di Isidoro d’Anna (Fonte: LuceCheSorge)
Nell’Eucaristia noi riceviamo, se siamo in grazia di Dio, Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Così viene insegnato ancora oggi, nonostante le profanazioni sorte e addirittura richieste all’interno della Chiesa Cattolica, da parte di chi ammette gli adulteri ai sacramenti.
Tuttavia, proprio una simile contraddizione ci mostra che, al di là delle parole, la fede dei cattolici nell’Eucaristia si sta spegnendo. E che ciò stia avvenendo lo si vede bene non soltanto dal consenso alla decisione empia di dare la Comunione agli adulteri, ma anche dall’atteggiamento dei cattolici prima, durante e dopo la Santa Messa.
Intanto, va messo in rilevo il fatto che la Messa oggi comunemente celebrata è una Messa abusiva, non cattolica, che ha avuto inizio con la riforma liturgica del 1969. Si violava in tal modo quanto Papa San Pio V aveva disposto non solo per il suo tempo ma per sempre (bolla Quo Primum del 1570). Fra l’altro, mentre nella S. Messa tridentina, la “Messa in latino”, la SS. Eucaristia viene ricevuta nel modo più riverente, in ginocchio e sulla bocca, nella Messa riformata viene ricevuta nel modo più irriverente, in piedi e sulla mano. E quanti dei cattolici che vanno a comunicarsi hanno la dignità e il coraggio di inginocchiarsi al momento di ricevere Gesù Eucaristia?
Quello che sotto Papa Pio XII (1876-1958) era ancora il popolo dei credenti, oggi, dopo cinquant’anni di riforma e di continui colpi alla nostra fede, è diventato una massa informe, pervasa da cinismo e indifferenza. Attualmente, le chiese sono occupate da gente che parla, che sta con le gambe accavallate e appoggia i piedi dove si dovrebbe stare con le ginocchia in atteggiamento di preghiera, che va in gran numero a fare la Comunione e poi, finita la Messa, si rimette a parlare in chiesa o se ne va dietro ai suoi affari e alle sue distrazioni.
Tutto questo dimostra la mancanza di fede nei confronti di Gesù Eucaristia, ignorato mentre resta nel Tabernacolo e mentre rimane dentro chi ha fatto la Comunione, sempre che l’abbia fatta in grazia di Dio.
La Chiesa Madre e Maestra ha sempre insegnato che dobbiamo trattenerci anche finita la Messa per il ringraziamento alla Comunione. L’Ostia sacra impiega circa 15 minuti per sciogliersi completamente nel nostro corpo, e fino allora il Signore Gesù rimane con noi anche con il suo Corpo e il suo Sangue. È quello il tempo in cui, più che in ogni altro momento della nostra vita, possiamo e dobbiamo rimanere in intimità con il Signore. Gesù si aspetta che soprattutto nel ringraziamento noi lo adoriamo e ci rivolgiamo a Lui per presentargli i nostri santi desideri e le nostre necessità, prima fra tutte quella di imparare ad essergli fedeli.
Metterci a parlare o andare via proprio in quei momenti così grandi e solenni è un segno terribile dei nostri tempi, che fa pensare a una fede molto debole se non completamente perduta.
Continuiamo l’articolo con delle citazioni autorevoli da tre diverse fonti, a proposito del ringraziamento alla Comunione.
Nell’Istruzione Inestimabile donum (1980) si legge: «Si raccomandi ai fedeli di non tralasciare, dopo la Comunione, un giusto e doveroso ringraziamento, sia nella celebrazione stessa, con un tempo di silenzio, con un inno o con un altro canto di lode, sia dopo la celebrazione, rimanendo possibilmente in orazione per un congruo spazio di tempo» (n. 17).
Dall’Enciclica Mediator Dei (1947) di Pio XII:
XVIII. Il ringraziamento.
1. L’azione sacra, che è regolata da particolari norme liturgiche, dopo che è stata compiuta, non dispensa dal ringraziamento colui che ha gustato il nutrimento celeste; è cosa, anzi, molto conveniente che egli, dopo aver ricevuto il cibo Eucaristico e dopo la fine dei riti pubblici, si raccolga, e, intimamente unito al Divino Maestro, si trattenga con Lui, per quanto gliene diano opportunità le circostanze, in dolcissimo e salutare colloquio. Si allontanano, quindi, dal retto sentiero della verità coloro i quali, fermandosi alle parole più che al pensiero, affermano e insegnano che, finita la Messa, non si deve prolungare il ringraziamento, non soltanto perché il Sacrificio dell’altare è per natura sua un’azione di grazie, ma anche perché ciò appartiene alla pietà privata, personale, e non al bene della comunità.
2. Ma, al contrario, la natura stessa del Sacramento richiede che il cristiano che lo riceve ne ricavi abbondanti frutti di santità. Certo, la pubblica adunanza della comunità è sciolta, ma è necessario che i singoli, uniti con Cristo, non interrompano nella loro anima il canto di lode “ringraziando sempre di tutto, nel nome del Signor Nostro Gesù Cristo, il Dio e il Padre”. A ciò ci esorta anche la stessa sacra Liturgia del Sacrificio Eucaristico, quando ci comanda di pregare con queste parole: “Concedici, ti preghiamo, di renderti continue grazie… e non cessiamo mai di lodarti”. Per cui, se si deve sempre ringraziare Dio e non si deve mai cessare dal lodarlo, chi oserebbe riprendere e disapprovare la Chiesa che consiglia ai suoi sacerdoti e ai fedeli di trattenersi almeno per un po’ di tempo, dopo la Comunione, in colloquio col Divin Redentore, e che ha inserito nei libri liturgici opportune preghiere, arricchite di indulgenze, con le quali i sacri ministri si possono convenientemente preparare prima di celebrare e di comunicarsi, e, compiuta la santa Messa, manifestare a Dio il loro ringraziamento? La sacra Liturgia, lungi dal soffocare gli intimi sentimenti dei singoli cristiani, li agevola e li stimola, perché essi siano assimilati a Gesù Cristo e per mezzo di lui indirizzati al Padre; quindi essa stessa esige che chi si è accostato alla mensa Eucaristica ringrazi debitamente Dio. Al Divin Redentore piace ascoltare le nostre preghiere, parlare a cuore aperto con noi, e offrirci rifugio nel suo Cuore fiammeggiante.
3. Anzi, questi atti, propri dei singoli, sono assolutamente necessari per godere più abbondantemente di tutti i soprannaturali tesori di cui è ricca la Eucaristia e per trasmetterli agli altri secondo le nostre possibilità affinché Cristo Signore consegua in tutte le anime la pienezza della sua virtù.
4. Perché, dunque, Venerabili Fratelli, non loderemmo coloro i quali, ricevuto il cibo Eucaristico, anche dopo che è stata sciolta ufficialmente l’assemblea cristiana, si indugiano in intima familiarità col Divin Redentore, non solo per trattenersi dolcemente con Lui, ma anche per ringraziarlo e lodarlo, e specialmente per domandargli aiuto, affinché tolgano dalla loro anima tutto ciò che può diminuire l’efficacia del Sacramento, e facciano da parte loro tutto ciò che può favorire la presentissima azione di Gesù? Li esortiamo, anzi, a farlo in modo particolare, sia traducendo in pratica i propositi concepiti ed esercitando le cristiane virtù, sia adattando ai propri bisogni quanto hanno ricevuto con regale liberalità. Veramente parlava secondo precetti e lo spirito della Liturgia l’autore dell’aureo libretto della Imitazione di Cristo, quando consigliava a chi si era comunicato: “Raccogliti in segreto e goditi il tuo Dio, perché possiedi colui che il mondo intero non potrà toglierti”.
5. Noi tutti, dunque, così intimamente stretti a Cristo, cerchiamo quasi di immergerci nella sua santissima anima, c ci uniamo con Lui per partecipare agli atti di adorazione con i quali Egli offre alla Trinità Augusta l’omaggio più grato ed accetto; agli atti di lode e di ringraziamento che Egli offre all’Eterno Padre, e a cui fa eco concorde il cantico del cielo e della terra, come è detto: “Benedite il Signore, tutte le opere sue” : agli atti, infine, partecipando ai quali imploriamo l’aiuto celeste nel momento più opportuno per chiedere ed ottenere soccorso in nome di Cristo : ma soprattutto ci offriamo e immoliamo vittime, con le parole: “Fa che noi ti siamo eterna offerta”.
6. Il Divin Redentore ripete incessantemente il suo premuroso invito: “Restate in me”. Per mezzo del Sacramento della Eucaristia, Cristo dimora in noi e noi dimoriamo in Cristo; e come Cristo, rimanendo in noi, vive ed opera, così è necessario che noi, rimanendo in Cristo, per Lui viviamo e operiamo.
S. Alfonso de’ Liguori scrive: «Il direttore spirituale raccomandi che dopo la Comunione ci si trattenga a fare il ringraziamento.
Sono pochissimi i direttori spirituali che raccomandano il ringraziamento assiduamente, che inculcano cioè di fare il ringraziamento per uno spazio considerevole di tempo. Il motivo è che sono pochissimi i sacerdoti che fanno il ringraziamento e quindi si vergognano di raccomandare agli altri ciò che essi non fanno.
Il ringraziamento, ordinariamente, dovrebbe durare un’ora. Si faccia almeno per mezz’ora in cui l’anima si eserciti nell’amore e nel domandare» (Praxis Confessarii, IX,5,155).
Sant’Alfonso esorta a stare almeno mezz’ora col Signore. Con il crescere del nostro amore per il Signore Gesù, potremo stare mezz’ora e anche più. Intanto, non permettiamoci di omettere il ringraziamento o di lasciarlo prima di un quarto d’ora dal momento della Comunione. È lo stretto tempo in cui Gesù è in noi anche con il suo Corpo e Sangue, mentre poi rimane con l’Anima e la Divinità, finché siamo in grazia di Dio.
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