di Alfredo De Matteo
Il caso di Treviso, in cui il direttore dell’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale cittadino, Enrico Busato, in un’intervista al quotidiano Avvenire denuncia il fatto che «sempre più spesso le giovani coppie rifiutano figli davanti a diagnosi di disabilità, persino eventuali», e che ciò vale per qualsiasi forma di disabilità ma soprattutto per la sindrome di Down, fa il paio con il video recentemente trasmesso dalla nota trasmissione Le Iene in cui Nicole, una ragazza affetta dalla trisomia 21, nei panni di un inviato delle Iene compie un viaggio in Islanda, il paese dove è in atto un progetto di eliminazione sistematica delle persone Down, tramite diagnosi prenatali sempre più sofisticate che nel 100% dei casi si risolvono in aborti.
Nel suo viaggio-denuncia Nicole incontra diversi attori coinvolti nel programma di sterminio delle persone portatrici della sua stessa anomalia genetica ed in particolare si trova faccia a faccia, e ad insaputa dell’intervistato, con il neurologo e genetista islandese Kari Stefansson, l’esponente di spicco del progetto di eliminazione dei bambini “difettosi” in Islanda. Dunque, non solo nel nord Europa, ma anche nel nostro Paese, emerge ciò che era già palese, ossia la malvagità intrinseca della pratica abortiva ed in particolare il suo carattere spiccatamente eugenetico che colpisce soprattutto i disabili, i malati o gli affetti da qualche anomalia o imperfezione.
Secondo Busato, «su dieci donne, sette interrompono la gravidanza quando vengono a sapere che il loro figlio potrà avere qualche imperfezione». Eppure, l’Unità dell’ospedale di Treviso, oltre ad essere un centro di riferimento di diagnosi prenatale che dispone di strumentazioni avanzatissime, è all’avanguardia anche per quanto riguarda la presa in carico della donna, tanto che esso mette a disposizione qualificati servizi di supporto psicologico, medico, scientifico, culturale e religioso affinché la decisione di abortire venga ponderata con la massima attenzione.
Addirittura, l’Azienda sanitaria del dottor Busato è convenzionata con il Movimento per la Vita italiano e si appoggia ad un consultorio familiare particolarmente qualificato della diocesi. Secondo il presidente dell’Mpv, Gigli, ciò accade perché «manca la cultura, manca che le coppie per prime cerchino una consulenza prima e dopo i test che esuli dal puro dato scientifico legato alla gravidanza e trionfa invece la mentalità eugenetica che ormai s’è instillata anche nel nostro Paese».
Ma, aggiungiamo noi, qual è il vero motivo per cui in Italia trionfa la mentalità eugenetica? Perché la stragrande maggioranza delle donne decide di abortire in presenza di una diagnosi di malformazione o imperfezione del feto? La risposta è semplice: perché c’è una legge che lo consente, una legge che dà alla madre pieno potere di vita e di morte sul figlio che porta in grembo.
Già, perché la legge 194/78 permette l’aborto a semplice richiesta nei primi tre mesi della gravidanza mentre nei mesi successivi è sufficiente una diagnosi anche solo presunta di una qualche malformazione del feto. Purtroppo, in ambito pro-life, c’è stato chi, in questi ultimi decenni, ha preferito agire solo in ambito culturale, rinunciando a denunciare l’intrinseca malvagità della 194, definita una legge con delle parti buone oppure una legge tutto sommato garantista che consente l’aborto solamente in casi eccezionali.
In realtà, oltre ad essere una delle leggi europee con le maglie più larghe, la 194 ha inoculato come un virus letale nella cultura e nella mentalità delle persone il falso principio della disponibilità della vita umana innocente, l’idea del diritto al figlio, possibilmente sano e senza imperfezioni. Non c’è quindi da stupirsi se, purtroppo, la maggior parte dei genitori considerano il figlio disabile che deve nascere un peso, un fardello di cui liberarsi al più presto, in maniera del tutto gratuita e completamente gestita dal servizio sanitario nazionale …
Non ci sono alternative, se vogliamo tornare a vivere in un mondo autenticamente civile e solidale dobbiamo combattere tutte le legislazioni che consentono l’aborto, dobbiamo difendere la vita innocente senza eccezioni o compromessi. La Marcia per la Vita, la cui ottava edizione si svolgerà a Roma il prossimo 19 maggio, si prefigge proprio di far crescere nel nostro Paese e nel mondo intero una sana cultura della vita senza rinunciare però alla denuncia della legge abortista, ad avere come obiettivo finale l’abrogazione della legge 194.
E’ proprio questa la forza di una manifestazione che il 19 maggio prossimo leverà in alto il vessillo della difesa della vita, contro la malvagità di una legge assassina che in quarant’anni di storia ha decimato la popolazione italiana e trasformato l’uomo in nemico di se stesso e di Dio Creatore e autore della vita.