di Luca Fumagalli
Film del 1965 per la regia di Tony Richardson, con Rod Steiger, James Coburn, Dana Andrews e John Gielgud nei ruoli principali, Il caro estinto (The Loved One) è pura follia visionaria, un’iperbole allucinante in cui grottesco e satira si mischiano sapientemente per dare vita a un ritratto impietoso del capitalismo americano, un mondo totalmente orizzontale e anti-metafisico, fatto di lustrini e uomini che assomigliano a orrendi morti viventi. Il messaggio della pellicola, per quanto quest’ultima risulti alla lunga un po’ sfrangiata e sconnessa, ancora oggi non ha perso nulla del suo vigore dissacratorio.
Dennis, un giovane poeta inglese, anti-eroe tutto pensieri amorosi e poca sostanza, si trova costretto ad organizzare i funerali di Sir Hinsley, un brillante zio americano che si è appena tolto la vita. Il ragazzo conosce così l’industria funeraria “Sentieri Melodiosi”, di cui è direttore il reverendo Glenworthy, e si innamora di Emy, estetista di cadaveri, una fanciulla delicata che svolge il proprio impiego come una missione. Nel frattempo Glenworthy medita di fare un grosso affare organizzando spedizioni di cadaveri nello spazio.
La vicenda, partendo dal classico binomio amore/morte, si dipana secondo un copione assolutamente imprevedibile, con continui colpi di scena e un interminabile cambio dei punti di vista. Lo spettatore vive il medesimo spaesamento di Dennis che, suo malgrado, si trova catapultato in un universo alieno, un vuoto pneumatico sorretto solamente da sorrisi al botulino e fiumi di denaro. La religione, assorbita anch’essa dal sistema consumistico, è ridotta a ulteriore occasione di speculazione imprenditoriale, un simulacro per creduloni o per chi, privato ormai di una vera fede, non trova altra consolazione se non quella di garantirsi un funerale da gran signore, in un’orgia di ostentazione pacchiana e di cattivo gusto.
Tratto dall’omonimo romanzo di Evelyn Waugh, Il caro estinto è un film ancora attuale, un’amara riflessione condita di humor nero sull’ “americanizzazione” della civiltà, sul ritorno a quel neopaganesimo costituito del turbocapitalismo, dove ogni religione – salvo quella del dollaro – non ha più alcun diritto di cittadinanza e l’essere umano è ridotto a un cencio senza storia né futuro.