Nota di Rodio Spada : Il Professor Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, nato a San Paolo del Brasile il 10 dicembre 1929 e venuto a mancare il 19 settembre 2018, è stata una delle voci più autorevoli nella analisi della crisi che attanaglia la Chiesa Romana occupata dai modernista a partire dal Concilio Vaticano II. Tra i fondatori del giornale “Catolicismo” pubblicato sotto l’egida di Monsignor Antonio de Castro Mayer, Vescovo di Campos (1904 – 1991), è stato l’autore di molti ed importanti articoli in difesa dell’ortodossia cattolica, alcuni dei quali sono stati tradotti in italiano e pubblicati sul mensile “Cristianità”. Importantissimo è il suo “Considerazioni sull’Ordo Missae di Paolo VI” del 1970 (poi presentato privatamente a Paolo VI dal summenzionato Mons. de Castro Mayer), a cui era allegato anche lo studio “Ipotesi teologica di un Papa eretico” (recentemente ripubblicato dall’editore Solfanelli e presente nel nostro E-Commerce). Per onorare la memoria del dal Silveira e per la formazione dei nostri lettori pubblicheremo a puntate lo studio sulla messa di Paolo VI, avendo presente quanto su di essa affermarono i Cardinali Ottaviani e Bacci: “il Novus Ordo Missæ, considerati gli elementi nuovi, suscettibili di pur diversa valutazione, che vi appaiono sottesi ed implicati, rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino” (Lettera di presentazione del Breve esame critico del «Novus Ordo Missæ», Corpus Domini 1969).
INTRODUZIONE
Se si considerano con attenzione gli avvenimenti contemporanei, si è obbligati a riconoscere che il Santo Padre, il papa Giovanni XXIII, aveva del tutto ragione nel dire che oggi le azioni degli uomini e delle società sono rette da un “antidecalogo”. L’aspetto più grave di questa situazione è che, oggi come al tempo della condanna del modernismo da parte di San Pio X, “i fabbricanti degli errori si nascondono nel seno stesso della Chiesa, nel cuore stesso del gregge” (Enciclica Pascendi). È quello che ha indicato lo stesso Paolo VI con una saggia espressione divenuta subito celebre: la Santa Chiesa sembra impegnata in un processo di autodistruzione ad opera dei suoi stessi figli.
In questo processo generale di disintegrazione, le anime dei fedeli si volgono, come d’istinto, verso il Soglio di Pietro, alla ricerca di una conduzione chiara ed energica, in grado di porre fine alle follie che si diffondono negli ambienti cattolici. A lui, che è il “dolce Gesù sulla terra” (Santa Caterina da Siena), e senza il quale non v’è parola di vita eterna, i cattolici lanciano l’appello con cui il popolo eletto implorava Iefte di condurlo alla battaglia contro gli Ammoniti: “Vieni, sii il nostro condottiero!” (Giudici, XI, 6). Tuttavia, sorprese e perplessità sconcertanti sembrano oscurare la speranza di coloro che, come noi, sono incondizionatamente devoti alla Santa Sede. In occasione dell’entrata in vigore del nuovo Ordo Missae, alcuni membri tra i più eminenti della Gerarchia, al pari di certi teologi e di certi laici, hanno dichiarato che la nuova liturgia del Sacrificio Eucaristico era inaccettabile. Queste affermazioni, non solo furono rese pubbliche, ma occuparono uno spazio importante nei principali organi di informazione. Nella misura in cui la Santa Messa è in rapporto con la fede quotidiana del cattolico fervente, e considerato che essa rappresenta ciò che vi è di più sacro nella Chiesa, la polemica intorno al nuovo Ordo riveste un interesse immediato e, in pratica, è portatrice di gravi conseguenze per ciascuno dei figli della Santa Chiesa.
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Mossi dal desiderio di chiarire i dubbi angosciosi sul principio d’autorità nella Chiesa, dubbi che in questi ultimi anni hanno turbato tante ànime fedeli, abbiamo studiato a lungo alcune questioni dottrinali legate all’attuale crisi della Chiesa. A questo proposito abbiamo scritto, su “Catolicismo”, un mensile culturale pubblicato sotto l’égida dell’eminente Vescovo di Campos, Mons. Antonio De Castro Mayer, diversi articoli sul magistero ecclesiastico e su altri argomenti relativi al dogma, alla morale, al diritto canonico. Dopo la sua promulgazione, abbiamo studiato a fondo la nuova messa e adesso ci sentiamo obbligati ad mettere per iscritto alcune conclusioni a cui siamo giunti. Sarà questo l’oggetto del presente studio.
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Nel presentare un’analisi dell’Ordo di Paolo VI, ci sembra indispensabile soffermarci su una obiezione che si potrebbe avanzare nei confronti di chi pretendesse di mettere in discussione l’ortodossia di un atto pontificio. Eccola: se si riconoscono le promesse divine fatte a San Pietro e ai suoi successori, è assurdo avanzare perfino l’ipotesi che l’ortodossia di un atto papale possa essere oggetto della minima riserva. È per questo che, dopo aver esaminato la nuova messa (nella prima parte di questo studio), affronteremo un altro problema abbondantemente trattato dai teologi e dai canonisti nei corso dei secoli, e da noi stessi studiato alcuni anni fa: l’ipotesi teologica di un papa divenuto eretico (nella seconda parte di questo studio). Nel contempo affronteremo altre questioni connesse a quest’ultima: l’ipotesi di un papa dubbio e quella di un papa scismatico, la possibilità d’errore e di eresia nei documenti del magistero, il diritto alla resistenza pubblica nel caso di decisioni inique da parte dell’autorità ecclesiastica, ecc.
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Precisiamo subito che non scriviamo queste note con spirito “contestatario”. Non siamo mossi, in alcun modo, dalla volontà di mettere in dubbio il principio di autorità nella Santa Chiesa. Al contrario, è per difendere l’unità dei cattolici e la suprema autorità della Chiesa? Gesù Cristo, di cui il papa è il vicario in terra? che presentiamo queste osservazioni sul nuovo Ordo Missae e sull’ipotesi di un cedimento di un papa nella fede. Inoltre, riteniamo di poter valutare, in termini scientifici e sempre rispettosi, in che misura, sulla base della teologia e del diritto canonico, determinati atti pontifici costituiscano una effettiva obbligazione: e questo perché la difesa del principio di autorità è sempre stata una delle regole supreme che hanno guidato l’attività di Catolicismo (a cui abbiamo collaborato fin dal suo nascere), così come l’attività della Società Brasiliana di Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà (al Consiglio nazionale della quale abbiamo l’onore di appartenere). In altri termini, se per “contestazione” si intende l’azione di un inferiore che rifiuta la dovuta obbedienza ad un superiore, violando così il principio di autorità in uno qualunque dei suoi aspetti, ebbene, noi ci troviamo all’estremo opposto della “contestazione”. Noi sentiamo l’amore più ardente e l’entusiasmo più caloroso per il primato pontificio e il principio di autorità in generale. Non avremmo neanche sollevato la questione affrontata qui, se non avessimo i precedenti certi di santi e di dottori: San Paolo, San Leone II, Sant’Ivo di Chartres, San Bruno di Segni, San Goffredo di Amiens, Sant’Ugo di Grenoble, San Tommaso d’Aquino, San Roberto Bellarmino, e tanti altri. Ci è stato insegnato, con la parola e con l’esempio, che non bisogna seguire una autorità che finisce con l’abbandonare la retta via. È per questo che, sulle tracce di così numerosi e grandi dottori, noi non “contestiamo” in alcun modo alcuna autorità ecclesiastica, ma sentiamo il dovere di determinare, secondo i più autentici insegnamenti della Chiesa, in che misura si può e si deve accettare il nuovo Ordo Missae.
La nuova Messa
Il 3 aprile 1969, Paolo VI (1897-1978) pubblicò la Costituzione apostolica Missale Romanum (1), che promulgava due importanti documenti relativi alla riforma del rito della messa. Questi documenti sono l’Institutio generalis missalis Romani ed il nuovo Ordo Missæ (2) propriamente detto, e cioè il nuovo testo della messa e le rubriche che l’accompagnano.
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La Costituzione apostolica spiega che la messa tradizionale di rito romano data da san Gregorio Magno (540-604) e venne modificata da san Pio V (1504-1572) nel 1570, in base ai decreti del concilio di Trento (1545-1563). Essa ricorda i recenti cambiamenti introdotti nella liturgia e dichiara che la riforma della messa, attuata ai giorni nostri, ha per scopo l’adempimento delle decisioni prese dal Concilio Vaticano II (1962-1965). Questa riforma – dice il papa – non è stata improvvisata, ma è il risultato di un lungo ed accurato studio. La Costituzione apostolica indica anche i principali cambiamenti introdotti e promulga quindi l’Institutio generalis e il nuovo Ordo Missæ, che così vengono rivestiti dell’autorità papale. Questi due documenti entrarono in vigore la prima domenica di Avvento, e cioè il 30 novembre 1969.
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L’Institutio generalis missalis Romani (3) fu redatta dalla “Commissione pontificia per l’applicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia” (4). Come abbiamo appena visto, il Papa conferì a questa Institutio il carattere e l’autorità di un documento pontificio. Essa comprende 341 articoli, nei quali i nuovi riti sono spiegati minuziosamente, mentre sono stabiliti i principi teorici e pratici per la celebrazione eucaristica.
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A riguardo del movimento liturgico sviluppatosi sotto il pontificato di Pio XII (1876-1958), Paolo VI, nella Costituzione apostolica Missale Romanum, scrive: “[…] quando il movimento liturgico cominciò a crescere e a diffondersi tra il popolo cristiano (questo movimento, che secondo l’espressione di Pio XII, Nostro predecessore di venerata memoria, dev’essere considerato come una disposizione provvidenziale per i nostri tempi, come un salutare passaggio dello Spirito Santo in mezzo alla Sua Chiesa), divenne chiaro che le formule del messale romano dovevano essere restaurate ed arricchite. Il Nostro predecessore Pio XII intraprese questa riforma […]” (5). Il fatto che Paolo VI, riferendosi al movimento liturgico dei tempi di Pio XII, non dica assolutamente niente dei gravi errori dottrinali che avevano avvelenato vasti settori di detto movimento, ci sembra degno d’attenzione. In effetti la magnifica innovazione liturgica iniziata nel XIX secolo dall’abate benedettino di Solesmes, dom Guéranger, venne in seguito deviata dal suo vero obbiettivo da molti dei suoi adepti, incorrendo così in diverse censure da parte di Pio XII. La più grave è l’enciclica Mediator Dei, nella quale vengono condannati proprio molti degli errori che ora sono entrati nella legislazione ufficiale, attraverso il nuovo Ordo missaæ (6). È opportuno notare anche che il documento di Pio XII, al quale Paolo VI fa giustamente allusione (7), mette ulteriormente in guardia i fedeli contro diverse deviazioni liturgiche già segnalate durante il pontificato di Pio XII stesso (8).
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Il testo della nuova messa, promulgato il 3 aprile 1969, subì varie modifiche in occasione della pubblicazione del nuovo messale, nel maggio 1970. In questo studio esamineremo separatamente il testo del 1969 e le modifiche introdotte nel 1970 (9). Pensiamo, infatti, come avremo occasione di dire nel corso della nostra esposizione (10), che occorra innanzitutto conoscere il testo originale del 1969 per potersi in seguito pronunciare su quello del 1970.
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Nel primo capitolo, esamineremo l’edizione del 1969 dell’Institutio, facendo riferimento, quando sarà necessario, ai passi dei capitoli successivi ove indichiamo le modifiche che le parti trattate hanno eventualmente subito.
Nel secondo capitolo, rileveremo un’obiezione che si potrebbe sollevare su quanto detto nel primo capitolo, e cioè che l’Institutio affermi ancora la dottrina tradizionale, così che le critiche formulate sarebbero prive di ogni fondamento.
Nel terzo capitolo, esamineremo l’Ordo del 1969, facendo riferimento, quando sarà necessario, ai passi relativi alle modifiche del 1970.
Nel quarto capitolo, presenteremo un breve studio sulle modifiche introdotte nel 1970.
Nel quinto capitolo, analizzeremo alcune caratteristiche salienti della liturgia luterana.
Nell’appendice alla prima parte, infine, considereremo un’altra obiezione a quanto è detto nei paragrafi precedenti: se si ammette che la Chiesa sia sempre infallibile allorché promulga leggi universali, è assurdo, a priori, dubitare dell’ortodossia del nuovo testo della messa.
NOTE
(1) Le citazioni di questa Costituzione apostolica e dei documenti da essa promulgati nel 1969 sono estratte dall’edizione tipica: Ordo missæ, Tip. Poligl. Vat., 1969, p. 172.
(2) Ordo missæ significa, in senso più ampio, l’Ordinamento della messa; in questa accezione, esso include le parti fisse della messa, le parti variabili e tutte le leggi e rubriche relative alla celebrazione.
In senso stretto, l’espressione è impiegata generalmente per le parti fisse della messa. È in quest’ultima accezione che faremo riferimento all’Ordo missæ. D’altra parte, visto che la formula latina ha sempre avuto corso in Occidente, impiegheremo indifferentemente l’espressione Ordo missæ o la sua traduzione in lingua volgare, Ordinamento della messa. Useremo anche la formula latina abbreviata Ordo.
(3) Chiameremo questo documento l’Institutio.
(4) Consilium Pontificium ad exsequandam Constitutionem de Sacra Liturgia. Era un organo della Santa Sede incaricato, come indica il suo stesso nome, di redigere le norme d’applicazione della Costituzione sulla liturgia Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II. Quest’organo è stato assorbito dalla Sacra Congregazione per il Culto divino, al momento della sua fondazione.
(5) Op. Cit., pp. 7-8.
(6) Mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos, ha trattato delle condanne formulate dalla Mediator Dei nella sua lettera pastorale Sui problemi dell’apostolato moderno.
(7) Allocuzione del 22 settembre 1956 al congresso internazionale di Pastorale Liturgica, riunito ad Assisi, A.A.S., 1956, pp. 711-725.
(8) Enciclica Mediator Dei; allocuzione del 2 novembre 1954; Istruzione del Sant’Uffizio sull’arte sacra, del 30 giungo 1952.
(9) I testi del 1970 dell’Institutio e dell’Ordo saranno direttamente estratti dal Missale Romanum, Tip. Poligl. Vat., 1970.
(10) Si vedano le nostre osservazioni sugli sforzi degli uffici della Sacra Congregazione per il Culto Divino, volti a negare l’esistenza di deviazioni dottrinali nell’Institutio e nell’Ordo del 1969 (p. 115-116); sulla loro preoccupazione nel sostenere che le modifiche del 1970 non hanno corretto in niente il testo primitivo, ma hanno solo chiarito ciò che era già dottrinalmente irreprensibile (p. 115); sull’insufficienza delle modifiche del 1970 (p. 99-124); sui temporeggiamenti e le ritirate strategiche di Lutero (pp. 125 e ss.); sulle tendenze della liturgia protestante negli ultimi decenni (pp. 141 e ss.); sulle contraddizioni che caratterizzano i movimenti eterodossi di tutti i tempi (pp. 43 e ss.); ecc.
FONTE: Inter multiplices Una Vox, NOVUS ORDO MISSÆ. Studio critico di Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira
Ma niente, assolutamente niente (come già nel Breve Esame critico dei cardd. Ottaviani e Bacci) sul punto, io credo essenziale e prioritatrio, che quel Paolo Vi, al quale questi autori e critici si riferiscono come al responsabile della riforma in questione, non essendo papa della (autentica) Chiesa Cattolica, la sua riforma vale zero in partenza. E allora perché starne a discutere?
Carta straccia, dove già sul principiare si manifesta l’ intenzione, esilarante. che la motiva, quella che le “formule [?] del messale romano dovevano essere restaurate e arricchite”. Sì bravo, papocchio mio, sostituendo, per esempio, l’offerta del frutto del NOSTRO LAVORO all’offerta dell’ OSTIA SANTA E IMMCOLATE, E PANE SANTO DI VITA ETERNA”. Buffone!