Luca Fumagalli
Nota di Radio Spada: termina con questo articolo la serie firmata da Luca Fumagalli dedicata ai romanzi dello scrittore cattolico inglese Frederick Rolfe (soprannominato Baron Corvo). Ricordiamo ai lettori che la nostra casa editrice ha pubblicato la prima biografia italiana di Rolfe: “Baron Corvo. Il viaggio sentimentale di Frederick Rolfe”. Per chi fosse interessato all’acquisto link QUI
Nel 1912, grazie all’intervento del reverendo Justus Stephen Serjeant, benevolo finanziatore, The Weird of the Wanderer vide finalmente la luce per l’editore William Rider & Son. Anche se Frederick Rolfe “Baron Corvo” aveva ampiamente rimanipolato il volume, traducendolo in un prodotto personalissimo, la firma che compariva in copertina era quella di Prospero e Calibano, i nomignoli che lui aveva coniato per sé e per Pirie-Gordon ai tempi della loro collaborazione in Galles.
Rider, responsabile del «The Occult Review» e specializzato in alchimia, filosofia e spiritualismo, lo inserì in una collana di romanzi “sensazionali” in cui comparivano una riedizione del Dracula di Bram Stoker e La sacerdotessa di Iside di Édouard Schuré.
Cosa avesse di sensazionale The Weird of the Wanderer rimane un mistero. Il libro, infatti, nel complesso piuttosto insulso, reca il segno, nella sua struttura incoerente e slombata, della mancanza di un serio impegno. A salvarlo dall’oblio contribuì forse lo sfondo orientale, esotico, divenuto di gran moda in Inghilterra a seguito dei lavori di Ebers, Flinders Petrie, Burton – traduttore delle Mille e una notte – e Amelia Blandford Edwards.
Pensato come una sorta di seguito a Ulisse. Il viaggio del desiderio (The World’s Desire) di Rider Haggard e Andrew Lang, il romanzo segna il ritorno in scena di Nicholas Crabbe, uno dei personaggi rolfiani ricorrenti, protagonista questa volta di un assurdo vagabondaggio nel passato. Le sue imprese si compiono in un mondo dominato da eroi mitologici e divinità. Storia, immaginazione e magia danno vita a un pastone letterario che, sebbene non privo di spunti interessanti, viene presto a noia. Il linguaggio elaborato, con annacquate influenze dantesche e omeriche, mal si accompagna al ritmo rapido della scrittura: tutto si riduce a un confuso ammasso di erudizione classica malamente combinato con il tema caratteristico della lotta dell’eroe per la sopravvivenza e per la sua affermazione.
La trama prende avvio dal ritrovamento in Armenia di un’antica tomba contenente la mummia perfettamente conservata di un giovane, con accanto un orologio e una pistola. Nella sala vi sono anche alcuni papiri, scritti in greco antico. Colto dal febbrile desiderio di saperne di più, il Gran Maestro Arry, archeologo dilettante, invia le carte al reverendo Adam Howley per una traduzione completa. Si scopre così la storia che si cela dietro la misteriosa scomparsa di Nicholas Crabbe, avvenuta poco tempo prima. Grazie allo studio delle arti magiche, l’uomo ha intrapreso un viaggio indietro nel tempo, prima nell’Egitto sotto la dominazione romana, poi incarnandosi in Odisseo e riuscendo addirittura a riscattare Elena dall’Ade. Sposata la donna e accettato fra gli dei come un loro pari, si è infine stabilito in Armenia, come re, da allora conosciuto con il nome di Balthazar.
The Weird of the Wanderer, che poteva ambire almeno a diventare un romanzo d’avventura di successo, uno dei tanti cloni della saga di Allan Quatermain, frana in un autocompiacimento delirante in cui il desiderio di riscatto tocca il grottesco, soprattutto quando Corvo colloca il suo eroe nella dimensione (stralunata) dell’Olimpo: «Ho deciso che, nel futuro, non vivrò più come gli uomini della mia razza sono costretti a vivere, gravemente assoggettati alle cosiddette leggi naturali, […] ma sarò solo limitato dalla volontà della mia mente, desiderando ciò che mi piace». Allo stesso modo, il sadismo del libro, con teste spaccate, sangue a fiumi e squartamenti, trova giustificazione proprio nell’indignazione moralistica del superuomo “giusto”.
Anche se affogati in un mare di fantasticherie, dettagli autobiografici fanno qua e là la loro comparsa. Il protagonista, per esempio, mantiene la caratteristica audacia di Rolfe e il suo amore per la bellezza (sia in termini fisici che in termini spirituali). Con il Rose di Adriano VII condivide invece la vocazione sacerdotale frustrata. La storia dello stesso Crabbe – «nato sotto il segno della Luna e del Cancro, e perciò granchio sia per natura che per nome» – è tra l’altro collegata, seppur con uno stratagemma posticcio, ai fatti raccontati in Nicholas Crabbe. Al netto delle affinità, i due protagonisti rimangono però molto diversi tra loro.
Oltre alle note, che costituiscono un’importante correzione del tono del testo in senso antilirico, sdrammatizzante, prosastico, l’altra notevole intuizione espressa da Baron Corvo in The Weird of the Wanderer è il finale aperto, un esempio di raffinato struggimento. Rolfe, in uno dei suoi momenti migliori, crea una perfetta corrispondenza tra realizzazione personale e ideale cristiano. Nell’ultimo papiro prende la parola Elena che racconta della comparsa in cielo di una strana stella cometa e di come il marito si sia improvvisamente messo in viaggio con l’intento di seguirla. Il lettore scopre così che Balthazar altri non è che Baldassarre, uno dei tre re magi: «Il re, mio signore e marito, mi baciò come non aveva mai fatto prima […] e quindi partì immediatamente verso sud, al tramonto, seguendo la stella».