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Il testo che segue, tratto da Avvenire (ediz. odierna), è un ottimo esempio dell’ammiccante nichilismo che è il più maturo frutto dell’albero modernista piantato tanti anni fa. Sciocco, anzi criminale, scagliarsi contro Bergoglio e Amoris Laetitia ignorando ciò che ne ha permesso l’attecchimento. La pastorale zingara e girovaga, che accompagna senza meta e in cui è vietato vietare, non è stata inventata certo nel 2013. Abbiamo grassettato i passi più problematici. [RS]

 

di Mons. Solmi, Vescovo di Parma

 

Sulla scia di Amoris Laetitia, molte Chiese locali propongono iniziative diverse per «assicurare un rispettoso accompagnamento» alle «famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori, né per i figli» (Al 250). Anche ammettendo ritardi e la constatazione che la comunità cristiana – laici e pastori – a volte non è stata esente da pregiudizi e giudizi superficiali, si riscontra – ieri come oggi – la volontà di un ascolto sia nel sacramento della Penitenza, che nel consiglio spirituale da parte dei pastori. Un’attenzione che si è estesa ai numerosi Centri di consulenza familiare, usufruendo anche dell’operato di personale professionalmente qualificato, senza comunque far mancare la figura del consulente morale, del presbitero al quale, a volte, la famiglia si rivolge per cercare o condividere un quadro di insieme, una lettura valoriale e di senso.

Questa offerta, rivolta sia alle famiglie che anche alle persone con orientamento omosessuale, costituisce una prima proposta che, già presente nelle nostre diocesi, si è unita ora ad una forma particolare di «rispettoso accompagnamento» che si sta realizzando con la nascita di gruppi di famiglie che hanno riscontrato al loro interno un membro, spesso un figlio, con tendenza omosessuale. A volte è una proposta che viene dalla Chiesa, altre volte nasce per esigenza di alcuni genitori preoccupati per la fede e la vita dei loro figli. Particolare è il momento nel quale hanno rivelato di “essere omosessuali” e ognuno, al riguardo, ha un suo tragitto e una sua storia. Diversi ne parlano come di una liberazione, la possibilità di costruire un nuovo rapporto con il figlio; altri addirittura come il “giorno più bello”, forse mascherando o trattenendo una sofferenza che rimane anche, alcuni lo rimarcano, per una scarsa considerazione che hanno avuto nel mondo ecclesiale, del quale trasmettono esperienze o rivelano esternazioni di preti che li hanno feriti. Stare insieme è conforto per condividere queste situazioni ed aiutare altri che le stanno patendo. Per la sensibilità e la delicatezza della condizione, tale gruppo richiede di essere omogeneo nei suoi partecipanti, cioè di non annoverare contemporaneamente i figli e coppie omosessuali e singole persone con orientamento omosessuale. Lo scambio deve essere facilitato da un clima di accoglienza nel quale ognuno possa essere libero di esprimersi, o di tacere secondo il suo sentire interiore, sicuro che non sarà contraddetto e ancor meno giudicato.

Particolarmente delicata è la funzione di guida del gruppo, che può essere affidata a persone che abbiano già vissuto un’esperienza simile e che l’abbiano in qualche modo già rielaborata. Forse talora è auspicabile una guida esterna o quanto meno un’équipe, che comprenda figure esperte nella conduzione di gruppi con situazioni delicate e complesse. Risulta fondamentale saper discernere la propria condizione, per non lasciarsi andare ad una sorta di “messianismo” nel quale diventare fautori di tante iniziative, anche se è importante sia per loro che, nelle forme dovute, per la comunità cristiana, poter testimoniare la propria esperienza e promuovere un nuovo approccio pastorale. Anche i temi da affrontare sono rilevanti. Il gruppo ha primariamente lo scopo di accogliere, condividere, sostenere. C’è pertanto la condivisione delle esperienze, la ricerca di forme di sostegno, alla luce della parola di Dio che può essere una Presenza continua, pregata con le semplici, ma necessarie, modalità di una sorta di lectio domestica, che si pone queste domande sul testo: cosa dice? Cosa ci dice? Cosa ci chiede? Un semplice ed essenziale percorso, ma veramente necessario, in un contesto che talora vede tentativi di rilettura della Scrittura in chiave gay e che, come tali, rischiano di fuorviarne il senso come è già accaduto per altre interpretazioni particolari. Possono nascere domande su temi monografici, richieste più precise, che è bene elencare, sottoporre al giudizio del gruppo perché siano affrontate anche con l’aiuto di un esperto se necessita, o con un’autoformazione che avrà cura di non essere troppo sbilanciata. Infatti il gruppo, anche se al suo interno ci possono essere critiche alla Chiesa e al suo – vero o presunto – insegnamento morale, non ha il compito di «riscrivere la dottrina e la morale» (AL251), ma primariamente di condividere, conoscere, attingere alla parola della Chiesa, invocando la luce dello Spirito Santo. Da questo confronto possono nascere approfondimenti e suggerimenti nuovi. Da qui emergono anche le potenzialità ecclesiali del gruppo stesso. Può legittimamente configurarsi come un gruppo spontaneo di credenti che invita al suo interno un presbitero, il parroco se è su base parrocchiale o interparrocchiale, una persona consacrata; o è un gruppo che ha raggiunto una maturità tale da potersi presentare al vescovo perché sia da indicare alle famiglie o di riferimento per questa pastorale; oppure un gruppo che nasce come diocesano e che si propone, fin da subito, accanto al sostegno, anche una finalità pastorale.

Tutte queste tipologie si misurano sull’effettivo senso di Chiesa e sulla capacità, anche sofferta, di formulare domande, di suggerire attenzioni, di proporre percorsi per l’intera comunità ecclesiale. Possono costituire un aiuto significativo per una nuova pastorale rivolta a queste famiglie e alle stesse persone con orientamento omosessuale. Cresce così la coscienza di essere un tutt’uno con la comunità cristiana che – anche grazie al loro contributo – con l’onestà si verifica e con prudente audacia cerca e prova vie nuove. Un simile lavoro chiede a tutti umiltà vera. La capacità di scalzarsi i piedi davanti al mistero della persona e della sua storia, come fece Mosè di fronte del Roveto Ardente, passaggio necessario per ritornare in Egitto e liberare il suo popolo, non con la sua giustizia, ma con la Giustizia di Dio. La Chiesa vuole ancora oggi fare così per conformare «il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni» (AL 250).