Il 17 luglio 1918 veniva assassinato dal giudeo-bolscevismo l’imperatore Nicola II insieme a tutti i Romanov. Il titolo monarchico russo, prima di Ivan IV il Terribile, era quello di “Principe di Moscovia” sostituito dallo stesso Ivan con quello di “Zar” (da “Cæsar”) nel 1561, fino al regno di Pietro I Romanov che rese lecito anche l’utilizzo del termine “Imperatore”.
Il trono russo è stato nemico di Roma praticamente da sempre, l’identificazione del proprio sovrano con il titolo di “Cesare” come inteso da Ivan il Terribile è sempre stato uno sfregio nei confronti del Papato e della dottrina della plenitudo potestatis professata dalla Chiesa e dalla Sede Apostolica, l’unica ad avere l’autorità e il diritto per costituire l’Imperatore dei Romani, autorità e diritto negati dai ghibellini ad occidente e dai cesaropapisti ad oriente (spesso in modi differenti seppur compatibili).
Tutti gli Zar di Russia – Nicola II incluso – vissero e morirono nell’eresia e nello scisma e fecero del “Patriarcato” di Mosca una emanazione del potere politico, emanazione che utilizzarono non di rado nel corso della storia come mero instrumentum regni. Detto ciò, con i Romanov muore per mano comunista una delle ultime monarchie tradizionali (nella forma) della storia; uno dei più potenti e grandi imperi di sempre, un impero che confido Dio possa un giorno ripristinare e rinnovare nella fede Cattolica Apostolica Romana, strappato alla perfidia di Marco d’Efeso e posto nella vera ortodossia.
Non conosciamo la sorte eterna dei Romanov, come non conosciamo con certezza quella di tutti gli eretici e scismatici morti in tale stato, non sappiamo se Dio nella Sua infinita giustizia abbia trovato nei loro cuori un motivo di giustificazione ai delitti commessi in vita. Quello che sappiamo e che ci è stato trasmesso è che se si è fuori dalla Chiesa per propria colpa non ci si può salvare.
A questo proposito potremmo avere più probabilità di indovinare la sorte eterna degli assassini dei Romanov e di tutti quelli che hanno lo stomaco per assassinare i propri sovrani e fare barbaramente scempio delle loro spoglie.
Cajetanus