di Luca Fumagalli

Nel 1899 venne pubblicato uno dei romanzi più importanti della narrativa cattolica inglese moderna: One Poor Scruple di Mrs Wilfrid Ward (Josephine Mary Hope). L’autrice – nata nel 1864 e scomparsa nel 1932 – era la discendente di una famiglia aristocratica “recusant”, e qualche tempo prima aveva sposato il noto polemista Wilfrid Philip Ward (figlio di William George Ward, convertitosi alla Chiesa di Roma sulla scia di Newman). One Poor Scruple tratta del conflitto tra la morale religiosa e i desideri umani, un tema già più volte affrontato dai romanzieri dei decenni precedenti; però nessuno, a differenza della Ward, era mai stato in grado di descrivere la questione con tanta maestria ed efficacia. I personaggi sono reali, vantano una psicologia complessa e non hanno nulla dello stereotipo. Inoltre il libro fornisce al lettore un convincente spaccato della upper-class britannica al tramonto dell’Età vittoriana.

Nel libro, la famiglia cattolica dei Riversdale, vissuta in campagna per generazioni, è messa a confronto con la spumeggiante società londinese. Madge Riversdale, appena rimasta vedova, sta vivendo una profonda crisi: è innamorata di Lord Bellasis, ma quest’ultimo è divorziato. La donna, sempre più tormentata, alla fine cede e viene fissata la data del matrimonio. Nel frattempo la cognata Mary, una ragazza devota, sente che il Signore la sta chiamando alla vita religiosa. Racconta tutto a Madge che, a sua volta, rivela l’intenzione di sposarsi con Bellasis (nessuno della famiglia, naturalmente, ne era stato informato). La sera stessa, dopo essere andata in chiesa ed essersi confessata, Madge, ora serena, decide di annullare il matrimonio. Tutto sembra finire bene, ma si viene a scoprire che le azioni egoistiche della protagonista hanno portato al suicidio di una donna, Cecilia Rupert.

Basta solo questo abbozzo della trama per comprendere quanto One Poor Scruple sia molto diverso – e considerevolmente migliore – rispetto ai soliti “novels of renunciation” del XIX secolo. Il romanzo della Ward, infatti, è crudo, realistico, e il suo intento morale non è sin da subito palese. Piuttosto, al pari di un fiume carsico, l’apologetica si insinua elegantemente tra le pagine, per emergere solo occasionalmente, come qualcosa di naturale, lontano da ogni qualsivoglia forzatura. La vis polemica cattolica si incontra, forse per la prima volta, con le incertezze di un’epoca di passaggio, testimoniate, tra l’altro, dalla grande varietà dei personaggi presenti nel libro (si va da George Riversdale, il piccolo nobile “recusant”, a Cecilia Rupert, la protofemminista indipendente; da Mrs Hurstmonceaux, pettegola e ficcanaso, all’esteta fin de siècle Mark Fieldes).

Nei tre decenni successivi Mrs Wilfrid Ward scrisse molte altre opere interessanti.

Out of Due Time (1906), romanzo dedicato alla questione modernista, narra la storia di un gruppo di intellettuali impegnati in una logorante battaglia per “aggiornare” la Chiesa, con lo scopo dichiarato di ricondurre l’agnosticismo filosofico moderno nell’alveo della dottrina cattolica. La scelta di una protagonista femminile e la narrazione in prima persona testimoniano la vicinanza dell’autrice ai riformatori. Gli avversari, di contro, sono violenti, cocciuti e sottilmente vendicativi. Ma, lungi dalle facili contrapposizioni, il libro descrive, in realtà, uno scenario complesso e contraddittorio; per esempio, mentre elogia i modernisti, la Ward non può fare a meno di insistere sulla necessità di un’autorità infallibile a capo della Chiesa. Out of Due Time, al netto delle differenze, rimanda con tutta evidenza a Il Santo di Fogazzaro (1905), non a caso citato nell’epigrafe introduttiva.

Great Possessions (1909), una storia satirica di colpa e pentimento, segna invece il ritorno ai dilemmi morali e all’eterno scontro tra le esigenze della Fede e l’attrazione per il mondo. In una società votata al denaro e al successo, Molly Dexter eredita un’immensa fortuna e vive nel lusso più sfrenato. Dopo un po’ di tempo, stanca di un’esistenza vuota, Molly rinuncia a tutto: svela che nell’eredità è presente una clausola che, in verità, destina i soldi ad altri e non a lei. La psicologia dei personaggi è ancora una volta convincente. La ragazza, cresciuta come orfana da parenti freddi e distanti, cova un desiderio di beni materiali che è il naturale esito del suo abbandono, del suo essere rifiutata. Solo l’incontro con la Chiesa, nella figura di un giovane sacerdote, fa aprire gli occhi a Molly che si accorge di come, tra gioielli e feste, stia buttando via il suo futuro nel cassonetto dell’inutilità. Analoga trasformazione positiva avviene anche in un altro dei protagonisti, Edmund Groose, un ricco magnate condotto alla rovina dalle circostanze.

Ma il romanzo più interessante di Mrs Wilfrid Ward del periodo pre-bellico è sicuramente Horace Blake, pubblicato nel 1913. L’eroe eponimo, sposato con la fedele Kate, è un drammaturgo anticlericale ammalato di cancro. Decide, come ultimo viaggio, di recarsi in Bretagna con la figlia Trix. Qui ritrova la Fede e poco dopo muore. Fino a questo punto la trama di Horace Blake potrebbe sembrare non molto diversa da quella di tanti altri “conversion novel”. Peccato, però, che la scomparsa del protagonista avvenga quasi subito e che il resto della storia verta sugli effetti della sua conversione. Si è trattato di un gesto consapevole, realmente desiderato, o è stato determinato solo dalla paura di morire? Anche Stephen Tempest, un giovane che sta raccogliendo materiale per scrivere una biografia di Blake, fatica a trovare una risposta. Di pari passo alla scoperta di nuove e inquietanti notizie sul passato del celebre drammaturgo cresce anche l’incertezza del lettore, sciolta solo nel finale, quando Trix ritrova il diario del padre.  Horace Blake, che rimanda esplicitamente a Pascal e all’Huysmans di En route, è un compendio delle qualità letterarie della Ward. Si tratta di una riflessione acuta, tutt’altro che banale o prevedibile, sull’agnosticismo, sul cattolicesimo tiepido e sulla natura del peccato. Il “romanzo a tesi” viene elegantemente evitato per dare corpo a un prodotto notevole, anche dal punto di vista letterario.

I lavori successivi di Mrs Wilfrid Ward, quelli del periodo post-bellico, non raggiunsero mai la qualità dei suoi primi libri. L’unica eccezione è Tudor Sunset (1932), romanzo storico che rompe con certi stereotipi cari a mons. R. H. Benson per fornire al lettore un ritratto vivo dell’Epoca elisabettiana e del misto di attrazione e repulsione che i cattolici inglesi provarono per la loro regina.

Per concludere, i racconti della Ward vantano due qualità fondamentali, tra l’altro importanti per lo sviluppo della narrativa cattolica nella seconda metà del Novecento: la grande complessità psicologica dei personaggi, e la capacità di piegare lo strumento apologetico per adattarlo alle esigenze della scrittura. I suoi testi, oltre a fornire un’immagine eloquente della società del tempo, non assalgono frontalmente che legge con una morale preconfezionata, ma questa si svela con naturalezza, sovente nel finale; come la Grazia divina, il messaggio cattolico è invisibile alla superficie eppure è costantemente presente. Purtroppo i romanzi di Mrs Wilfrid Ward non sono mai stati tradotti in italiano e anche in Inghilterra il suo nome è ormai dimenticato (figurarsi che è praticamente impossibile, persino online, reperire una sua fotografia). È davvero un peccato perché, come visto, si tratta di una scrittrice di vaglia, drammaticamente attuale, una delle prime donne che seppe tingere di rosa l’apologetica moderna.


Fonte: R. GRIFFITHS, The Pen and the Cross, Continuum, Londra, 2010.