La Civiltà Cristiana è un faro che risplende nelle tenebre della barbarie, antiche e recenti. Nel (disperato) tentativo neodarwinista di derubricare comportamenti incivili di nostri antenati come non umani, spesso si ricorre alla confusione tra barbarie (umana) e atti belluini per suffragare la propria strampalata tesi, dimenticando come anche tra gli uomini d’oggi si annidino e prosperino atteggiamenti che potrebbero, seguendo questa confusione, essere definiti non umani, producendo così un cortocircuito logico di ampia portata. Non si smette di essere uomini per i propri atti, esiste però una Civiltà che compie l’uomo per ciò che dovrebbe essere: è il Cristianesimo. Riproduciamo di seguito due estratti dell’Enciclopedia Italiana del 1936. Grassettature nostre. [RS]
George MONTANDON – Agostino TESTO – – Enciclopedia Italiana (1936)
SEPOLTURA (dal lat. sepultura, da sepultum, supino di sepelire, seppellire; fr. sépulture; sp. sepultura; ted. Begräbnis; ingl. sepulture). – Le numerosissime modalità della sepoltura presso i primitivi possono essere tutte raggruppate nelle 8 seguenti: 1. l’abbandono; 2. l’immersione; 3. la soprelevazione; 4. il seppellimento; 5. l’ignizione; 6. la mummificazione; 7. la scarnificazione; 8. il cannibalismo.
1. L’abbandono. – In Africa l’abbandono è praticato da varie tribù della foresta tropicale, ma il suo ufficio vi è molto meno importante che nella savana. Qui l’abbandono è praticato in due vasti territorî, che del resto quasi si toccano. Il primo comprende il Sudan orientale (angloegiziano), la regione del lago Rodolfo, la Somalia, la regione dei Grandi Laghi, poi la costa orientale sino allo Zambesi. La soluzione di continuità tra i due territorî si stende dallo Zambesi sino quasi al Limpopo: a cominciare di lì si allarga il secondo grande territorio, ossia il sud dell’Africa (Cafri e Boscimani-Ottentotti). Il principale territorio dell’abbandono è il primo, (dall’Alto Nilo alla costa orientale), principale perché questo procedimento vi è praticato in modo più abituale: presso i Nilotici, sono abbandonate alle iene soprattutto le donne, mentre gli uomini vengono sotterrati: presso i Masai, la maggior parte della popolazione è gettata in pasto alle iene, mentre i capi vengono sotterrati. Nel sud del continente, l’abbandono è meno generale. Anche i Boscimani, che nelle loro miserande peregrinazioni possono essere costretti ad abbandonare i morenti, ricoprono, non appena ne abbiano la possibilità, i cadaveri con un cumulo di pietre. A Madagascar, dove il sotterramento è usanza generale, le tribù della costa orientale lasciano la cassa sul suolo, e presso i Bara avviene che il cadavere sia abbandonato per terra.
In Oceania l’abbandono completo è raro. Nell’Indonesia e nell’Indocina, esso diviene più frequente.
Ma è nell’Asia centrale che l’abbandono è maggiormente praticato. Del resto esso è un’antica usanza cinese e ancora oggidì nella stessa Cina, dove il sotterramento in un feretro è il procedimento abituale (poiché l’incinerazione buddhistica sta cadendo in disuso anche fra gli stessi buddhisti), i bambini sino a 3 anni sono abbandonati in pasto alle bestie. Nel Tibet i poveri sono di preferenza gettati nell’acqua; i ricchi sono appesi agli alberi perché siano divorati dagli uccelli e i loro resti sono immersi; ma anche il semplice abbandono su una roccia è largamente praticato. I lama invece sono cremati e le loro ceneri vengono poste in urne; alcuni grandi dignitarî religiosi sono persino mummificati. Nella Mongolia, come nel Tibet, nelle vicinanze di acqua il corpo è dato in pasto ai pesci o abbandonato ai cani e agli avvoltoi. Bisogna notare che questa sepoltura non è riservata soltanto ai poveri, ma anche ai capi religiosi. Solamente alcuni grandi dignitarî sono posti in una grotta entro una bara di pietra. Nell’estremo nord pure viene praticato l’abbandono sul suolo (Ciukci, Samoiedi). In conclusione l’abbandono dei morti è un’usanza di certi popoli del mondo antico e soprattutto dei popoli che si riallacciano al “ciclo culturale pastorale”, in Asia come in Africa.
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8. Il cannibalismo. – A giudicare dal modo con cui le ossa sono state spezzate, risulta che il cannibalismo ha regnato in Europa nel periodo preistorico. Attualmente, in tempi recenti, esso è praticato in una parte dell’Africa, in buona parte dell’Oceania e dell’Asia sud-orientale e nell’America (v. antropofagia).
Considerato come rito funebre, bisogna ricordare qui le usanze complesse che uniscono a un seppellimento o a un’ignizione primaria e secondaria un cannibalismo terziario più o meno mitigato, diffuse fra gli indigeni americani. Eccone alcuni esempî. I Cocama e i Cocamilla (della famiglia dei Tupi) arrostiscono e mangiano i morti della loro famiglia, poi abbrustoliscono e riducono in polvere le ossa e le mescolano a forti bevande nell’occasione di certe feste. In altre tribù il seppellimento è il primo atto, poi dopo un certo tempo il cadavere è dissotterrato (dopo 15 anni fra i Cobeua e i Tucano): allora esso viene ridotto in cenere e le ceneri sono mangiate o mescolate a bevande e bevute durante certe cerimonie. Per l’America Meridionale si deve constatare che la sepoltura in due tempi, il cannibalismo e l’ingestione delle ceneri dei morti, sono usanze più o meno connesse. Per ritornare al cannibalismo considerato su tutto il globo, la distribuzione geografica delle popolazioni che lo praticano mostra come esso non potrebbe aver avuto una funzione nutritiva altro che nella Papuasia, dove la carne animale è rara: in casi come quello di un capo delle Isole Figi che segnava con una pietra ogni cadavere squartato e contava 872 pietre (una in media ogni due settimane), l’inclinazione a mangiar bene può essere stato il movente principale. In altri casi la ghiottoneria e il rituale appaiono aver influito egualmente, come per la società segreta a scopo antropofagico Kipkipto nella Nuova Guinea, i cui aderenti non esitavano a percorrere dei chilometri per comperare un cadavere. Infine nei casi più frequenti, in quello p. es. degli indigeni Kai (retroterra del Golfo di Huon della Nuova Guinea) che mangiavano il cervello dei nemici per impossessarsi delle loro virtù, non entra affatto il bisogno di nutrirsi.
verissimo. Tale pratica ancora diffusa, è stata oggetto del mio breve studio pubblicato su CIVITAS CHRISTIANA. ” DALLE ZAGAGLIE AL MITRA”. In particolare la citazione di “CANNIBALISM IN ZANDELAND”, di F. GERO. ed EMI, 1990
L’anticivilta’ e il cannibalismo esistono anche in occidente non nella sfera sociale, ma nell’economia e nella finanza. E forse e’ peggio’