Il 6 luglio 1439 a Firenze, nell’assise del XVII Concilio Ecumenico della Chiesa Universale, Papa Eugenio IV riceveva i Greci nella comunione della Chiesa Romana e ringraziava Dio per la ricostituita Unione fra i Latini e i Greci. In questo giorno così glorioso degli annali ecclesiastici, ci piace ricordare la figura di uno dei fautori e difensori di questa Unione, di questo trionfo (seppur effimero) della Chiesa e del Pontificato Romano: il Cardinale Bessarione.
di Giuliano Zoroddu
Questo “uomo di gran nome e d’immortal memoria” (Pio II Piccolomini), nacque a Trebisonda, nell’impero dei Commeni, da famiglia umile ma onesta nel 1403 (secondo altri nel 1395). Adolescente, fu portato dal metropolita della sua città natale a Costantinopoli dove iniziò a studiare la retorica, la filologia e la filosofia, alle quali unì anche l’interesse per le scienze naturali e la matematica. Nel 1423 entrò nell’Ordine di san Basilio e nel 1431 ricevette il sacerdozio. Giovanni VIII Paleologo, Basileus dei Romei, apprezzandone la dottrina e la capacità diplomatica (aveva fatto parte di una ambasceria presso la corte Commena già negli anni Venti), lo elesse Arcivescovo di Nicea nel 1437 e l’anno successivo lo aggregò alla delegazione Greca presso il Concilio ecumenico che Eugenio IV aveva convocato a Ferrara e che poi si sarebbe spostato a Firenze. Entrò nell’assise come il campione dei Greci, nemico giurato dei Latini e delle “rivendicazioni illegittime” della Sede Romana. Questa fermezza venne meno a poco a poco, anche grazie alla sua passione per la filologia: trovando infatti alcuni antichi codici dei Padri Greci, soprattutto di san Basilio Magno, ebbe modo di scoprire la ortodossia di quanto sosteneva la Chiesa Romana, specialmente riguardo al Filioque e alla supremazia del Vescovo di Roma. Così, assieme a Giuseppe II Patriarca di Costantinopoli[1], e Isidoro Metropolita di Kiev e di tutta la Russia[2], si batté strenuamente per l’unione dei Greci coi Latini nella professione dell’unica vera fede, necessaria per poter combattere il Turco che premeva su Costantinopoli e sull’intera Cristianità. Arrivò così il 6 luglio 1439 con la proclamazione dell’Unione: la bolla “Laetentur coeli”[3] fu letta in Latino dal Cardinale Giuliano Cesarini e in Greco dal medesimo Bessarione. Temporaneamente si poneva fine allo scisma di Fozio e Cerulario. Tornato in patria per la attuazione della bolla di Unione (sancita ufficialmente solo il 12 dicembre 1452), seppe di esser stato creato, il 18 dicembre 1439, Cardinale Prete dei santi XII Apostoli. Era l’inizio di una lunga e splendida carriera che lo vide ricoprire importantissimi incarichi: Vescovo di Sabina (1449; 1468-1472), Vescovo di Frascati (1449-1468), visitatore di tutti i monasteri greci in Italia, Abate di Grottaferrata (1462), Protettore dei Francescani e Domenicani, Patriarca latino di Costantinopoli (1463- 1472). Mai si distaccò dai suoi studi filologici, i quali anzi coltivò con ardente amore e zelo, soprattutto per confutare le recriminazioni degli scismatici Greci, specialmente di Marco di Efeso, nemici della pace e dell’unione: ricercando minuziosamente le versioni più antiche e meno corrotte delle opere patristiche, le condensò in vari opuscoli apologetici, traboccanti non solo di amore verso la Verità, ma anche di eminente dottrina. Allo zelo della religione congiunse le occupazioni “politiche” a servizio della Sede Apostolica: ottimo sotto ogni aspetto fu, per esempio, il suo governo come Legato a latere di Niccolò V per Bologna, per la Romagna e la Marca di Ancona (1450-1455). Intanto Costantinopoli, abbondantemente rosa dal tarlo dello scisma, cadeva nelle mani dei Maometto II il 29 maggio 1453. D’ora innanzi il Cardinale Greco impiegò ogni mezzo per la Crociata di liberazione, come del resto fecero i Romani Pontefici che vide ascendere al Soglio di Pietro, Callisto III, Pio II e Sisto IV. Fu lui alla presenza di Pio II a inaugurare il Congresso di Mantova del 1459; sempre lui ad esser scelto per perorare l’adesione alla Crociata presso i principi tedeschi. Nessuno rispose all’appello del Papa. L’11 aprile 1462 infatti arrivava a Roma il capo dell’Apostolo sant’Andrea[4], dono di Demetrio e Tommaso Paleologo (fratelli dell’ultimo Imperatore dei Romei Costantino XI): Bessarione stesso lo consegnò nelle mani del Sommo Pontefice durante una trionfale cerimonia in Piazza del Popolo e in san Pietro pronunziò un commovente sermone invocando l’intervento celeste e dei santi Apostoli Pietro e Andrea contro i Turchi, visto che quello umano tardava ad arrivare. La morte lo colse il 18 novembre 1472 a Ravenna di ritorno dalla Francia dove, Legato di Sisto IV, stava trattando la Crociata con Luigi XI. Alla già malmessa salute si aggiunse l’ennesima delusione, dovuta al fallimento delle trattative. Le spoglie del porporato furono traslate a Roma il 3 dicembre dello stesso anno e inumate nella chiesa titolare dei XII Apostoli.
[1] Il Patriarca morì a Firenze il 10 giugno 1439 e non poté quindi assistere alla proclamazione dell’Unione Fiorentina (6 luglio 1439), ma sul letto di morte scrisse questo commovente testamento, che si presenta come una vera e propria professione di fede: «Io, Giuseppe, per la divina misericordia Arcivescovo di Costantinopoli, nuova Roma, e Patriarca Ecumenico, trovandomi alla fine della mia vita e apprestandomi ormai a pagare il comune debito, per grazia di Dio scrivo e sottoscrivo questa mia dichiarazione apertamente perché la conoscano tutti i miei figli. Dunque io dichiaro di credere convintamente ogni cosa che crede e afferma dogmaticamente la Cattolica ed Apostolica Chiesa di nostro Signor Gesù Cristo della antica Roma. Confesso che il Papa dell’antica Roma è il Padre dei Padri, Pontefice Massimo e Vicario di nostro Signor Gesù Cristo e conferma la fede di tutti. Confesso anche che vi è il Purgatorio delle anime. In fede di ciò io ho firmato questo mio scritto il 9 giugno 1439» (Labbè, Collectio Conciliorum, tomo XVIII, col. 506).
[2] Per la figura di questa gloria della Chiesa Orientale rimandiamo a questa sua breve biografia: https://www.radiospada.org/2018/05/glorie-del-cardinalato-s-e-r-cardinale-isidoro-di-kiev/
[3] Testo della Bolla di Unione dei Greci “Laetentur coeli”: https://w2.vatican.va/content/eugenius-iv/it/documents/bulla-laetentur-caeli-6-iulii-1439.html
[4] Questa venerabile reliquia si conservò nella Basilica Vaticana fino al 1964. Dopo esser stato venerato da Paolo VI e dai Padri conciliari del Vaticano II il 23 settembre 1964, il Capo di sant’Andrea fu “restituito” al “Metropolita” scismatico Costantino di Patrasso dal Cardinale Agostino Bea sj, delegato di Paolo VI e Presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Un esempio di quanto l’ecumenismo teorico e pratico sia contrario al Vangelo che insegna a non dare le cose sante ai cani e le perle ai porci (cfr. Matth. VII, 6).
Figure già trattate sul sito (sono escluse le innumerevoli figure trattate sulla pagina Facebook)
Cardinale Bernardo Dovizi detto il “Bibbiena”
Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster O.S.B.
Cardinale Domenico Serafini OSB
Cardinale Francesco Sforza di Santafiora
Cardinale Giulio Maria della Somaglia
Cardinali Antonio Marzato e Carlo Odescalchi
Cardinali Luigi di Guisa e Robert de Lenoncourt
Cardinale Galeotto Franciotti della Rovere
Cardinale Costantino Patrizi Naro
Cardinale Benjamin de Arriba y Castro
Cardinale Bertrando del Poggetto
Cardinale Alojzije Viktor Stepinac
Cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota
Ci fu un tempo quindi in cui ci si batteva fortemente per l’unità dei cristiani in nome dell’unicità della vera fede, e c’ è ora un tempo in cui si vuol perseguire l’unità, non dico dei cristiani, ma dell’ intera umanità, in forza dell’insostenibile principio di quella unicità. Salvo poi l’ obbligo di sottomettersi tutti al giogo del Pensiero Unico, stabilito dai Padroni e Reggitori della Casa Unica per tutti!
Ci fu un tempo della Gloria e c’ è un tempo della Vergogna! E questo tempo infuria emblematicamente dalla Roma Vaticana, da dove un tempo si diffondeva la luce della Gloria!
alla nota 4 non si può scrivere in questo modo…
Cosa vi sarebbe di sbagliato?