di Sebastiano Caputo
La guerra in Siria ha svelato i meccanismi perversi dei mainstream media e il loro posizionamento di subalternità rispetto ad agende politiche legate al complesso militare-industriale. Per tutti questi anni la cosiddetta piramide dell’informazione ha visto in cima “una fonte originaria” che è stata rappresentata da istituzioni (i governi occidentali e i loro alleati della regione) e agenzie di stampa (i primis l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani), le quali, tramite i loro spin doctor, hanno costruito un frame, cioè una cornice o una narrativa giornalistica, la favola dei “ribelli moderati” in lotta contro il governo di Bashar al Assad, su cui tutte le riviste, i giornali e le televisioni si sono allineate – vuoi per fini commerciali, vuoi per conformismo – e così anche la base di quella stessa piramide: l’opinione pubblica. “Lo ha detto” il New York Times, la BBC, Repubblica, Al Arabiya, Al Jazeera mica un reporter qualsiasi!
Guai a rimettere in discussione la tesi diffusa dai “grandi e autorevoli” mezzi d’informazione altrimenti vieni accusato di essere “un sostenitore del regime di Damasco”. Peccato però che i fatti hanno dato ragione a chi si è andato a cercare le notizie di prima mano direttamente sul campo incassando i colpi bassi degli addetti ai lavori pronti a trattarti con sorriso beffardo da giornalista embedded al seguito dei governativi. Proprio loro che la guerra l’avranno vista al cinema vicino casa o al massimo dalla finestra di uno hotel a 5 stelle posizionato in un quartiere lontano una trentina di chilometri dalla linea del fronte. Proprio loro che in questi giorni tacciono sulla condanna all’ergastolo di Haisam Sakhanh (nella foto) per aver ucciso a sangue freddo – nella primavera del 2012 – sette prigionieri in Siria.
Questo losco individuo, residente nel 2011 in Italia, si aggirava nelle manifestazioni a favore dei ribelli moderati tanto che sedette nel pubblico al fianco degli ospiti Shady Hamadi e Khaled Khalifa durante una puntata de L’Infedele condotta da Gad Lerner su La7 incentrata proprio sul tema delle primavere arabe. Poco dopo Haisam Sakhanh partirà in Siria per arruolarsi con Firqat Suleiman al Muqati, uno dei tanti gruppi jihadisti presenti nella provincia di Idlib, e col nome di Abu Omar, commetterà i peggiori crimini tra cui quello che lo ha imprigionato proprio in Svezia dove era andato con lo status da rifugiato qualche anno dopo. Ma c’è di più. Haisam Sakhanh assomiglierebbe all’uomo alle spalle di Lucia Goracci – giornalista Rai – in una foto che può solo essere stata scattata in Siria a giudicare dai manifestanti sullo sfondo. E chissà quanti altri giornalisti italiani – oltre alla Goracci – questo personaggio avrebbe influenzato o addirittura aiutato a viaggiare nelle zone controllate da questi “ribelli moderati” che per chi avesse la memoria corta erano in realtà dei semplici manifestanti che in poco meno di due settimane sono stati infiltrati da Jabhat al Nusra, il ramo siriano di Al Qaeda, che ha preso il controllo della mobilitazione per scatenare una guerra per procura. Il Tribunale di Stoccolma è stato chiaro sui reati commessi da Haisam Sakhanh ora vogliamo sapere chi erano i giornalisti italiani che in questi anni hanno fatto parte della sua rete.
Fonte: blog.ilgiornale.it