di Luca Scalise (Fonte: NotizieProVita)
Un articolo di LifeSite News ci informa del fatto che un’intera famiglia dell’Arizona, come sostiene CNS News, sarebbe stata totalmente “inghiottita dal transgenderismo“.
Il “padre” di famiglia, Daniel Harrott, è una donna biologicamente, mentre “la sua compagna”, Shirley Austin, è un uomo. Il figlio Mason, di undici anni, ritenendo sin da piccolo di essere una bambina ha già scelto il cambio di sesso e lo stesso ha fatto anche la sorella Joshua, di tredici anni, convinta, naturalmente, di essere un maschio.
Ciò che non risulta è se essi, per raggiungere l’aspetto desiderato, abbiano fatto ricorso ad un trattamento ormonaleo siano stati sottoposti ai cosiddetti “interventi chirurgici di conferma” (quello che un tempo era chiamato “riassegnazione chirurgica del sesso” oggi è chiamato “conferma”: beato chi capisce – scientificamente – di cosa…).
Ad ogni modo, la scelta di questa famiglia è stata indubbiamente appoggiata e sostenuta da innumerevoli media “politicamente corretti”. Solo poche voci si dicono preoccupate riguardo questa situazione, specialmente per i bambini.
Si tratta di medici che notano una discrepanza tra la natura del problema e la soluzione proposta ed accolta dalla famiglia, in quanto «il transgenderismo – afferma la dottoressa Michelle Cretella, presidente dell’American College of Pediatricians – è un problema psicologico, non biologico» ed è dunque inappropriato, a suo avviso, trattarlo con cure fisiche dal momento che ne richiede di psichiche.
Sulla stessa linea, il Dr. David Stevens, CEO della Christian Medical & Dental Associations, che racconta la storia di un medico che una volta gli disse: «Se un genitore venisse da me con un bambino anoressico, non consiglierei una dieta per assecondare il desiderio del bambino di essere più magro».
In conclusione, si esprime anche Louis Brown, ex direttore della Christ Medicus Foundation: l’amore si basa sulla verità, sostiene, e «Dobbiamo cercare di amare chiunque abbia bisogno di cure mediche, ma esse dovrebbero essere coerenti con la verità biologica, sessuale e antropologica di quella persona – pertanto – se non stiamo amando ogni paziente nella verità, non lo amiamo affatto».
Dr. David Stevens: “Se un genitore venisse da me con un bambino anoressico,
…………………………..non consiglierei una dieta per assecondare il desiderio del
…………………………..bambino di essere più magro”.
Da osservare che il medico autore di quanto sopra citato presenta il caso in cui il paziente è un bambino accompagnato dal padre con cui il medico interloquisce.
A volere indicare che l’omosessuale – ‘militante’, specifico io, per senso di correttezza nei confronti di tutti gli altri omosessuali che non esprimono orgoglio della loro condizione – è, nella realtà, un bambino sul piano psicologico ed, al contempo, un adulto sul piano biologico.
È appunto questa doppia realtà di bambino-adulto dell’omosessuale militante che complica di molto le cose, non solo per il medico che deve produrre una diagnosi con relativa terapia. ma anche per tutti i cittadini che sono chiamati a produrre un giudizio morale di cui saranno inesorabilmente responsabili, un giorno, di fronte al Creatore, non importa se credenti o meno.
Perché ciò che chiede l’omosessuale militante – sia al medico che al cittadino – NON è la Verità da cui fugge, ma la menzogna in cui si sforza di credere ed in cui ha disperato bisogno di essere rassicurato.
Possono il medico ed i cittadini MENTIRGLI? E a qual prezzo? Queste sono le due domande di fondo!
La versione moderna dei fenomeni da baraccone ottocenteschi, solo che questi lo spettacolo grottesco pagano loro per farlo.