di Pacificus
I Nuovi Angeli vennero iscritti, nel 1972, al 22º Festival di Sanremo con il brano “Singapore” (composto da Renato Pareti su testo di Roberto Vecchioni): il pezzo fu bocciato dalla commissione artistica, ma diverrà – in tutta probabilità – il principale successo della band.
Singapore e il successo sono, senza dubbio, le parole chiave che accomunano i “Nuovi Angeli” e don Davide Pagliarani.
Arrivato in seminario negli ultimissimi anni di Mons. Lefebvre, fu ordinato sacerdote nel 1996. Una volta tornato nel priorato FSSPX della sua Rimini si trovò con preti piuttosto inclini al sedevacantismo: la cosa pare non gli spiacesse troppo, anzi.
Tutto proseguì finché la situazione non esplose totalmente con l’uscita dalla Fraternità del priore, dichiaratosi – appunto – apertamente sedevacantista e ostile alla linea di mons. Fellay. Il caos raggiunse livelli molto alti e, nello scontro, toccò proprio – ironia della sorte – a don Davide farsi promotore del celebre numero “speciale sedevacantismo” de “La Tradizione Cattolica” (n.1, 2003). Una sorta di benevolo contrappasso in forma di j’accuse, dicono alcuni.
Il priorato riminese cambiò completamente volto: il suo superiore precedente finì in un altro istituto; il giovane sacerdote fu ricollocato dall’altra parte del mondo, a Singapore appunto, meta – l’unica “vacante” in quel momento – scelta da don Pagliarani stesso in una sorta di autoesilio motivato dal violento contrasto con l’allora superiore del distretto italiano, don Simoulin, favorevole all’accordo con Roma. Questi, secondo i bene informati, nonostante la divergenza di vedute fu dispiaciuto di perdere un valido prete sul suo territorio.
Don Davide tornò in Italia tempo dopo, premiato con la nomina a superiore di distretto. Gli anni del suo governo coincisero con l’era ratzingeriana e la sua gestione fu in buona parte un riflesso dell’impostazione normalizzatrice e accordista di mons. Fellay: erano i tempi dell’uscita di don Floriano (anche lui dichiaratosi in seguito sedevacantista) e dei convegni di Rimini più apertamente occhiegganti al conservatorismo.
Riferisce padre Faure (ora vescovo della “Resistenza”) che nel 2012, quando mons. Fellay rilasciò la sua dichiarazione implicitamente alludente all’ermeneutica della continuità, il Capitolo sarebbe stato sul punto di disconoscerlo e di costringerlo ad una ritrattazione, se non fosse stato per l’intervento di don Davide, che calmò le acque ed evitò l’autodafé al vescovo svizzero.
Finito il mandato italiano, venne nominato rettore del seminario argentino di La Reja, anni prima era gestito da mons. Williamson, quando ancora faceva parte della FSSPX. Dopo un ampio ripasso di spagnolo condotto grazie all’aiuto di un ex seminarista nativo delle Canarie, partì alla volta del Nuovo Mondo.
La permanenza a La Reja pare aver rafforzato una visione di saggia intransigenza, prudente rispetto all’accordo con le autorità romane.
L’11 luglio 2018 il Capitolo della FSSPX lo ha eletto superiore generale. Dopo oltre 20 anni di “regno” di mons. Fellay, don Davide è il primo a ricoprire un incarico così alto senza alcuna designazione, anche indiretta, di mons. Lefebvre.
Sopratutto è il primo italiano (emiliano-romangnolo) che assurge a questo ruolo in una Fraternità in cui gli italiani rappresentano una stretta minoranza.
Insieme con i suoi assistenti, Mons. de Galarreta e l’abbé Bouchacourt, pare rappresentare, almeno sul piano simbolico, una rottura con la linea super-accordista tenuta sino ad oggi dalla Casa Generalizia, un passo “di lato” rispetto alla marcia verso una prelatura legata al doppio filo con le autorità bergogliane. Necessario però essere prudenti con gli entusiasmi: l’esito di questo Capitolo evita un male sicuro in favore di un bene possibile, forse nemmeno probabile. Si può dire che sia andata nel migliore dei modi, ma che sia andata bene è molto presto per dirlo.
Al netto del gossip, tuttavia, a don Davide va riconosciuto un curriculum rilevante che descrive competenza, abilità di governo e preparazione.
Questo il passato, il futuro dirà il resto.
non capisco cosa voglia dire “ avere una visione di saggia intransigenza e prudente rispetto all’accordo con le autorità romane”.
Le “autorità romane “ o sono o non sono tali. Se sono, le rispetti integralmente – al papa, che quelle autorità rappresenta, si deve la massima obbedienza – se non sono, le rifiuti, e le smascheri: altro che rispetto!
Non basta rappresentare una rottura con la linea ‘super- accordista’, quasi a significare che si vuol perseguire una linea in qualche modo, parzialmente, ‘accordista’: accordista su cosa?
Chi determina i punti d’accordo? Don Davide?
Certamente, il futuro dirà tutto chiaramente. Ma anche l’inizio dovrebbe essere chiaro.
bbruno: “Le ‘autorità romane’ o sono o non sono tali. Se sono, le rispetti integralmente
…………..[…] se non sono, le rifiuti e le smascheri: altro che rispetto!”.
Questa che Lei propone, signor bbruno, è l’antica, cristallina e SANA mentalità del SI SI, NO NO proposta da nostro Signore Gesù Cristo. Ma siccome tutto si evolve – compreso Gesù e le Sue Verità rivelate – come del resto ci conferma il nostro Ciarlatano argentino, avviene allora che ci ritroviamo con il SO SO, NI NI.
Sempre in forza dell’evoluzione, avviene anche che una banda di delinquenti che invade ed occupa la Sede del Vaticano diventa ‘autorità’ nei confronti della quale noi Cattolici, da padroni di casa, ci ritroviamo ad esercitare “prudente rispetto”.
Preghiamo Iddio che don Davide Pagliarani NON sia un evoluzionista da capogiro!!!
Con le autorità romane del cv2,occorre soprattutto essere semplici come le colombe e prudenti come i serpenti,il resto lo fara’il Buon DIO.
Le cose del Signore sono di momento in momento;penso che il metodo di Don Davide sia prudentemente questo ne trattare con le autotita’romane.
Mi sembra un’ottima scelta, non solo per i rapporti con Roma, ma anche per una necessità di una maggior attenzione a fermenti interni, che se per il momento sembrano circoscritti alla Bretagna non è detto che non si estendano e abbiano un effetto disgregatore certamente non auspicabile. Mons Fellay è un buon diplomatico ma mi sembra che occorra anche una capacità di capire le motivazioni dei fedeli, sapendo intervenire con la necessaria sensibilità pastorale. Mi sembra che il Capitolo abbia agito in questa prospettiva.
La Samaritana: “Mons. Fellay è un buon diplomatico…”.
Direi, signora La Samaritana, che mons. Fellay è un ‘ottimo’ diplomatico, dove il termine ‘diplomatico’, tuttavia, va inteso nel suo significato – NON ‘politicamente corretto’ – ma ‘veramente corretto’ di “ipocrita”.
Grazie alla redazione per questa breve presentazione di padre Davide. Non ho finito di leggere l’articolo che mi e’ sembrato subito un curriculum di spessore che mostra competenza e speriamo capacita’ in tempi tanto difficili. La scelta fatta dalla confraternita e’ interessante anche per l’eta’ ancora giovane del nuovo superiore. Chissa’ che sia seguita dalla chiesa con l’elezione di un papa giovane dopo due papati arrivati al soglio in eta’ gia’ avanzata.
Francesco: “Chissà che sia seguita dalla chiesa con l’elezione di un papa
………………..giovane dopo due papati arrivati al soglio in età già avanzata”.
Francamente, signor Francesco, non capisco il Suo interessamento ad un falso papato di una falsa chiesa che NULLA ha a che fare con la Chiesa Cattolica. Piuttosto mi interesserei, se fossi in Lei, all’elezione di un Papa Cattolico che alla Chiesa Cattolica MANCA da sessant’anni. Non Le sembra?
Beh, se son rose fioriranno. Ma ho il timore assai forte che siano appassite sin DALLA “IMPLANTATION”. uNSOLO ESEMPIO MA ALTAMENTE SIGNIFICATIVO (A PARER MIO): NEL VEDEO DI AUTOPRESENTAZIONE DI DON dAVIDE NON C’è una sola parola SULLA “CRISI NELLA CHIESA” E SU ARGOMENTI ANALOGHI. iL SUCCOI, INSOMMA, DI TUTTA LA RESILIENZA. iNSOMMA, PER DON dAVIDE SEMBRA CHE TUTTO VADA BEN MADAMA LA MARCHESA. iN UNA CIRCOSTANZA SIMILE, QUALORA AVESSE VOLUTO FARLO, AVREBBE DOVUTO MARCARE LE DISTANZE DALL’ACCORDISMO FELLAYANO ALMENO CON QUALCHE ACCENNO UN PO’ CORAGGIOSO. o NO?
come vede, questi sono sempre al punto – almeno sembra dai loro discorsi – di dovere ‘corrigere’ la Chiesa quanto a dottrina. Esattamente l’ inverso di quanto deve succedere.
Redazione: “…a don Davide va riconosciuto un curriculum rilevante che descrive
………………..competenza, abilità di governo e preparazione”.
Desidero sperare che per “abilità di governo” s’intenda – più specificamente – il coraggio della Verità congiunto alla consapevolezza della sua inerente non-negoziabilità. Perché questo è stato il punto storicamente debole – e potenzialmente fatale – della FSSPX: il riconoscimento in sede privata della Sede vacante forzato a coesistere – in nome della ‘prudenza’ – con il suo ripudio in sede pubblica.
Chiaramente, un vicolo cieco!
Che don Davide abbia il coraggio di scegliere la Verità e ad essa restare unito fino alla fine! Perché o si è con la Verità, o si è contro di essa: una via di mezzo non esiste.
Gentile sig. Mirabile-caruso, mi sembra di capire che per lei la Verità coincida con il sedevacantismo e che su questa base lei accusi monsignore. Fellay di ipocrisia e, anche don Davide, se non si esprimerà in base a questa precomprensione dottrinale. Così dicasi di tutta la FSSPX. Se ho capito male mi scuso, non per considerarla sedevacantista, visto che è una (eventuale) constatazione e non un’ offesa, ma è esclusivamente per comprendere correttamente la sostanza dei suoi interventi.
Un’ offesa sentirsi dare del sedevacantista? Quando mai!
Se la “Verità” ( e la logica , quindi) s-coincide col sedevacantismo, allora dov’è il problema? Che ci sta a fare la FSSPX e ora don Davide? Obbedite alla Sede Piena, basta con le pretese di raddrizzare Roma, che questo compito appartiene a Roma, e smettetela di frignare sì, ma, no così. Perché la Sede o è piena o è vuota, tertium non datur: non sarà l’ ingombo materiale di un Bergoglio a renderla piena!
(scusate l’intervento, ma mi sentivo chiamato in causa)
La Samaritana: “…e che su questa base lei accusi monsignore Fellay di ipocrisia e,
………………………anche don Davide […]. Così dicasi di tutta la FSSPX”.
La prego di ascoltare, gentile signora La Samaritana, perché abbiamo un equivoco e vorrei chiarirlo prontamente. Lei ha scritto nel Suo commento “Mons. Fellay è un buon diplomatico…” ed io ho replicato esprimendoLe il mio pieno accordo con la Sua valutazione, anzi ho innalzato il Suo “buon” ad “ottimo” al preciso scopo di significarLe che ‘più di così non sarei potuto essere d’accordo con Lei’.
Ora, io non penso che Lei abbia inteso ‘accusare di ipocrisia’ mons. Fellay considerandolo un buon diplomatico; non capisco, quindi, come Lei possa ritenermi passibile di questa accusa non solo nei confronti di mons. Fellay, ma potenzialmente anche di don Pagliarani e di tutta la FSSPX, per il sol fatto di avere condiviso la Sua valutazione.
Emerge chiaro che tutto questo equivoco resta sulla parola “diplomatico”che noi tutti – non soltanto Lei – usiamo un po’ sbadatamente senza renderci conto, o facendo finta di non renderci conto, del suo doppio significato: quello “vero” di ‘falsità istituzionalizzata’ e quello “falso” di ‘verità presunta’. Nei nostri rapporti mondani, con la scusa vana di barcamenarci per sopravvivere, la maggior parte di noi sceglie di giocare alla ‘verità presunta’ senza pienamente comprendere che, così facendo, condanniamo la nostra anima alla dannazione eterna.
Anche persone molto intelligenti mancano platealmente il punto che la Verità non è un giocattolo col quale si può giocare impunemente, accettandolo oggi e rifiutandolo domani secondo i nostri umori della giornata. Anche mons. Lefebvre – uomo di grande Fede, intelletto e coraggio, il solo ad ergersi, e distinguersi, sopra la Platea Cattolica – attraversò tutta la Sua vita post-conciliare attanagliato dal tremendo travaglio di abbraccio-rifiuto della Verità: la Verità, in sede privata oggi, che la Sede Pietrina era vacante, e la Verità, in sede pubblica domani, che l’uomo Wojtyla era il Santo Padre. Non senza una ragione la FSSPX fu destinata da mons. Lefebvre al compito della formazione di nuovi sacerdoti autenticamente cattolici, e NON, invece, al compito ben più CRUCIALE di quel momento storico: la restituzione del Papa alla Chiesa che, al Conclave del 1958, Le era stato sostituito con un falso papa – e da quel momento con un falso papato – che sarebbe stato il servitore di due padroni: la Chiesa di Dio e la Sinagoga di Satana!
Perché, mia cara Interlocutrice, noi Esseri umani siamo stati creati per vedere e parlare con Dio, come fecero Adamo ed Eva prima del peccato. Ancora oggi – se indissolubilmente ed incondizionatamente legati alla Verità – ci é concessa l’originaria grazia di vedere e parlare con Dio. Ma subentrano le tenebre sui nostri occhi e sulla nostra mente allorquando il nostro abbraccio con la Verità diventa incerto e condizionato. Questo è ciò che avvenne al nostro eroe Marcel Lefebvre, questo è ciò che continuò ad avvenire al Suo incerto Successore.
Questo è ciò che io prego e spero NON avvenga al nostro nuovo Superiore Generale don Davide Pagliarani!
questo “eroe” doveva rifiutarsi di prender parte alla commissione preparatoria di un concilio indetto da un papa che papa non era, doveva rifiutare di essere nominato Assistente al Soglio Pontificio quando su quel soglio sedeva un papa che papa non era, il vostro eroe doveva co-firmare la denuncia della messa ‘nova’ , il “Breve esame critico”, insieme ai cardd. Ottaviani e Bacci, e mai e poi mai chiamare i papi di quella messa , e della liturgia connessa,“Vicari di Cristo”…. Con chi calpesta la Verità scientemente, nessun riconoscemento è possibile, nessun dialogo è possibile. Mons. Lefebvre doveva lanciare il suo anatema contro la Roma conciliare. Punto. Esattamente come un altro vescovo, il Patriarca di Leopoli, ha fatto, con il coraggio della vera fede. Altro che pietire impossibili concordanze!
Chi è o era questo Patriarca di Leopoli che avrebbe scagliato l’anatema contro al Roma Conciliare?
Link per vedere e sentire il patriarca di Leopoli: vkpatriarhat.org/it/?p=2758.
E se poi non basta, si può sempre leggere san Paolo in Gal. 2,6.
Il brano Singapore dei Nuovi Angeli è un mio ricordo d’infanzia:-)
Avete visto ora la “nomina” dei due “consiglieri”?
Mons. Fellay e don Schmidberger.
Per chi conosce la Fraternità, due nomi che spiegherebbero molte cose, tra cui l’elezione di don Davide.
Inutile scomodare Andreotti: a pensar male si fa peccato e tuttavia…
Ma i fatti son fatti: due nomi che non mi pare proprio abbiano contribuito a quello che sarebbe dovuto essere l’alto compito della FSSPX, specialmente dopo la scomparsa del fondatore!
Vi aspettiamo tutti al varco, e quando vedremo il don Davide ricevuto dal geometra argentino, ci confermeremo nelle nostre perplessità (rectius sospetti) senza timori andreottiani.
Per il bene della tradizione, e nonostante tutto, preghiamo perché quel giorno non giunga mai.
fino a quando questa Fraternità non lancerà il suo anatema contro la chiesa del vaticano II, tutta la sua battaglia ‘ contro ‘ è solo uffa. Non mi stancherò mai di ri-peterlo. E i fatti mi danno conferma…
Gli anatemi li lancia il Papa, non una Fraternità!
certamente, un papa! Ma qui papa non c’è.
Tanto è vero che c’ è una Fraternità che vuole fare da papa, correggendo il papa, quando le correzioni le deve fare il papa.
… e potremmo anche dire così: quando manca chi deve lanciare l’anatema, l’anatema è già automaticamente scagliato contro chi sovverte il Vangelo, fosse costui anche un angelo . “Anatema sit”, sia bandito dalla comunità cristiana, sia maledetto, come dice San Paolo. E con costoro non si cercano approcci, chiaro?
Condivido in tutto e per tutto la tua posizione, bbruno.
Come sempre.