a cura di Luca Fumagalli

Inizia con questo articolo una nuova serie di pubblicazioni di stralci tratti dai romanzi più famosi di mons. Robert Hugh Benson (1871-1914).

Questa volta la fonte a cui abbeverarsi è l’ottimo “La tragedia della regina” (1906), volume che ripercorre la sfortunata parabola biografica di Maria Tudor, la sovrana che tentò inutilmente, a metà del XVI secolo, di ricondurre l’Inghilterra – ormai un paese protestante – all’ovile di Pietro. 

Nel seguente brano viene descritta Maria Tudor che, una volta diventata regina, inizia a covare grandi ambizioni e ha l’obiettivo di riportare il cattolicesimo in patria. Il matrimonio con Filippo II di Spagna e il rientro da Roma del cardinale Reginald Pole sono i primi timidi segni di un progetto che sembra destinato al successo. Dopo anni di sofferenze e patimenti, Maria può finalmente sperare in un futuro radioso.

 

La settimana precedente Jane[1] aveva ascoltato un torrente di entusiasmo su quello che il matrimonio avrebbe prodotto. Filippo sarebbe stato con lei allora, aveva esclamato la regina, e tutta la Spagna dietro di lui; nuovo sangue cattolico avrebbe irrorato le vene del Paese raggrinzite dall’eresia e avrebbe rinforzato i suoi tendini e ispirato il suo cuore; sarebbe tornato l’uso antico, l’antica lealtà verso Dio e il principe; queste nuove mode si sarebbero sciolte al fuoco del Santo Sacrificio e sarebbero defluite fuori da ogni città e villaggio; il Prezioso Sangue avrebbe potuto scorrere di nuovo e purificare tutto – il viso cupo si era illuminato al pensiero e i deboli occhi avevano perso i loro ripari. Lei aveva esclamato di conoscere come pochi altri il potere di quella fede, perché l’aveva provato personalmente in anni di disgrazia e debolezza.

Quando le campane si sarebbero rimesse a suonare e le processioni a girare per le strade, i monasteri avrebbero palpitato di nuovo come grandi laboratori di preghiera e grazia, i bambini sarebbero stati istruiti nella fede che Cristo aveva portato in terra, i preti avrebbero potuto circolare amati e onorati come accadeva trent’anni prima, ogni chiesa sarebbe stata imbevuta della Divina Presenza e gli altari nuovamente eretti, e il racconto dei misteri di Dio nuovamente intagliato e dipinto su muri, sulle vetrate e sulle balconate – allora queste nuove misere vie di isolazionismo, furbizia, dottrine umane, sedizione, scisma e la covata di cose malvagie che amavano l’oscurità, se ne sarebbero tutte andate e il paese sarebbe stato di nuovo felice e pulito.

[…]

A Maria sembrava di trovarsi in un sogno troppo bello per essere vero. Con una strana esultanza, alla messa del mattino per la centesima volta aveva ringraziato Dio di aver innalzato lei a disfare il lavoro di suo padre e suo fratello[2]. Questo suo povero Paese, come un arto mozzato, aveva perso sangue e vite per gli ultimi vent’anni, separato da quel cuore della cristianità che era il solo a poterlo nutrire; Dio però non se ne era dimenticato. Stava preparando un medico celestiale – un uomo che aveva sofferto amaramente per la fede, che aveva vissuto in esilio, che aveva risolutamente ricevuto la notizia della morte della propria madre per la stessa causa, e il cui amore non era mai stato inacidito da risentimento o disperazione[3]. Anche lei, Maria, aveva sofferto: ed era lei che la provvidenza divina aveva salvaguardato così a lungo e attraverso pericoli tanto aspri, per essere il mezzo che avrebbe riportato a casa il chirurgo di Dio a fare il suo lavoro di cura. «Agnello di Dio», aveva esclamato insieme al prete, durante la messa, il suo cuore […], «Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, porta via il peccato dell’Inghilterra; abbi pietà di noi, e donaci la pace!».

 

[1] Jane Dormer (1538-1612), dama di compagnia della regina, dopo la morte di Maria sposò un nobile spagnolo diventando la prima duchessa di Feria.

[2] Sotto i regni di Enrico VIII (1509-1547) e di Edoardo VI (1547-1553) ebbe avvio e si consolidò l’opera di protestantizzazione dell’Inghilterra. 

[3] Il cardinale Reginald Pole (1500-1558) fu l’ultimo arcivescovo cattolico di Canterbury. Lasciata l’Inghilterra dopo lo scisma di Enrico VIII, fu con il cardinale Giovanni Morone tra i più famosi sostenitori di una riforma della Chiesa che accogliesse in parte le idee luterane. Tornato in patria dopo la salita al trono di Maria, si impegnò fino all’ultimo per estirpare il protestantesimo.

(brano tratto da: La tragedia della regina, Fede & Cultura, 2015)