Nota di Radio Spada: eccovi, nella festa di San Domenico Savio, patrono della gioventù cattolica, la seconda ed ultima parte del commento che Mattia Spaggiari ha composto in spiegazione della propria poesia (Ode al vento d’Oriente che potete leggere al link). In esso l’autore sviscera i riferimenti poetici, metrici e contenutistici della proprio componimento. La prima parte del commento è stata pubblicata il 7 marzo 2018, festa di San Tommaso d’Aquino . (a cura di Piergiorgio Seveso)
Terza strofa
Inferno ii, 31-33
Ma io perché venirvi? o chi ’l concede?
Io non Enea, io non Paulo sono:
me degno a ciò né io né altri ’l crede.
Eppure anche noi dovremo prendere in considerazione le cose ultime, la battaglia finale tra le forze del bene e quelle del male, tra Euro e Zefiro, che si combatte all’estremo confine del mondo, presso le Colonne d’Ercole, ove la rocca di Gibilterra è assediata dalle truppe diaboliche di terra e di mare. Siamo a settembre, sotto la costellazione della Bilancia: secondo la tradizione bizantina il mondo fu creato il primo di settembre 5509 a.C., sotto il segno della Vergine, dunque (ma a causa della precessione degli equinozj non della costellazione, che probabilmente era invece il Sagittario); ma secondo la mitologia antica la Vergine non è altri che Astrea, la dea della Giustizia, che regge nella mano la bilancia dai due piatti, segno della Giustizia del mondo che ancora non conosceva il peccato: dal momento che queste due costellazioni sono così strettamente unite e che inoltre si dice che alla fondazione di Roma la luna fosse nel segno della Bilancia, abbiamo optato per identificare con quest’ultimo il nono mese dell’anno: la fine dei tempi non potrà infatti che ripristinare, sia pure ad un grado superiore, l’armonia iniziale tra creature e Creatore, successivamente infranta dal peccato originale; e non sarà forse questo, dopo il Giudizio, il vero Impero della Giustizia? Presso Gibilterra, specialmente nei mesi autunnali, il vento di Levante spira con un intensità tale da sollevar tempeste, trombe marine, fitte nebbie e soprattutto da adunar sulla rocca un’immensa nube che pare volerla celare al mondo, quasi l’esito ultimo della vita e della storia fosse misterioso ed incerto, al pari dell’esito della battaglia tra angeli e demoni che lieva i suoi tumulti a quel cielo stravolto. Chi s’aggiudicherà la nostra anima? Di certo la vittoria delle forze del bene arriverà, ma quanti saranno prima i caduti?
I nemici giungono dal mare, come la Bestia dell’Apocalisse (Ap xiii, 1): sono navi tirie…
Ez xxvii, 3-4;
Così dice il Signore Dio:
Tiro, tu dicevi: «Io sono una nave di perfetta bellezza».
In mezzo ai mari è il tuo dominio.
I tuoi costruttori ti hanno reso bellissima: […]
Così divenisti ricca e gloriosa
in mezzo ai mari.
In alto mare ti condussero i tuoi rematori,
ma il vento d’oriente ti ha travolto
in mezzo ai mari.
Le tue ricchezze, i tuoi beni e il tuo traffico,
i tuoi marinai e i tuoi piloti,
i riparatori delle tue avarie,
i trafficanti delle tue merci,
tutti i guerrieri che sono in te
e tutta la turba che è in mezzo a te
piomberanno nel fondo dei mari,
il giorno della tua caduta.
All’udire il grido dei tuoi nocchieri
tremeranno le spiagge.
Scenderanno dalle loro navi
quanti maneggiano il remo:
i marinai e tutti i piloti del mare
resteranno a terra.
Faranno sentire il lamento su di te
e grideranno amaramente,
si getteranno sulla testa la polvere,
si rotoleranno nella cenere.
Si raderanno i capelli per te
e vestiranno di sacco;
per te piangeranno nell’amarezza dell’anima
con amaro cordoglio.
Piangendo intoneranno su di te un lamento,
su di te comporranno elegie:
«Chi era come Tiro, ora distrutta in mezzo al mare?
…e navi di Tarsis, cioè di Tarso, in Cilicia, altra città di provetti navigatori che commerciava con Tiro e che fu con essa alleata contro Israele e per questo punita dal Signore, tanto da divenire anche nelle Parole di Gesù, insieme a Sidone e Sodoma, la città peccatrice per antonomasia.
Sal xlviii, 4-8
Dio nei suoi palazzi
un baluardo si è dimostrato.
Ecco, i re si erano alleati,
avanzavano insieme.
Essi hanno visto:
atterriti, presi dal panico, sono fuggiti.
Là uno sgomento li ha colti,
doglie come di partoriente,
simile al vento orientale,
che squarcia le navi di Tarsis.
Mt xi, 20-24
Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».
La ribellione del demonio è senza speranza, giacché egli sa che dovrà infine soccombere al Signore, ma fino ad allora egli continuerà a portarGli battaglia per far sue quante più anime potrà; e sotto le insegne della carne, del potere temporale che non serve Dio ma Mammona, costoro combatteranno fino alla fine dei tempi.
Ap xvii, 1-5
E uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe, venne e parlò con me: «Vieni, ti mostrerò la condanna della grande prostituta, che siede presso le grandi acque. Con lei si sono prostituiti i re della terra, e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione». L’angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era coperta di nomi blasfemi, aveva sette teste e dieci corna. La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle; teneva in mano una coppa d’oro, colma degli orrori e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla sua fronte stava scritto un nome misterioso: «Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli orrori della terra».
Quarta strofa
Sal cxxxv, 10-12
[Il Signore] Colpì numerose nazioni
e uccise sovrani potenti:
Sicon, re degli Amorrei,
Og, re di Basan,
e tutti i regni di Canaan.
Diede in eredità la loro terra,
in eredità a Israele suo popolo.
Dn iv, 28-32
Una voce venne dal cielo: «A te io parlo, o re Nabucodònosor: il regno ti è tolto! Sarai cacciato dal consorzio umano e la tua dimora sarà con le bestie del campo; ti pascerai di erba come i buoi e passeranno sette tempi su di te, finché tu riconosca che l’Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo dà a chi vuole». In quel momento stesso si adempì la parola sopra Nabucodònosor. Egli fu cacciato dal consorzio umano, mangiò l’erba come i buoi e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, i capelli gli crebbero come le penne alle aquile e le unghie come agli uccelli. «Ma finito quel tempo io, Nabucodònosor, alzai gli occhi al cielo e la ragione tornò in me e benedissi l’Altissimo; lodai e glorificai colui che vive in eterno, il cui potere è potere eterno e il cui regno è di generazione in generazione. Tutti gli abitanti della terra sono, davanti a lui, come un nulla; egli tratta come vuole le schiere del cielo e gli abitanti della terra. Nessuno può fermargli la mano e dirgli: «Che cosa fai?».
Siamo partiti dall’evo antico, dove ogni azione era vana, impotente di fronte alla morte ed al limite e dove imperava la vanità della storia: sugli idoli di quest’epoca il Signore ha mirabilmente trionfato davanti ai pagani mentre preparava la Sua Salvezza facendoSi guida del popolo d’Israele. Dopo tutte le sanguinose lotte necessarie ad instaurar sulla terra la Sua Chiesa, ecco rimanere l’ultima, la più difficile, la battaglia apocalittica da cui dipendono le sorti del mondo intero. Come non riconoscere il tutta la storia la sublime bellezza dei disegni del Signore? Come non gioirne? Come non osannarLo per la Sua giustizia misericordiosa e la sua giusta misericordia? Ma come tollerare la sofferenza della prova? Perché la retta fede è abbandonata e la Chiesa versa in uno stato d’abbandono? Che i superbi vengano pure rovesciati dai loro troni: ma perché anche i miti debbono tanto penare prima d’ereditar la terra che il Signore ha loro promesso (Mt v, 5)? La storia non è fatta solo di vittorie, ma anche di dure tenzoni, e spesso si rivela pietra del paragone della fedeltà dei servi del Signore, ad incominciare da Giobbe. L’ultima e la maggiore delle sue sciagure con queste parole gli fu annunziata:
Gb i, 18-22
«I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del loro fratello maggiore, quand’ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto [cioè dal Neghev, da Mezzogiorno; ancora una volta il principale nemico di Euro è Noto]: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato soltanto io per raccontartelo».
Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse:«Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!». In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.
E nel lamento di Ezechiele sugli ultimi Re di Giuda apprendiamo che, se Giobbe era giusto, laddove i figli del Signore si macchino di qualche colpa, il vento d’Oriente stesso è pronto a colpirli e a consentire che la loro eredità sia dispersa tra le genti fameliche, condannate alla povertà spirituale ed un giorno anche alla definitiva sconfitta temporale dalla loro stessa insipienza; e l’amissione durerà fino a che non si plachi lo sdegno dell’Altissimo contro il Suo gregge:
Ez, x, 10-14
Tua madre era come una vite
piantata vicino alle acque.
Era rigogliosa e frondosa
per l’abbondanza dell’acqua.
Ebbe rami robusti,
buoni per scettri regali;
il suo fusto si elevò
in mezzo agli arbusti,
mirabile per la sua altezza
e per l’abbondanza dei suoi rami.
Ma essa fu sradicata con furore
e gettata a terra;
il vento d’oriente seccò i suoi frutti
e li fece cadere;
il suo ramo robusto inaridì
e il fuoco lo divorò.
Ora è trapiantata nel deserto,
in una terra secca e riarsa;
un fuoco uscì da un suo ramo,
divorò tralci e frutti
ed essa non ha più alcun ramo robusto,
uno scettro per regnare».
Sal lxxx, 13-14
Perché hai abbattuto la sua cinta
e ogni viandante ne fa vendemmia?
La devasta il cinghiale del bosco
e se ne pasce l’animale selvatico.
La brina ricopre la vigna del Signore: ma questo è il nome del monte Carmelo, har hakkarmèl, le cui vette («crode») furon romitaggio del profeta Elia. Su questo santo monte, figura di Cristo in quanto paragonato al Capo della sposa del Cantico dei Cantici (Ct vii, 6 «il tuo capo si erge su di te come il Carmelo e la chioma del tuo capo è come porpora; un Re è tutto preso dalle tue trecce»), cioè della Chiesa di Dio, Sant’Alberto di Gerusalemme decise di ritirarsi coi suoi monaci a vita contemplativa per mietere al divin Gregge nuove messi d’immortalità. Come i Carmelitani, così Elia fuse perfettamente in sé l’amorosa contemplazione e la sferzante testimonianza: veramente questa vigna è l’epitome della Gloria di Dio. Tale fu il «trionfo» del Signore per mano d’Elia:
1Re xviii, 20-24;26; 29-30; 32-33; 38-40
Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando zoppicherete con i due piedi? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia aggiunse al popolo: «Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!». […] Quelli presero il giovenco, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non si sentiva un alito, né una risposta. Quelli continuavano a saltare intorno all’altare che avevano eretto. […] Passato il mezzogiorno, quelli ancora agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliono offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna voce né una risposta né un segno di attenzione. Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi!». Tutti si avvicinarono. Si sistemò di nuovo l’altare del Signore che era stato demolito. […] Con le pietre eresse un altare al Signore; scavò intorno un canaletto, capace di contenere due misure di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. […] Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!». Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi uno!». Li afferrarono. Elia li fece scendere nel torrente Kison, ove li scannò.
Ma oggi di nuovo il popolo s’è convertito a Baal ed invano s’agita invocando – misero! – il suo diabolico soccorso. Davvero nessuno più obbedisce al comando del Signore? Davvero più nessuno si volge al «Sole di giustizia» – o nel nostro caso la luna – acceso da Dio nella notte della storia?
Sal lxxx, 3-4
Intonate il canto e suonate il timpano, la cetra melodiosa con l’arpa. Suonate la tromba nel plenilunio, nostro giorno di festa.
Quinta strofa
1Re xix
Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: «Che fai qui, Elia?». Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel-Mecola, come profeta al tuo posto.
No, come fu ai tempi d’Elia, la Chiesa trionferà anche oggi e così sempre fino alla fine dei tempi, sia pur tra mille prove, pericoli ed affanni; e noi ci affidiamo allo Spirito Santo, che colla sua presenza sconvolgente e sottile insieme ci sostenta col pane spirituale rendendoci rigogliosi ed aulenti di virtù.
Ct iv, 12-14
Giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata. I tuoi germogli sono un paradiso di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro e nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo, con ogni specie di alberi d’incenso, mirra e àloe,
con tutti gli aromi migliori.
Lo Spirito Santo si è manifestato, oltre che come vento, come fuoco…
At ii, 1-4
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
…e come rugiada.
Gdc vi, 1-2; 33-40
Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e il Signore li consegnò nelle mani di Madian per sette anni. La mano di Madian si fece pesante contro Israele; per la paura dei Madianiti gli Israeliti adattarono per sé gli antri dei monti, le caverne e le cime scoscese. […]
Tutti i Madianiti, Amalèk e i figli dell’oriente si radunarono, passarono il Giordano e si accamparono nella valle di Izreèl. Ma lo Spirito del Signore rivestì Gedeone; egli suonò il corno e gli Abiezeriti furono convocati al suo seguito. Egli mandò anche messaggeri in tutto Manasse, che fu pure chiamato a seguirlo; mandò anche messaggeri nelle tribù di Aser, di Zàbulon e di Nèftali, le quali vennero a unirsi agli altri.
Gedeone disse a Dio: «Se tu stai per salvare Israele per mano mia, come hai detto, ecco, io metterò un vello di lana sull’aia: se ci sarà rugiada soltanto sul vello e tutto il terreno resterà asciutto, io saprò che tu salverai Israele per mia mano, come hai detto». Così avvenne. La mattina dopo Gedeone si alzò per tempo, strizzò il vello e ne spremette la rugiada: una coppa piena d’acqua. Gedeone disse a Dio: «Non adirarti contro di me; io parlerò ancora una volta. Lasciami fare la prova con il vello, una volta ancora: resti asciutto soltanto il vello e ci sia la rugiada su tutto il terreno». Dio fece così quella notte: il vello soltanto restò asciutto e ci fu rugiada su tutto il terreno.
Ogni sofferenza acquista così significato a patto che noi teniamo il nostro sguardo rivolto verso il Cristo che, già asceso al Suo Cielo, siede alla destra del Padre dinanzi alla candida assemblea dei santi; e là la sua amata sposa, la Chiesa, destandosi dal sonno del peccato, nostalgica lo cerca.
Ct vi, 1-3
Dov’è andato il tuo amato, tu che sei bellissima tra le donne? Dove ha diretto i suoi passi il tuo amato, perché lo cerchiamo con te? L’amato mio è sceso nel suo giardino fra le aiuole di balsamo, a pascolare nei giardini e a cogliere gigli. Io sono del mio amato e il mio amato è mio; egli pascola tra i gigli.
Davvero allora il cielo stellato è immagine della Corte celeste: ed il vento che discende a benedirla è davvero il segno della gloria di Dio che attraversa la storia, l’angelo che serve la Giustizia, il destriero che Cristo cavalca mentre s’affretta verso la Gerusalemme Celeste, dove un giorno entrerà trionfalmente. Il suo nitrito sconvolge il mondo, fa strider la carne che lotta contro lo Spirito sulla rocca di Calpe, dardeggia la mente con iscandalo e follia, ed in questa battaglia ove nessuno si può più astenere dallo schierarsi per Dio o per Mammona saggia, repentino come un lampo, i cuori dei suoi fedeli.
Prv xxx, 4
Chi è salito al cielo e ne è sceso?
Chi ha raccolto il vento nel suo pugno?
Chi ha racchiuso le acque nel suo mantello?
Chi ha fissato tutti i confini della terra?
Lc ii, 33-35
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
Lc iii, 16-17
Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile».
E quando la battaglia sarà stata vinta, ogni strepito si placherà, il mondo tutto riverente tacerà e gli angeli alteri leveranno l’indice sulle labbra a domandar silenzio al vento trionfante, ormai giunto dinanzi al trono dell’Agnello, adorato tutt’intorno dalla moltitudine orante della Chiesa Sua eterna Sposa.
Ap vii, 1-3; 9-12
Dopo questo vidi quattro angeli, che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti, perché non soffiasse vento sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta.
E vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: 3«Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». […] Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».