a cura di Luca Fumagalli
Continua il nostro viaggio tra le pagine migliori di “Vieni ruota! Vieni forca!”, romanzo storico del 1912 a firma di mons. R. H. Benson.
I cattolici festeggiano la Pasqua a Padley, nella cappella allestita in gran segreto dai Fitzherbert. Robin si trova lì con Marjorie; si è rifugiato presso la famiglia della ragazza dopo aver rotto ogni rapporto con il padre, convertitosi di recente all’anglicanesimo per mantenere beni e rendite. Agli aderenti dell’antica fede non è più permesso celebrare pubblicamente, pena l’arresto e la morte. Costretti nelle catacombe come i primi cristiani, si trovano a dover organizzare messe clandestine con l’aiuto dei pochi sacerdoti che percorrono in incognito il paese.
Lo stesso giorno di Pasqua, a Padley, fu del tutto un’altra storia.
Alle cinque del mattino la casa era in moto: le luci brillavano nelle stanze di sopra, passi percorrevano i corridoi e la corte, gruppi cominciavano ad arrivare. Tutto era fatto senza ostentazione, ma anche senza nascondersi, perché Padley era un posto solitario e non temeva, a quell’ora, una discesa improvvisa delle autorità. Per amor di forma – o poco più – un uomo sorvegliava la strada della valle e segnalava due volte con il lampeggiare di una lampada ogni gruppo di cui era a conoscenza, ma a parte questo non c’erano altri segnali. Un secondo uomo aspettava al cancello del cortile per accoglierli. Entravano a cavallo e a piedi da tutt’intorno – grandi nobili, come la famiglia di North Lees, vennero con un piccolo seguito; qualcuno venne solo; contadini e servi delle fattorie, con le loro donne, dalla valle di Hathersage, vennero per lo più a piedi. In tutto circa centoventi persone furono nel maniero di Padley – e il cancello ben chiuso – entro le sei.
Intanto, dentro, il prete era stato occupato ad ascoltare le confessioni fin dalle quattro e mezzo. Sedeva nella cappella davanti all’altare disadorno e venivano da lui uno a uno. La gente di casa e i vicini più prossimi avevano fatto il loro dovere in tal senso il giorno prima e un buon numero l’aveva già fatto precedentemente in vista della Pasqua, in Quaresima; così, per le sei fu tutto finito.
Poi cominciò il trambusto.
Un gruppo di signore, Fitzherbert e Fenton, entrarono, appena il prete diede il segnale bussando sul muro del salotto, portando tutte le cose necessarie per l’altare, ed era stupefacente che belle cose fossero, così che, per il momento in cui il prete fu pronto a vestirsi, il posto fu trasformato. Stoffe e ricami pendevano dal muro attorno all’altare, facendolo sembrare, invero, un santuario; due alti candelabri d’argento, usati esclusivamente a quel proposito, stavano sulle tovaglie di lino, sotto le quali riposava la pietra d’altare in ardesia, presa, con i vasi sacri e i paramenti, da uno dei nascondigli privati, segreto di cui nessun essere umano fuori dalla casa, e non più di due o tre dentro casa, era minimamente consapevole.
Si diceva che mezza dozzina di posti simili fossero stati progettati nelle vicinanze, e che due fossero grandi abbastanza da nascondere due o tre uomini all’occorrenza[1].
[1] Nella seconda metà del XVI secolo, per timore delle persecuzioni, le famiglie cattoliche più benestanti fecero costruire nelle loro case nascondigli e stanze segrete, la maggior parte opera del gesuita Nicholas Owen (1562 ca.-1606) che aveva appreso dl padre, abile carpentiere, i segreti del mestiere. Citato erroneamente in Vieni ruota! Vieni forca! con il nome di Hugh Owen, morì martire sotto Giacomo I Stuart.