”, come “Sua Eccellenza” Galantino ha a più riprese affermato.
6) Proseguendo Moretto fa presente che “lo stesso Concilio ha deciso di condannare le dottrine e non le persone, tant’è che in nessun suo decreto si fa il nome di Lutero o di Calvino”. Anche qui la si prende sul personale, e par proprio che dia fastidio quando si tocca Lutero. Forse lo stesso varrebbe per Filippo Melantone, magari perché sono già stati acquistati diversi francobolli celebrativi della “riforma” in cui ai piedi della Croce, al posto di San Giovanni e la Madonna, appaiono i due compari. Come discostarsi da un francobollo ideato proprio dalla Santa Sede? Comprendo le difficoltà di don Moretto, ma ritengo che la questione vada meglio approfondita. Lutero e Calvino hanno ben evidenziato le loro tesi eretiche, ne sono andati fieri e ne gioivano.
Giusto per non dire cose che fanno parte della “farina del mio sacco”, mi servo ancora per un attimo della Bolla di Leone X sopra menzionata:
“Tuttavia lo stesso Martino, e ci dà grave dolore e turbamento il dire questo, lui lo schiavo di una mente depravata, ha disprezzato di revocare e rinnegare i suoi errori nell’intervallo prescritto e di inviarci anche una sola parola di revoca come da Noi paternamente richiesto, o di venire da Noi lui stesso, anzi , come una pietra d’inciampo, non ha temuto di scrivere e predicare cose peggiori di prima, contro di Noi e questa Santa Sede e la fede cattolica, e di guidare gli altri a fare lo stesso.
Ora viene solennemente dichiarato eretico, e così anche gli altri, qualunque sia la loro autorità e rango, che non hanno curato nulla della propria salvezza, ma pubblicamente e davanti gli occhi di tutti gli uomini diventano seguaci della perniciosa ed eretica setta di Martino, e coloro che hanno dato a lui apertamente e pubblicamente il loro aiuto, consiglio e favore, incoraggiandolo in mezzo a loro nella sua disobbedienza e ostinazione, o ostacolando la pubblicazione della nostra suddetta missiva: questi uomini sono incorsi nelle pene stabilite in tale missiva, e devono essere trattati legittimamente come eretici ed evitati da tutti fedeli cristiani, come dice l’Apostolo (Tito 3. 10-11)”.
Moretto dice a più riprese che il Concilio di Trento non è tutto. Ebbene, allora sarà opportuno che presti attenzione ad una bolla che non fa parte esplicitamente del Concilio.
7) L’ultimo aspetto riguarda la parte finale dell’articolo scritto dal Direttore della Scuola Teologica Diocesana, un lenzuolo di righe che riassumerebbe una mia visione della Tradizione erronea, e non piena nella sua interezza, tramandata lungo i due millenni della Chiesa. Per fare questo, Moretto ribadisce due o tre concetti su cui vorrei soffermarmi un attimo:
a) il problema del Messale Romano del 1570 si pose proprio a ragione dello squarciamento attuato dai luterani, che infidamente si infiltravano all’interno di quelle comunità con liturgie più recenti per sovvertirne gli usi e la Fede.
b) La Comunione in mano è un’invenzione non tanto dei Protestanti in senso assoluto, visto che per loro non si tratta di Comunione (e questo Moretto dovrebbe saperlo), ma piuttosto di un approccio post- conciliare che si è avvicinato, soprattutto con il Messale di Paolo VI, alla cena protestante. Si è finiti insomma per credere in Cristo Eucarestia, epperò trattandolo come pane. La logica conseguenza è stata smettere di credere a Cristo Eucarestia: non ci si inginocchia più, lo si passa di mano in mano, donne laiche dispensano il Sacro Corpo e così via, sempre peggio.
c) Dire che “nel primo millennio (e quindi facendo intendere che in tutto il primo millenio N.d.A.) questo è stato l’unico modo di fare la Comunione” è fare – qui sì – una caricatura. Aprire questo discorso richiederebbe però troppo tempo e troppo spazio di cui non si dispone. Nel primo millennio cristiano non vi era nemmeno l’uso di elevare l’Ostia alla vista dei fedeli, e ciò certo non significa che tale gesto vada contro la purezza della fede: significa soltanto che esso all’epoca non era stato ancora sviluppato, e che verrà introdotto in seguito, come valida manifestazione della stessa fede eucaristica dei Padri. Per ciò che la Chiesa sancisce e migliora nei secoli, non si ha motivo di ritornare al precedente. L’elevazione servì pure per rimarcare la Presenza Reale, messa in discussione nel corso dei secoli da svariati eresiarchi, fra cui si annovera in prima fila Lutero ovviamente. Idem per la Comunione sulle mani, annullata dopo il primo millennio per un perfezionamento della sacra ricezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Anche guardando a queste modalità, poi, non si trova nessuna similitudine con la sfacciataggine con cui viene “distribuito” – perché una vera e propria distribuzione pare – Gesù Cristo al giorno d’oggi.
«Quando tu ti avvicini [a ricevere la Comunione], non andare con le giunture delle mani rigide, né con le dita separate; ma facendo della sinistra un trono alla destra, dal momento che questa sta per ricevere il re, e facendo cavo il palmo, ricevi il Corpo di Cristo, rispondendo “amen”. Poi, santificando con cura gli occhi con il contatto del santo corpo, prendi facendo attenzione a non perderne nulla…» (San Cirillo di Gerusalemme, Catechesi Mistagogiche, V, 21).
Lo ripetiamo: tornare indietro non curandosi di ciò che la Chiesa ha perfezionato, oltre che ad essere fatto in malafede, è anche un atto privo di senso logico e storico.
CONCLUSIONE
Gli apprezzamenti per Lutero e per il Protestantesimo sono ben evidenti a tutti. D’altronde non ci aspettavamo che la nostra diocesi si scostasse dal sentire comune che in questo anno non ha fatto altro che ricordare Lutero, accostandolo come se nulla fosse al Centenario di Fatima perché, tutto sommato, c’è il Commento al Magnificat e quindi possiamo dormire sonni beati.
Non ci aspettavamo perciò nulla da chi dimentica che Lutero, riguardo al Canone della Messa, diceva queste parole: “Questo Canone abominevole è una raccolta di lacune confuse […]. Esso fa della Messa un sacrificio; altri offertori vengono aggiunti. La Messa non è un sacrificio o l’azione di chi sacrifica. Noi lo consideriamo un sacramento o un testamento. Permetteteci di chiamarlo una benedizione, l’eucaristia, la tavola del Signore o il memoriale del Signore” (Cfr. Lutero, Sermone della 1ª Domenica di Avvento). E ci è riuscito alla grande! Ecco perché è facile comprendere l’onda di sintonia fra Lutero e le scuole teologiche moderne: tutto, sempre, secondo i piani.
Siccome Moretto accenna ad una forma di “inconsistenza intellettuale” che con tutta probabilità mi riguarderebbe, volentieri lo inviterei ad un confronto. Se ha avuto il tempo di rispondermi, di rispondere ad uno che non possiede nessun titolo e nessuna cattedra, può trovare anche quello per un confronto pubblico. Una disputatio in vecchio stile scolastico. Sarebbe certamente bello e stimolante, anche per chi, come me, ha un’idea malsana circa la “resistenza culturale cattolica“.
Purtroppo, invece, mi vedo assolutamente costretto a rimandare al mittente l’invito finale, e cioè quello dove il Prof. Moretto mi esorta velatamente, vista la mia “ignoranza della Tradizione“, a “frequentare una buona scuola teologica”: qui vi è un impedimento giacché, se voglio rimuovere l’ignoranza che lo stesso Moretto mi imputa, devo far tutto fuorché frequentare un’odierna scuola teologica. Meno che mai, la sua.