Di Massimo Micaletti

Ogni nuovo sviluppo della diabolica vicenda degli abusi sui seminaristi, perpetrati da prelati con tendenze omosessuali, è penoso da commentare ed è penoso perché si tratta di gettare il sale su una ferita che già di suo si rimarginerà in lungo tempo. La paura è che, nel parlare di queste cose, si finisca per rafforzare l’equazione laicista ed ottusa “prete = pedofilo”, finendo per contribuire a sfigurare la Sposa di Cristo. Ma la Sposa di Cristo, in quanto tale è monda, immacolata, impeccabile chi pecca contro di lei non può insozzarne il viso: la Chiesa in quanto corpo mistico di Cristo è immune al lordume di quanti indegnamente ne fanno parte, sicché va vinto il dolore nel denunciare, nella consapevolezza che lo si fa per il bene della Chiesa stessa e non – come certo fronte anticattolico che pure molto sta godendo negli ultimi tempi – per denigrarla ed avvilirla.

Ciò premesso, dobbiamo constatare che il Pontefice sta mantenendo con rigore la linea del silenzio assoluto sui problemi enormi posti dalla questione omosessualità nel clero; a tale silenzio però, si accompagna una azione decisa che non lascia adito a dubbi su come stiano le cose.

Tralasciamo per brevità le voci che vogliono Mons. Viganò al centro di una vera e propria caccia all’uomo: la gravità della situazione va ben oltre il pur ponderoso dossier Viganò e solo una persona superficiale o in mala fede potrebbe pensare che il povero Vescovo sia il cattivone di turno quando invece in USA ed in America Latina il problema era noto e sotto gli occhi di tutti da anni. La vera linea di Roma sul punto si comprende da atti espliciti, pubblici, inequivocabili come la partecipazione di Padre James Martin all’incontro mondiale sulla famiglia di Dublino dello scorso agosto. Si potrebbe obiettare “Ma Martin ha parlato prima che esplodesse lo scandalo Viganò”: certo, ma già allora, come ho scritto poc’anzi, il bubbone era enorme e non bisognava attenderne l’esplosione (dello scandalo o del bubbone, fate voi) per comprendere che indicasse un male sin troppo avanzato. Più che altro, il senso ed il fine di quell’obiezione vengono fatalmente frustrati se, ad esempio, si guarda all’elenco dei partecipanti alle varie sessioni del prossimo Sinodo dei giovani, in programma a Roma in ottobre, elenco che lascia poco spazio a dubbi.

Ci troviamo infatti Padre Spadaro – nessuna sorpresa – sulle idee del quale già tanti hanno scritto e detto; i Cardinali Cupich e Tobin, fautori di un “cambiamento di paradigma” per la dottrina cattolica sull’omosessualità; il Cardinal Marx, che ritiene che le unioni gay debbano essere benedette dalla Chiesa; Mons. Paglia – nemmeno lui poteva mancare, anche perché è a capo del Dicastero Vaticano su famiglia e vita – che ha parlato di “eredità spirituale” di Marco Pannella e che più di una volta si è espresso a favore del riconoscimento delle unioni civili; il Card. Maradiaga e Mons. Delpini e Di Nardo, coinvolti da tempo in vicende connesse alla copertura di scandali omosessuali; il Card. Farrell, intimo dell’ormai famoso McCarrick.

Questo offre il menu, questi sono i frutti del silenzio, silenzio peraltro affatto singolare, datosi che il Papa prima ha chiesto scusa per gli abusi dei preti e poi, quando vengono fuori nomi e cognomi, ha ritenuto di non dover dire più nulla.

Ora, credo sia innegabile che abbiamo un problema: all’incontro delle famiglie abbiamo trovato Padre Martin, al Sinodo troveremo Cupich, Marx e compagnia bella. Ha ancora senso seguirne i lavori? Per sentire cosa? Cosa ci si può aspettare? Martin a Dublino non ha affatto tradito le “aspettative”, dispensando errori dottrinali e bugie sulla chiesa; è quindi prevedibile che, dati i partecipanti, da questo Sinodo verrà fuori l’ennesimo documento ambiguo o che, comunque, costituirà l’esplicita risposta al problema posto da decine di atti predatori omosessuali ai danni di seminaristi e fedeli. Questo sarà offerto ai nostri giovani e io personalmente continuerò serenamente a proporre ai miei giovani i pensieri di Pio XII[1].

Può sembrare, questo, un processo alle intenzioni, e magari per vero lo è, ma mentre Francesco resta in operoso silenzio, l’omoeresia prende sempre più piede e dai prelati si riversa, in men che non si dica, nei documenti e da questi al magistero. Il Papa tace, quei prelati parlano, sorridono, scrivono e l’omoeresia cammina, zitta zitta.

 


[1] Mi piace ricordare un passo del discorso di Pio XII ai giovani francesi nel 1947 “Lo spirito maligno, che non si dà mai per vinto, raddoppia in questo tempo i suoi sforzi nella lotta contro la Santa chiesa e contro ogni società umana ben ordinata, contro Dio stesso e contro Cristo. È l’accanimento che vi mette sembrerebbe far presagire la soluzione definitiva in suo favore, se non sapesse che la lotta durerà fino alla fine del mondo e si risolverà nella vittoria di Cristo e nel trionfo finale della Sua Chiesa. Intanto, lo spirito del male dissemina rovine, fa innumerevoli vittime: vittime quelli che, ciecamente, si lasciano vincere, deportare, rendere schiavi da lui; vittime pure, – fortunate sì, ma doloranti -, quelli che perseverano nella santa libertà dei figli di Dio, a prezzo di eroici sacrifici. Chi vincerà? I forti! E i forti siete voi, voi, i giovani, i veri giovani, la cui giovinezza si sviluppa sana e vigorosa, il cui spirito sale senza tergiversazioni nella luce della parola di Dio, il cui cuore puro, fiero e generoso sa vincere, in sé prima di tutto, lo spirito del male. Fortes estis, verbum Dei manet in vobis, vicistis malignum.