Nota di Radio Spada; continua oggi, domenica durante l’Ottava dell’Ascensione (festa di San Roberto Bellarmino), questa rubrica radiospadista che durerà sino al compimento dell’Ottava di Pentecoste, dedicata all’esercizio del cattolicesimo militare e ai grandi condottieri cattolici. L’organizzazione della rubrica che ha richiesto circa tre mesi di lavoro (e della concomitante “esposizione” all’Università Cattolica del Sacro Cuore) è stata a cura di Carlo “Charlie” Banyangumuka, Mattia Spaggiari e Piergiorgio Seveso. A voi tutti, amati lettori, dall’intera redazione di Radio Spada l’augurio di un santo periodo pasquale. Buona lettura!
Francisco Pizarro
Nato a Trujillo, nell’Extremadura, nel 1475, condivise con Cortés l’origine estremegna, il continente di esplorazione e la lotta per la Fede. Seppur illetterato, in quanto la famiglia era di umili origini, sapeva tuttavia riprodurre la sua firma. Viste le umili origini, divenne un porcaro e, a seguito della perdita di un esemplare, si imbarcò a Siviglia per il Nuovo Mondo. Ivi, partecipò alle spedizioni di Nicolas de Ovando (1502), Alonso de Ojeda (1509) e Vasco Nunez de Balboa(1513) a seguito della quale arrestò, per volere del governo spagnolo, lo stesso de Balboa ottenendo così la carica di Sindaco di Panama. Udendo le imprese del suo conterraneo Cortés, Pizarro si imbarcò veleggiando verso sud, verso le terre dell’Ecuador dove tuttavia non riuscì a trovare nulla se non paludi maleodoranti. Imbarcatosi per la Spagna, ottenne il finanziamento di un’altra spedizione; tornato nel nuovo Mondo, con meno di duecento uomini si diresse nel Sudamerica.
Il loro arrivo non passò inosservato: Atahuallpa e Huascar, i due fratelli imperatori inca, cercarono di assicurarsi i loro servigi nella guerra fratricida che li opponeva da anni. Accolte entrambe le ambascerie, Pizarro decise di incontrare Atahuallpa e il 15 novembre 1532 valicò le Ande trovandosi faccia a faccia con i trentamila soldati incaici. L’imperatore del Tahuantisuyo (così chiamavano gli indigeni l’Impero Inca) permise loro di stazionare nella città di Cajamarca; Pizarro, conscio di essere alla mercè degli Inca, ordì un piano per incontrare l’Imperatore in città.
Il 16 novembre, un’ambasceria spagnola incontrò nella cittadina Atahuallpa; gli eventi che ne seguirono furono drammatici. All’imperatore inca fu chiesto di giurare fedeltà al Regno di Spagna e, come prova del potere dato da Dio ai sovrani iberici, gli furono presentate le Sacre Scritture. Poichè non ne sentiva scaturire alcuna “parola”, l’imperatore la gettò al suolo, scatenando l’ira dei conquistadores. Pizarro si ferì per salvare Atahuallpa dalla furia dei suoi uomini che nel frattempo massacrarono 6.000 inca seduta stante.
L’imperatore, per volontà di Pizarro che lo voleva vivo, fu tenuto in buone condizioni ed ebbe ottimi rapporti coi suoi custodi-carcerieri. Ebbe modo di imparare giochi come la dama e gli scacchi e ascoltava rapito i racconti di Pizarro sulla storia del Regno Spagnolo. Tuttavia, l’Inca tramò nelle carceri e fece giustiziare suo fratello Huascar, facendolo annegare nel fiume vicino la città di Andamarca. Nonostante Atahuallpa portasse la promessa di un ingente riscatto, si decise di processare il prigioniero una volta ottenuto il pagamento. Pizarro e de Soto, futuro conquistador in Cile, erano fortemente contrari a questa empia decisione e auspicavano perlomeno un trattamento equo a processo ma il consiglio dei conquistadores non volle saperne: il 26 luglio 1533, approfittando dell’assenza di De Soto, l’Imperatore Inca fu battezzato, processato per aver ucciso Huascar e infine ucciso. Conquistata con decenni di sforzo ( e l’intervento della Vergine a Suntur Huasi) la totalità del Perù, Pizarro fu fatto governatore; per prima cosa decise di fondare una città nuova, una nuova capitale cristiana che offuscasse la Cuzco pagana, l’antica sede degli Imperatori Inca. Ma mentre fervevano i preparativi, scoppiò acre la rivolta degli inca, guidati da Manco Inca.
Questi pose sotto assedio Lima e le principali fortezze spagnole dove risiedevano anche i fratelli di Pizarro che egli cercò di aiutare in ogni modo privandosi di uomini e cavalli. Ma dalla sua Pizarro ebbe anche gli inca ormai cattolici che, andando a gonfiare le sue fila, gli fecero ottenere la vittoria sugli insorti.
Nel frattempo, Almagro, un antico amico di Pizarro, tornò dal Cile e decise di reclamare per sè un parte del Perù prendendo in ostaggio i familiari di Francisco. Sconfitto in battaglia, Almagro venne poi giustiziato.
Mancava solo la questione di Manco da risolvere: fallita la via diplomatica, Pizarro commise l’errore di uccidere la moglie di Manco e sedici capi inca che vennero arsi sul rogo. Preoccupata, Madrid mandò un suo uomo ad accertare l’entità della situazione peruviana ma questi scomparve in mare. Convinti che fosse opera di Pizarro, quando fu molto probabilmente una tempesta, i partigiani di Almagro irruppero, il 26 luglio 1541, nella casa di Francisco Pizarro che venne massacrato a colpi di spada. Prima di perire, il Marchese del Perù Francisco Pizarro tracciò un segno di croce col suo sangue e, come i grandi martiri, invocò il Nome di Gesù. Aveva 66 anni.
Enrico II il Pio duca di Slesia
Cardinale Bertrando del Poggetto
Ugo de’ Pagani e Goffredo di Sant’Omero
Eraclio Imperatore di Bisanzio
Baldovino IV Re di Gerusalemme
Carlo Martello, Maggiordomo di palazzo
Matilde di Canossa, viceregina d’Italia
El Cid Campeador signore di Valencia
Principe Giorgio Castriota Skanderbeg
Principe Carlo Filippo di Schwarzenberg
Principe Raimondo Montecuccoli
Don Fernando Alvarez de Toledo, duca d’Alba
Enrico III lo Sfregiato, duca di Guisa
Simone IV di Montfort, duca di Narbona
Daimyo Konishi Yukinaga Agostino
Conte Orlando d’Anglante, paladino di Francia
Luigi Maria de Salgues, marchese di Lescure