citazione a cura di Luca Fumagalli

Continua con questo brano il viaggio tra le pagine migliori de “I necromanti”, romanzo del 1909 scritto da mons. Robert Hugh Benson e dedicato ai pericoli per l’anima connessi allo spiritismo e alle pratiche magiche.

Dopo diverse sedute Laurie dimostra di possedere una naturale inclinazione per lo spiritismo e Mr. Vincent è intenzionato a sfruttare i grandi poteri del ragazzo. Il medium è perfettamente consapevole dei rischi connessi alle pratiche occulte e, anche se non arriva a esplicitarlo, emerge chiaramente dalle sue congetture come in esse vi sia qualcosa di demoniaco, una forza in grado di pervertire lo spirito dei meno accorti.

 

Nel frattempo il medium si stava orientando attraverso le strade nebbiose. Le figure spuntavano, profilandosi improvvise ed enormi, e poi svanivano di nuovo. Aloni fumosi di fiamma splendevano come macchie di fuoco dipinto, brillante ma solo superficiale, dalle finestre soprastanti; e i suoni gli arrivavano sordi e smorzati attraverso l’atmosfera ovattata. Sarebbe stata, per così dire, una buona ambientazione teatrale per i suoi pensieri, se avesse fatto pensieri in quello stile che suggerisce vagamente presenze, accenni e scorci nell’ignoto.

Era però un uomo molto pratico. La sua fede nello spiritismo era una realtà, per lui, poco eccitante come il cristianesimo per il normale cristiano; non alimentava alcun tipo di dubbio sulla sua verità.

Al di là di tutti gli imbrogli, l’autoingannarsi, le sorprendenti gesta del subconscio, rimanevano alcuni fatti al di sopra di ogni dubbio – fatti che richiedevano, credeva, una spiegazione oggettiva, che non veniva offerta da nessuno se non dalla tesi spiritista. Aveva molte più prove, pensava con una certa sincerità, per il suo spiritismo, che non molti cristiani per il loro cristianesimo.

Non aveva una teoria molto definita riguardo al mondo spirituale dell’aldilà, solo pensava che fosse alquanto simile a questo mondo. Per lui era popolato da individui di vario carattere e tempra, di diverse classi e autori di diverse gesta; e un certo numero di questi aveva il potere di comunicare, con grandi difficoltà, con persone da questa parte che erano in grado di ricevere tali comunicazioni. Che ci fossero pericoli connessi a questo processo, lo sapeva bene; aveva visto spesso il senso morale svanire e i poteri mentali decadere.

Ma questi per lui erano nient’altro che onorevoli ferite a cui vanno soggetti tutti coloro che lottano. Il punto fondamentale per lui era che qui stava l’unico mezzo certo per mettersi in contatto con la realtà. Certamente quella realtà era di una natura a volte sconcertante e raramente illuminante; lui odiava, come chiunque, le storie di tamburelli, se non fin dove era essenziale; e deplorava il fatto che, come credeva, era spesso il più degradato e il meno convincente degli abitanti dell’altro mondo a mettersi più facilmente in contatto con gli abitanti di questo. Però, per lui, i principali dogmi dello spiritismo erano come l’ossatura dell’universo; era l’unica religione che gli sembrasse minimamente degna di attenzione.

Faceva il medium da non più di dieci o dodici anni. Aveva scoperto, per caso lui pensava, di possedere poteri di medium a un livello insolito, e quindi aveva cominciato a intraprenderla come professione. Per quanto ne sapeva, da questo tipo di vita non gli erano derivati cattivi effetti, anche se aveva visto altri soffrire; e, man mano che la sua fama cresceva, le sue entrate crescevano con essa.

È necessario, dunque, capire che non era un ciarlatano consapevole; detestava i trucchi meccanici in cui si era occasionalmente imbattuto; era perfettamente e serenamente convinto di possedere autentici poteri, e che le presenze in cui sembrava imbattersi nei sui sforzi di medium fossero quel che professavano di essere; che non fossero frutto di allucinazioni, che non fossero il prodotto di frodi, che non fossero necessariamente maligne. Considerava questa religione allo stesso modo in cui considerava la scienza; entrambe erano soggette a un costante avanzamento, entrambe soggette a errori, entrambe potevano prestarsi a essere usate illecitamente. Come uno scienziato non si tira indietro dall’esperimento per timore del rischio, nemmeno doveva farlo però lo spiritista.

Quando si diresse verso i suoi alloggi a nord del parco, stava pensando a Laurie Baxter. Che quel ragazzo possedesse quelli che lui avrebbe definito “poteri occulti” a un livello insolito gli pareva molto evidente. Che questi poteri comportassero un certo rischio era altrettanto evidente. Si propose, dunque, di prendere tutte le ragionevoli precauzioni. Tutte le catastrofi di cui era stato testimone nel passato erano dovute, pensava, a uno sviluppo troppo rapido di quei poteri, o all’inesperienza. Decise, dunque, di andare piano.

Per prima cosa, il ragazzo doveva essere convinto; poi, doveva essere tirato dentro nella causa; in terzo luogo, bisognava sradicargli la sua religione; in quarto luogo, doveva essere allenato e aiutato a crescere. Ma per il momento non bisognava permettergli di andare in trance, se si poteva evitare. Era chiaro, secondo lui, che Laurie aveva una forte “affinità,” per così dire, con lo spirito disincarnato di una certa “Amy Nugent.” La sua comunicazione con lei era stata di una natura assai sorprendente per rapidità e perfezione. Si poteva fare molto progresso, dunque, in questa direzione.

Sì; mi rendo conto che ciò suona come una grottesca insensatezza.

(Brano tratto da: R. H. BENSON, I Necromanti, Verona, Fede & Cultura, 2012)