citazione a cura di Luca Fumagalli

In un brano tratto da “Il trionfo del re” (1905) di mons. Robert Hugh Benson viene descritto il saccheggio sistematico dei monasteri inglesi a cui partecipano anche Ralph e il perfido Layton. Vengono sequestrati paramenti, oro, piombo, oggetti sacri e opere d’arte. Enrico VIII, mentendo, ha promesso di donare tutto al popolo inglese, vessato – a suo dire – da decenni di dispotismo ecclesiastico. L’Inghilterra è divisa tra favorevoli e contrari al provvedimento, le stesse opinioni con cui Ralph si confronta quando decide di fermarsi a riposare in una taverna.

La visita della prioria di Lewes durò due giorni poiché i possedimenti erano molto vasti e i registri numerosi. Nel pomeriggio seguente alla scena svoltasi nella sala capitolare, il dottor Layton[1] e Ralph uscirono a cavallo per visitare qualcuna delle fattorie vicine, lasciando ordini che il materiale requisito venisse radunato nel cortile, l’indomani; non ritornarono che sull’imbrunire. L’eccitazione suscitata nel paese fu immensa quando ritornarono alla prioria percorrendo le mal rischiarate strade e la gente conobbe chi erano quei gran signori che camminava così allegramente seguiti dai servi.

Quando raggiunsero il portone del convento c’era una considerevole folla di persone che li seguivano, cantando e gridando, pazza di gioia al pensiero del bottino che sarebbe probabilmente caduto nelle loro mani. Giunto presso la porta, il dottor Layton si voltò sulla sella e tenne un breve discorso, dicendo che si trovava lì munito di autorità regia e avrebbe presto fatto piazza pulita del convento.

«E ci sarà della roba», gridò, «della roba per tutti! La vedova e l’orfano sono stati derubati abbastanza; è tempo di spogliare i monaci». Un grido di contentezza si alzò dalla folla e si acclamò ripetutamente il re. «Dovete pazientare ancora un po’», continuò Padre Layton, «e poi non vi saranno più tasse. Potete aver fiducia che noi eseguiremo a puntino la volontà del re». Attraversando l’entrata rischiarata da un lume si volse di nuovo verso Ralph: «Vedete, Sir Torridon, abbiamo la nazione con noi».

[…]

Nel resto dell’Inghilterra le cose procedevano con la stessa celerità che nella contea del Sussex. Lo stesso Padre Layton aveva visitato l’Ovest all’inizio dell’autunno e gli altri Visitatori erano occupati in altre parti del Paese. Correva la voce che le risorse di tutte le case religiose dovevano essere confiscate e che i religiosi che persistevano ancora nella loro vocazione sarebbero stati costretti a vivere in condizioni rigorosissime. Le conseguenze erano visibili nell’enorme aumento di mendicanti, privati ora dell’ospitalità; dovunque le strade erano affollate di gente che aveva posseduto rendite o aveva ricevuto il sostentamento quotidiano nelle case religiose, come pure di religiosi esclaustrati, alcuni dei quali, licenziati contro loro volontà, si recavano alle università dove nonostante la visita, si credeva potessero ancora ricevere aiuto. V’era però anche un certo numero di monaci di minor levatura, i quali preferivano la libertà alla disciplina monastica. Si potevano anche incontrar di quelli, quantunque non molti, che si recavano a Londra per esporre lamentele, di vario genere contro i propri superiori.

Da questi e simili eventi tutta la nazione era grandemente agitata. Gli uomini si radunavano in gruppetti presso l’entrata delle trattorie e discutevano con calore la situazione. Ciò che maggiormente incoraggiava gli scontenti era il fatto che i benefici derivanti dallo scioglimento dei monasteri erano evidenti e attuali mentre le conseguenze dolorose erano una cosa relativamente lontana. Le grandi case religiose, le loro fattorie e i loro magazzini, i gioielli del tesoro, erano oggetti visibili; gli uomini posavano realmente gli occhi su di essi quando andavano e ritornavano dal lavoro o si recavano a messa la domenica. Era tanta ricchezza che non apparteneva a loro per il presente ma che poteva appartenere in seguito, mentre l’ospitalità quotidiana, l’impiego di mano d’opera e cose del genere o non erano notate o andavano a beneficio soltanto di alcuni individui.

I temperamenti maggiormente eccitati da tali argomenti erano quelli turbolenti e desiderosi di prevalere. Invece quelli che vedevano un po’ più a fondo nelle cose e comprendevano il valore dell’immensa carità esercitata dalle case religiose e il modo in cui la miseria estrema era tenuta lontana grazie alla loro opera, costoro, allora come sempre, non entravano volontariamente in dibattiti e quando lo facevano non erano capaci di usare argomenti atti a destare l’interesse e l’attenzione nelle conventicole di villaggio. Anche i loro capi legittimi, il clero secolare, i quali solo avrebbero potuto additare efficacemente alla considerazione i motivi che si celavano sotto la superficie, erano stati abilmente e perentoriamente ridotti al silenzio, con un ritiro, da parte del vescovo, di tutte le licenze di predicare.

Durante i suoi viaggi Ralph ebbe più d’una volta occasione di assistere a delle dispute accalorate in qualche trattoria di villaggio e riuscì a indirizzare la sua personalità e il suo prestigio, come Visitatore regio, nella direzione che desiderava. Un sabato sera, per esempio, giunse nel piccolo villaggio di Maresfield presso Fletching, e dopo aver fatto alloggiare i servi e i cavalli si recò in una sala, dove erano radunati i magnati. C’erano là una mezza dozzina di uomini, seduti attorno al fuoco. Si alzarono tutti rispettosamente allorché s’accorsero dai gesti e dalle parole del loro capo che il sopravvenuto era una persona di grande importanza e lo guardarono con improvvisa ammirazione e riverenza.

Grazie all’educazione ricevuta, Ralph aveva imparato il modo di trattare con qualsiasi categoria di persone e prima ancora di finire la cena e di avvicinare la sedia al fuoco, i presenti parlavano di nuovo liberamente poiché così li aveva incoraggiati a fare il nuovo avventore; essi invero, compreso il loro capo, non immaginavano neppure lontanamente la sua identità o lo scopo di quella sua visita. In breve tempo Ralph riportò la conversazione all’argomento di prima e chiese le opinioni dell’assemblea riguardo alla politica del re nella visita delle case religiose. Dapprima ci fu silenzio generale perché quelli erano tempi pericolosi, ma l’aria imperturbabile del personaggio, la sua evidente importanza e amicizia contribuirono, assieme alla forte birra, ad aprire le loro labbra e in cinque minuti la conversazione fu avviata.

Un vecchietto che stava in un angolo, con le gambe incrociate e lisciandosi la faccia, dichiarò che secondo lui questo modo di procedere era un sacrilegio. Le case religiose, diceva, erano state erette e provviste di beni per la gloria e il servizio di Dio, e volgerle ad altri usi significava attirare la maledizione sul Paese. Fece poi osservare – avendo Ralph fatto rapidamente tacere il coro di proteste – che i suoi antenati, da tre generazioni, erano stati seppelliti nella chiesa dei padri domenicani ad Arundel e lui era in pensiero per la sorte che sarebbe toccata a chi avesse osato manomettere la tomba di suo nonno, conosciuto come “lo zio Giovanni,” poiché il vecchio era stato ai suoi tempi un energico difensore della Chiesa e si sarebbe certamente vendicato contro ogni indegnità consumata verso le sue ossa. Ralph fece notare, con un considerevole sforzo per contenersi, che l’esempio non faceva al caso perché il re non aveva intenzione di disturbare le ossa di chicchessia; questo argomento riguardava piuttosto vincoli di carne e di sangue.

Allora s’alzò un coro di voci disparate. Uno, il macellaio, dopo aver invocato molte benedizioni sul capo del re Enrico, dichiarò che il Paese era sfruttato in modo indegno da questi rapaci ecclesiastici; che i monaci entravano ogni anno in possesso di nuove terre appartenenti ad altri, assorbivano le piccole fattorie, pagavano salari inadeguati, e – ciò che sembrava a lui l’ingiustizia più grave – uccidevano loro stessi gli animali, della cui carne si servivano per il proprio mantenimento. Ralph, con lodevole tolleranza, lasciò in disparte quest’ultima ragione ma parve riflettere sulle altre, come se gli tornassero nuove quantunque le avesse udite e adoperate cento volte. Mentre le vagliava, un altro prese la parola. Narrò alcune storie scandalose e chiese come si potevano indicare quali esemplari di castità uomini che conducevano una simile vita.

Entrò un’altra volta in campo il vecchietto e agitando il piatto in un accesso di entusiasmo religioso, rinfacciò all’ultimo oratore la facilità nel sollevare il fango; lui poi, portò l’esempio di cinque o sei religiosi a lui noti, la cui vita non era meno immacolata della sua. Di nuovo Ralph interruppe il dibattito con la sua voce lenta e disse che anche quest’ultimo argomento non toccava la sostanza della questione. Non si trattava di sapere se in un luogo o in un altro i monaci conducevano una vita più o meno buona poiché nessuno era obbligato a imitarli né in un caso né nell’altro, ma se nel complesso l’esistenza delle case religiose era giovevole, tenuto conto di cose pratiche come l’agricoltura, il commercio e il sollievo degli infelici.

E così la disputa continuò e Ralph incominciò ad annoiarsi.

[1] Richard Layton (1500 ca..1544), sacerdote e giurista, fu il principale e il più famoso agente di Thomas Cromwell nell’opera di dissoluzione degli ordini religiosi.