[…] l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, in un’intervista al Corriere della sera, ha sollecitato tra l’altro a continuare la discussione sul fine vita in un clima di reciproco rispetto. «Proprio perché si parla di situazioni complesse, che non si possono affrontare in bianco e nero, è bene – ha spiegato Paglia – che ci sia una discussione più ampia possibile anche all’interno della società civile e si ascoltino tutte le visioni, al di là delle battaglie e delle semplificazioni ideologiche. In Italia, ad esempio, è accaduto quando culture diverse hanno scritto assieme la Costituzione». E oggi, sul biotestamento, «si è discusso, ma si potrebbe fare ancora meglio».
Il presidente della Pontificia Accademia per la vita ha invitato anche a non valutare vicende passate, come il caso Eluana e quello di Giorgio Welby, con gli schemi di oggi. «Per dare un giudizio adeguato, i singoli casi vanno giudicati nel loro tempo e nella realtà concreta, non in astratto e a posteriori. Sono convinto che non si debba mai abbandonare nessuno, né prima né durante né dopo. Per questo, personalmente, celebro i funerali a tutti».
Su biotestamento e accanimento terapeutico è intervenuto anche il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, che ha fatto notare come il Papa abbia parlato «con tanta chiarezza», in coerenza con quanto «scritto nel Catechismo». La Chiesa, ho osservato ancora, ha sempre detto no all’accanimento terapeutico «e sarebbe bene che qualcuno prima di gridare allo scandalo conoscesse i fatti». «Mi piace – ha aggiunto il segretario generale della Cei – che qualcuno inizi ad accorgersi che la Chiesa è meno bacchettona di quanto la si indichi». Alla domanda se le parole del Papa rappresentino un’apertura per la legge sul fine vita, ha replicato: «Non sono un politico ma auspico che i politici facciano il loro dovere, non solo su questo aspetto».
Fonte: Avvenire (ediz. sabato 18 novembre)