person_mask_creepy

Brevi considerazioni sulla concezione dell’uomo nel cristianesimo e del valore della sua dignità. Vale la pena combattere contro l’orrore della “civiltà dei diritti” promossa dal politically correct?

di Francesco Allegretti

 

La persona nella Sacra Scrittura

Fin dall’antichità si impose nel mondo greco la concezione socratica di uomo, secondo cui l’uomo è la sua anima. Subito dunque, esso venne concepito come un essere “speciale”, dotato di un qualcosa che lo rendeva simile agli déi e che per questo lo differenziava dalle altre cose. Tralasciando una lunga tradizione filosofica che vede coinvolte le riflessioni di Platone, Aristotele, degli Stoici ed altri, circa la composizione ilemorfica umana (materia + forma), la concezione dell’uomo troverà una svolta decisiva e formidabile con l’avvento di Cristo. Già nell’Antico Testamento, nel racconto della Genesi e in particolare in 1, 26-28 e 2, 7, troviamo quella che è l’origine divina dell’uomo. Questi due passi esprimono molto chiaramente la creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio, la fiducia datagli circa il dominio del mondo e di quanto contiene e la sua vocazione originaria a popolare la terra. Da quanto si legge nella Sacra Scrittura però, l’uomo  non è reso “speciale” solo per la sua origine divina, ma anche e soprattutto per la sua affinità con Dio stesso (a tal proposito san Tommaso d’Aquino parlerà di partecipazione e analogia), per il suo “essere figlio”, per il suo porsi al pari di Dio in virtù di questa figliolanza divina (nell’Apocalisse – 22,4 – si leggerà come, alla fine dei tempi, l’uomo vedrà il volto Dio faccia a faccia, per sottolineare questa sua origine divina).

Nel Vangelo secondo san Matteo – 25, 31-46 – a proposito del giudizio finale, viene specificato che il Regno di Dio sarà per coloro i quali avranno dato da mangiare a Cristo affamato, avranno dato da bere a Cristo assetato, avranno vestito Cristo nudo. Queste affermazioni di Gesù sono l’esempio di come Egli ricorda che Dio è nell’uomo: il Creatore è nascosto in ogni sua creatura e in essa abita. Questo viene ancora ribadito da san Paolo nella Lettera ai Galati – 3, 26-29 – e in quella ai Romani – 8, 14,17 –.

La persona nei Padri della Chiesa

Tra i secoli II e IV, grazie ai Padri della Chiesa iniziò a svilupparsi il concetto di persona in rapporto alla questione definitoria della SS Trinità. Ben presto però, il termine persona iniziò a riguardare non solo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ma venne esteso anche all’uomo, in virtù del suo legame con Dio, per sottolineare la dignità posseduta (da qui la distinzione tra persona divina e persona umana). A tal proposito è giusto innanzitutto considerare la posizione di sant’Agostino, il quale nel De Trinitate – VII 6, 11 – definisce persona aliquid singulare et individuum, ovvero un qualcosa di singolare ed individuale; nella medesima opera poi – XV 7, 11 – concretizza questa definizione nell’espressione singulis quisuque homo: persona è un qualsiasi uomo preso nella sua singolarità. Poco dopo, Severino Boezio, sulla scia dei Padri, nell’opera Contra Eutychem et Nestorium – IV 3-8 – conierà la seguente celebre definizione di persona: ratiuonalis naturae individua substantia, ovvero una sostanza individuale naturalmente razionale. Da qui in poi l’uomo sarà sempre persona in virtù della dignità divina.

La degenerazione da persona ad individuo

Numerose sono le definizioni date all’uomo nel corso della storia, e numerose sarebbero le opere da citare al riguardo. In sintesi è possibile appurare come oggi l’uomo sia passato dall’essere persona all’essere consumatore nell’era capitalistica, e ancor peggio ad essere individuo nel mondo contemporaneo. Benché la concezione dell’uomo in quanto individuo sia orribile (la maggior parte degli uomini è ignara del significato), credo possa essere la più giusta per designarlo oggi: esso è stato infatti manipolato e soggiogato in maniera tale da sovvertire il senso di dignità personale in quanto figli di Dio (e dunque legati a Lui), in una malsana volontà di egocentrismo e conseguentemente di ribellione per l’autoaffermazione. Questa degenerazione dell’uomo è strettamente correlata dalla degenerazione dello Stato, il quale invece di garantire al popolo i diritti veri e basilari, necessari per il sostentamento e la dignitosa conduzione della vita (a scanso di equivoci mi sto riferendo al lavoro, alle cure mediche, all’istruzione e simili), ha iniziato a garantire altri tipi di “diritti”, i quali altro non sono che i capricci malati di coloro che maledicono il proprio essere.

Senza insistere sulle singole questioni che rientrano in questa degenerazione aberrante (divorzio, unioni omosessuali, gender nelle scuole, aborto, testamento biologico e – purtroppo – altri), tutto questo excursus sul significato dell’uomo in quanto persona umana è servito per rispondere all’iniziale domanda vale la pena combattere contro l’orrore di questa “civiltà dei diritti”? La risposta è senza dubbio affermativa: il cristiano ha il dovere di combattere questi abomini, affermando il valore dell’uomo, della sua dignità, nonché la natura degradante e rovinosa nel garantire questa pseudo-uguaglianza, perdendo così di vista il vero bene umano. In sostanza, l’abbandono della dignità di persona umana implica l’annientamento dell’uomo stesso e la sua collocazione a miseria atea e nichilistica, corrompendo così il rapporto stesso con Dio. Diversi filosofi hanno in un certo qual senso predetto questa fine, ponendo loro stessi le basi per il disfacimento e assecondando l’istituto bestiale e distruttore dell’uomo nei confronti innanzitutto di sé stesso: basti pensare a Nietzsche e alla sua concezione di morale inesistente, o a Sartre ed alla sua visione di esistenza vuota e dedita alla morte; ma anche in questo caso numerosi personaggi potrebbero citarsi per le loro assurde posizioni.

Oggi come non mai, a seguito di quanto sta accadendo nel mondo e in Italia, è necessario che il cristiano (e soprattutto il cattolico, da sempre attivo nella vita politica) si interroghi su quale sia il suo compito nel mondo contemporaneo; è necessario che si scenda in campo per imporre la Verità di Cristo e per impedire con qualsiasi mezzo l’avanzata di questi abomini, per portare avanti la dignità cristiana e battersi per essa, per difendere la persona umana e garantire una vita santa, conforme alle leggi e alla volontà di Dio. Apostata  è colui il quale si tira fuori da questa battaglia; eretico è colui che asseconda queste nefandezze in nome di un falso buonismo, di una falsa misericordia. Questa è oggi la battaglia che si è chiamati a combattere, a lode e gloria del Signore, per il trionfo della Verità e della Vita: Deus vult!