di p. Vittorio Veneziani (Fonte: RiscossaCristiana.it)

Il fatto che siamo arrivati al punto di considerare la sessualità come un fattore “interscambiabile” (con tutta la questione del gender) la dice lunga circa la crisi più grave della storia per quanto riguarda la tematica della famiglia e dei ruoli dell’uomo e della donna al suo interno, come anche rispetto alla società. Mi sorprende che, da parte di noi cattolici, non ci sia un’uniforme “alzata di scudi” contro questa ondata demoniaca tendente a distruggere le più profonde radici del nostro essere e della nostra Fede.

Sarebbe opportuno, ma anche piuttosto lungo, ripercorrere le diverse tappe del processo che ha portato alla situazione attuale. Io mi accontenterei di fare un accenno molto generale al ’68, con il suo sistematico attacco alle istituzioni sociali e politiche, alla scuola, alla morale naturale e cristiana, al mondo del lavoro, alla famiglia, alla religione, alla cultura in genere e alla tradizione, e alle cosiddette “scienze” che, in nome di una certa “verificabilità”, hanno escluso l’esistenza della componente “spirituale” del nostro essere (l’anima) e di Dio stesso.

Il ’68, senza dubbio, fu suscitato e affiancato da ideologie (soprattutto comuniste-radicali-anarchiche e femministe) che, non avendo potuto scalzare precedentemente le robuste fondamenta di una cultura improntata al cristianesimo da quasi due millenni, hanno trovato nei giovani un esercito di burattini irrazionali e semi-analfabeti (abituati a vivere nella bambagia e con nessuna voglia di studiare), a volte drogati nel vero senso della parola, o nella maggioranza dei casi “ubriacati” da menzogne spacciate per “ideali di giustizia”, e per questo disposti a lasciarsi usare per scopi a dir poco disonesti.

Anche molte cosiddette “scienze” hanno avuto bisogno di una cospicua massa di creduloni che, senza alcuna obbiettività, fingessero di non vederne gli insormontabili limiti. Le scienze, infatti, con estrema evidenza, riescono solo a parlare di fenomeni chimici, biologici o fisici, mentre della psiche – la psicologia non è una scienza in senso stretto – e di tutto ciò che differenzia l’essere umano dagli animali (l’anima e la possibilità di una relazione personale con Dio e con i fratelli) non riesce a dire quasi nulla. Grazie a questa massa irrazionale e all’indifferenza di una generazione di adulti disillusi e interessati solamente al benessere economico perché traumatizzati da una terribile guerra, è stato possibile cancellare almeno duemila anni di storia nobilitata da vere e proprie “cattedrali” di cultura, di arte, di levatura morale, di ordine sociale, di presenza di Dio nella storia umana.

Le conseguenze di questi “movimenti”, si deve ammettere, sono penetrate anche nel più intimo delle strutture della Chiesa erodendo, poco a poco, le basi delle certezze più assolute.

Quel che mi preme sottolineare, tuttavia, è che, a prescindere dalle varie responsabilità, ai nostri giorni stiamo pagando care le conseguenze di questa “rivoluzione” preparata meticolosamente nei minimi dettagli da secoli di tentativi di vario genere, attuati sempre nella medesima direzione. Come quando si devono demolire delle strutture in cemento armato (lavoro che conosco bene, avendo adoperato il martello pneumatico per giornate intere), all’inizio sembra che non succeda niente, ma poco alla volta, cercando i punti più deboli, si riesce a far venire giù tutto.

L’accenno al ’68 e a quanto avvenuto prima (pensiamo al luteranesimo, all’illuminismo, al comunismo, al fascismo e al nazismo, a tutto il progresso scientifico e tecnologico), mi sembra importante per dire che la crisi della famiglia e della figura dell’uomo-sposo-marito e padre riguarda tutta la realtà umana e non solo un suo piccolo ambito. Infatti quello che è stato messo in crisi è l’essere umano nella sua totalità.

Il vero scopo di questa crisi è stato quello di annullare e far sparire principalmente la figura del Padre (contestando innanzitutto l’autorità e poi tutto quello che segue) e quindi di Dio stesso, che è all’origine di tutte le cose e dell’esistenza del nostro essere. Distruggendo la figura del Padre e di Dio, non sappiamo più darci un’identità o dei connotati precisi, o stabilire dei confini tra noi e il mondo animale. Una lunga serie di leggi testimonia questa deriva causata da una perdita radicale dell’identità del nostro essere umano. Ecco la necessità e l’urgenza, credo, di riscoprire la figura e il ruolo del padre, in quanto rappresentante di Dio, e figura dell’uomo.

I pretesti per arrivare alla demolizione della figura paterna e dell’uomo, sono stati ovviamente, come in ogni tipo di rivoluzione, numerosissimi (a volte giustificati da comportamenti sbagliati), ma il risultato è stato comunque catastrofico. Farne l’elenco (tipo il maschilismo, le discriminazioni per quanto riguarda l’educazione e il lavoro, ecc.) sarebbe lungo, ma penso che non sia indispensabile in questo momento.

Quel che appare più evidente è che si è trattato di un modo obliquo per estromettere definitivamente Dio dalla vita dell’uomo e per raggiungere lo scopo demoniaco rappresentato dalla pretesa originale di poter disporre della “conoscenza del bene e del male”, cioè della possibilità di decidere, autonomamente da Dio, che cosa sia il bene o il male. Chiaramente la vera radice di tutto è sempre nella ribellione del demonio e dell’essere umano a Dio. Tutto qui.

Per questo l’attacco alla figura del Padre è in definitiva un attacco a Dio. Questo il problema vero della riduzione della figura maschile a “fantoccio” o inutile “spaventapasseri” di questa generazione. Non c’è film, programma televisivo o romanzetto, nel quale l’uomo non venga rappresentato come un cretino, o un essere inutile, oltre che incapace e ingombrante, oppure un animale succube dei suoi desideri per lo più sessuali. Il meglio che si possa trovare è un uomo-scorta o stampella di una donna molto intelligente e intraprendente (i muscoli normalmente si sprecano per gli uomini, ma le donne ormai non si fanno battere facilmente neanche in questo).

Ritengo che la nostra teologia dovrebbe dedicare un grande sforzo ad approfondire e riproporre il tema della paternità di Dio, in quanto la Storia, la Scrittura e la Chiesa ci testimoniano un Uomo, Gesù Cristo, che Si è preoccupato per tutta la vita di fare la volontà del Padre Celeste. Dietro ad ogni Suo discorso o Preghiera, c’è sempre il Padre.

Se guardiamo a Gesù Cristo, vediamo in Lui l’esempio di ciò che è più “specifico” dell’uomo: l’andare a combattere nel deserto contro il demonio, “dire le cose che ho udito dal Padre mio”, compiere l’opera affidataGli dal Padre di annunciare il Vangelo, di guarire, di cercare la pecora perduta, di offrire la Vita per le pecore, “bevendo il Calice” preparato dal Padre, e infine di consegnarsi completamente al Padre sulla Croce dopo aver affidato noi suoi figli alla Vergine Maria, “Nuova Eva”. Gesù Cristo è il Nuovo Adamo che riscatta l’umanità dalla colpa del peccato, l’Uomo Celeste, la nuova umanità che entra nella Terra Promessa. Gesù Cristo ha fatto presente la “paternità” del Padre Celeste nella Sua propria Carne e nella Storia che Gli è stata data da vivere.

Allo stesso modo, ogni apostolo, missionario o cristiano, a immagine di Cristo, ha una “paternità” da rendere visibile, ciascuno nell’ambito e nella storia concreta nella quale Dio l’ha posto (in famiglia, nel lavoro, nella Chiesa e nel mondo). Come San Paolo, che rivendica una paternità nei confronti dei cristiani di Corinto ai quali ha annunciato per primo il Vangelo (cioè prima che arrivassero i “super-apostoli” che si facevano forti delle fatiche altrui).

Ogni uomo, alla luce di Gesù Cristo, credo che abbia proprio questa missione di far presente la “Paternità” di Dio diventando a sua volta colui che va per primo a combattere le menzogne del demonio e va a cercare tutto ciò che è perduto per strapparlo dalle fauci dei lupi, e che infine che dà la vita caricandosi del peccato dell’altro. Se questa, tuttavia, non è una prerogativa solamente dell’uomo, è comunque un’indicazione inequivocabile del vero “modello” al quale ogni uomo (sposo, marito, padre, e prete) è chiamato ad ispirarsi. Non credo che ci sia molto da annoiarsi se riprendiamo il nostro compito da dove l’abbiamo interrotto e non credo neppure che ci possiamo sentire “derubati” se nel mondo ci sarà chi cercherà di imitare o falsificare questo ruolo tanto importante ed essenziale. L’importante è che ci mettiamo all’opera seguendo Cristo, il Vero Maestro e Vero Uomo.

Sappiamo che il demonio è stato “invidioso” (e omicida) fin dagli inizi, avendo voluto sostituirsi a Dio. Anche oggi il ruolo e la figura dell’uomo sono “invidiati” e perciò sottratti agli uomini, nella convinzione che ogni ruolo possa essere sostituito o “migliorato” a piacimento.

Il compito dell’uomo è anche quello di cercare e fare sempre presente la direzione della nostra esistenza e la strada per raggiungerla. Gesù ha cercato solo e unicamente di compiere la volontà del Padre, indicando in modo inequivocabile che quella volontà, e solo quella, è capace di vincere la morte e il potere del peccato e del demonio per introdurci nella vita eterna.

Importante, inoltre, ricordare che tutto l’insegnamento di Gesù e la Sua opera, non sono stati consegnati a noi semplicemente nella forma di libri o registrazioni, bensì attraverso una Chiesa viva, attraverso fatti, avvenimenti reali dentro la storia. La Chiesa non si preoccupa di “descrivere” Dio (dal momento che nessuna intelligenza riuscirebbe a contenere un essere infinitamente più grande delle nostre capacità), ma Lo fa presente indicandone le “orme” da Lui lasciate nella storia, soprattutto attraverso Gesù Cristo. “Orme” che possono essere interpretate attraverso un “alfabeto” che è appunto l’esperienza di Israele e della Chiesa (che troviamo particolarmente presente nella scrittura e nella tradizione viva della Chiesa).

Negare valore e importanza alle nostre azioni nella storia (in dialogo con Dio), è una vera umiliazione e una negazione nei confronti del nostro vero essere uomini con una vocazione celeste ed eterna. Infatti sempre, dentro la storia, Dio dialoga con noi attraverso eventi particolari che Lui permette nella nostra vita per farci “innamorare della vita eterna e dello stare in comunione con Lui”. Fatti che sono irripetibili per ciascuno, come irripetibile è la vita. In questo senso c’è come una “gelosia” di Dio che vuole avere con ognuno di noi un rapporto personale ed esclusivo, come il genitore che, avendo più figli, riserva per ciascuno momenti ed espressioni particolari di amore affinché nessuno si senta considerato come un numero in un allevamento di polli.

Il fatto, dunque, che il ’68, come moltissime altre rivoluzioni, e con l’appoggio delle “scienze”, abbia riservato tanto odio verso la storia, le tradizioni e tutto ciò che in esse è stato vera “incarnazione” di Dio, aiuta sicuramente a comprendere la sua vera origine. Per questa ragione è ancora più urgente e necessario ricomprendere l’essere umano alla luce della Rivelazione, per poter restituire all’umanità quella direzione e quel senso che sono andati in gran parte perduti.

Proprio per rispondere a questa vitale necessità, dunque, bisogna riproporre la figura e il ruolo dell’uomo quale garante dell’ordine voluto da Dio. Quando San Paolo dice che prima viene l’uomo e poi la donna e non viceversa, ho l’impressione volesse dire che “prima di tutto viene il disegno di Dio sull’umanità e sulla storia e poi viene la nostra libera adesione, oppure il rifiuto del Suo disegno eterno”.

Ecco, anche in questa prospettiva, la responsabilità e il compito dell’uomo come costante “richiamo alla storia” quale cammino verso la vita eterna. Richiamo che comporta vigilanza, perché il Vangelo non rimanga lettera morta o venga interpretato a piacimento da chiunque: è importante, dunque, che gli uomini sappiano riconoscere come e dove il Vangelo si attua nella vita di ciascuno, per poter vedere se si tratta di un’opera di Dio o del demonio. Questo è quello che hanno fatto molti Santi e in particolare i Monaci del Deserto. Voglia Dio che nuovamente nella Chiesa appaiano questi uomini e questi combattenti!

Le “regole” di questo immenso dono, per la nostra salvezza che è la vita eterna, non le possiamo stabilire noi. Perché il loro vero cuore è costituito da un Amore (in quanto caritas e non passione egoistica) che “si espande all’infinito” desiderando dare, dare, dare. Noi, senza questo Amore, senza una relazione con Dio, siamo solo dei “buchi neri” capaci di ingoiare tutto per il nostro piacere, per noi stessi, incapaci di dare. Ecco la ragione e il senso vero della “sottomissione” di Gesù al Padre.

Pertanto, per quanto mi è dato di capire, il compito di qualunque uomo (sposato, non sposato, prete o non prete) dovrebbe essere fondamentalmente quello di collaborare con Cristo nel condurre l’umanità al Cielo in un esodo che porta alla terra promessa che è la Comunione con Dio e con i fratelli. Come il capitano di una nave che ha la responsabilità di condurla a destinazione, o come un pastore che ha il compito di vigilare sul gregge e difenderlo dai lupi, per condurlo al sicuro nell’ovile.

Numerosissimi altri aspetti, riguardanti l’uomo, si dovrebbero fare presenti, ma sarebbe troppo lungo parlarne ora. Li lascio a chi, molto meglio di me, ha la capacità di illustrarli.

Auspico infine che noi uomini, sposati, non sposati, preti e pastori, abbiamo il coraggio e la valentìa di apprendere, attraverso l’aiuto della Scrittura, della Tradizione viva della Chiesa e dei suoi insegnamenti, come anche della storia, quale sia il nostro vero compito di saper distinguere i veri dai falsi profeti del nostro tempo per avere sufficiente forza nel combatterli a viso aperto, nel collaborare con la missione di Cristo di offrire la nostra vita in difesa soprattutto dei più deboli (particolarmente dalle menzogne e dagli inganni del demonio), e di condurre questa generazione al Cielo e all’eredità che ci è stata preparata da Dio Padre.