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Traduzione parziale, a cura di finedeitempi.wordpress.com e della Redazione, dell’originale articolo (disponibile integralmente, in inglese, qui) apparso su LifeSiteNews.

 

Un giudice britannico ha giustificato la sua decisione di rimuovere la ventilazione da un bambino, contro la volontà dei suoi genitori (cattolici), citando le recenti, controverse dichiarazioni di papa Francesco. I genitori di Alfie Evans, un bambino di 21 mesi affetto da una misteriosa malattia, hanno ricevuto un colpo devastante da un’alta corte il 20 febbraio, quando il giudice Anthony Hayden ha stabilito che il ventilatore del bambino deve essere spento.
Kate James, 20 anni, e Tom Evans, 21 anni, stanno combattendo contro l’ospedale pediatrico Alder Hey di Liverpool da giugno 2017. Dopo essere stato ricoverato in ospedale nel dicembre 2016, le condizioni del piccolo Alfie hanno iniziato a declinare e l’ospedale ha cominciato a fare pressione sui genitori per privare il loro bambino del supporto vitale.
Nella sua decisione scritta , il giudice Hayden ha riconosciuto la fede cattolica professata dai genitori di Alfie, dicendo che “è importante che queste convinzioni siano considerate all’interno della vasta gamma di fattori rilevanti” in relazione ai “migliori interessi” di Alfie”. Il giudice Hayden ha poi citato la lettera aperta di papa Francesco del novembre 2017 alla Pontificia accademia per la vita, come giustificazione per la rimozione forzata del sostegno vitale di Alfie. Infatti  ha dichiarato:

La posizione della Chiesa cattolica romana è talvolta caratterizzata da un approccio impreciso nei casi riguardanti queste difficili questioni etiche. […] Nel suo messaggio, Papa Francesco ha chiesto ” maggiore saggezza ” nel trovare un equilibrio tra gli sforzi medici per prolungare la vita e la decisione responsabile di prolungare il trattamento quando la morte diventa inevitabile. La sua lettera indica che non adottare o sospendere misure sproporzionate può evitare un trattamento troppo zelante.

La parte rilevante della lettera di Francesco, usata dal giudice Hayden per giustificare la sua conclusione, parla della liceità morale della sospensione  del trattamento per la dignità del paziente:

Oggi è necessaria una maggiore saggezza, a causa della tentazione di insistere su trattamenti che hanno effetti potenti sul corpo, ma a volte non servono il bene integrale della persona. Circa sessanta anni fa, Papa Pio XII, in un memorabile discorso rivolto agli anestesisti e agli specialisti in terapia intensiva, affermava che non vi era alcun obbligo di ricorrere in tutte le circostanze a tutti i possibili rimedi e che, in alcuni casi specifici, è lecito trattenersi dal  loro uso. Di conseguenza, è moralmente lecito decidere di non adottare misure terapeutiche, o di interromperle, quando il loro uso non soddisfa quello standard etico e umano che in seguito sarebbe stato chiamato “una giusta proporzione nell’uso dei rimedi”. L’elemento specifico di questo criterio è che considera” il risultato che ci si può aspettare, tenendo conto dello stato della persona malata e delle sue risorse fisiche e morali. “Rende così possibile una decisione che è moralmente qualificata come rinuncia a un “trattamento troppo zelante”. Una tale decisione riconosce responsabilmente i limiti della nostra condizione mortale, una volta che diventa chiaro che l’opposizione ad essa è futile”. Qui non si vuole causare la morte; l’incapacità di impedirlo è semplicemente accettata. “Questa differenza di prospettiva restituisce l’umanità all’accompagnamento del morente, pur non tentando di giustificare la soppressione dei vivi. È chiaro che non adottare, o sospendere misure sproporzionate significa evitare un trattamento troppo zelante; da un punto di vista etico, è completamente diverso dall’eutanasia, che è sempre sbagliata, in quanto l’intento dell’eutanasia è di mettere fine alla vita e causare la morte. Inutile dire che, di fronte a situazioni critiche e nella pratica clinica, i fattori che entrano in gioco sono spesso difficili da valutare. Per determinare se un intervento medico clinicamente appropriato è effettivamente proporzionato, l’applicazione meccanica di una regola generale non è sufficiente. Deve esserci un attento discernimento dell’oggetto morale, delle circostanze che assistono e delle intenzioni di coloro che sono coinvolti. Nel prendersi cura e accompagnare un dato paziente, gli elementi personali e relazionali nella sua vita e morte – che è dopo tutto l’ultimo momento della vita – devono essere presi in considerazione in base alla dignità umana.

Il giudice Hayden, nella sua decisione di ordinare la rimozione del ventilatore di Alfie, riportava le parti sopra evidenziate della lettera di Francesco come base giustificativa per la sua conclusione. […]