È forse una delle bolle pontificie più importanti della storia, sicuramente una delle più contestate, delle più indigeste, delle più odiate dai nemici della Chiesa interni ed esterni. La sua importanza è tale che la troviamo citata ancora nel 1943 da Pio XII nella sua monumentale enciclica “Mystici Corporis” sulla Chiesa. Stiamo parlando della bolla “Unam Sanctam” sulla Chiesa nella sua costituzione e nei suoi rapporti coi poteri secolari, pubblicata il 18 novembre 1302 dal parimenti contestato, odiato e calunniato Bonifacio VIII Caetani. Non certo un Santo, ma sicuramente una delle più fulgide glorie del Papato Romano, uno dei più appassionati difensori della libertà della Chiesa, sulla scia di giganti come san Gregorio VII. Lo stesso Dante, acerrimo nemico e critico spietato, rivide rinovellata in lui schiaffeggiato ad Anagni la Passione di Cristo: “Perché men paia il mal futuro e ‘l fatto, / veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, / e nel vicario suo Cristo esser catto. / Veggiolo un’altra volta esser deriso; / veggio rinovellar l’aceto e ‘l fiele, / e tra vivi ladroni esser anciso” (Purg. XX, 86-90). Al netto della costante divina assistenza, solo una Chiesa libera dall’influenza di potentati e ideologie mondane e potente nella sua indipendenza – ci dice Papa Caetani – potrà efficacemente compiere la sua sacra missione. Questo il succo della Bolla che offriamo alla meditazione del caro lettore. Bolla nella attuazione della quale confidiamo consistere la restaurazione di una società normale, ossia secondo le norme eterne di Dio Creatore.
BONIFACIO VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
A FUTURA MEMORIA
Per la fede che ci spinge, siamo costretti a credere e a ritenere unica la Chiesa santa, cattolica e apostolica, e noi fermamente la crediamo e con semplicità professiamo, fuori della quale non v’è salvezza né remissione dei peccati, secondo quanto proclama lo Sposo nei Cantici: “Una è la mia colomba, la mia perfetta, l’unica di sua madre, senza pari per la sua genitrice”[1]. Essa rappresenta un solo corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio. In essa vi è un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo. Una sola invero al tempo dei diluvio fu l’Arca di Noè, figura dell’unica Chiesa, la quale costruita da un sol braccio, ebbe un unico comandante, ossia Noè, e un unico reggitore, e leggiamo che fuori di essa ogni essere sulla terra fu distrutto.
Questa Chiesa noi veneriamo e questa sola, come dice il Signore per mezzo del Profeta: “Libera dalla lancia, o Signore, l’anima mia e dalla violenza del cane l’unica mia”[2]. Per l’anima infatti, cioè per se stesso, pregò, per il capo e per il corpo a un tempo. Corpo che chiamò sua unica Chiesa, a motivo dell’unità dello sposo, della fede, dei sacramenti e della carità ecclesiale. Questa è quella inconsutile tunica del Signore, che non fu strappata, ma data in sorte.
Pertanto di questa sola ed unica Chiesa uno solo è il corpo, uno solo il capo, non due – ossia Cristo e Pietro, il Vicario di Cristo, e il successore di Pietro – quasi fosse un mostro, poiché il Signore ha detto allo stesso Pietro: “Pasci le mie pecore”[3]. “Le mie” disse, parlando in generale e non in particolare di queste o di quelle pecore: per la qual cosa si capisce che gliele abbia affidate tutte. Pertanto ove i Greci o altri dicano non esser stati affidati a Pietro e ai suoi successori, necessariamente ammettono di non essere nel novero delle pecore di Cristo, per il fatto che il Signore dice in Giovanni che vi è un solo ovile e un solo pastore.
Il Vangelo ci insegna che nella Chiesa e nella sua potestà stanno le due spade, quella spirituale e quella materiale. Infatti, alle parole degli Apostoli: “Ecco qui due spade”[4] – qui, cioè nella Chiesa, poiché parlavano gli Apostoli – non rispose il Signore esser troppe, ma essere abbastanza. Certamente chi nega essere la spada temporale nella potestà di Pietro, male ha inteso la parola del Signore che dice: “Rimetti la tua spada nel fodero”[5]. Entrambe le spade son quindi nella potestà della Chiesa, la spada spirituale cioè e quella materiale. Questa dev’essere impugnata in favore della Chiesa, quella dalla Chiesa; quella dal sacerdote, quella dalla mano dei re e dei militi, ma al comando e con la condiscendenza del sacerdote.
È conveniente d’altra parte che una spada sia sottomessa all’altra e che l’autorità temporale sia sottomessa alla potestà spirituale. Infatti sebbene l’Apostolo dica: “Non vi è potestà se non da Dio; quelle che sono, sono ordinate da Dio”[6], esse non sarebbero ordinate se una spada non fosse sottomessa all’altra e, come inferiore, fosse condotta dall’altra [che le è superiore] a nobilissime imprese. Infatti secondo il beato Dionigi è legge di Dio che le cose infime siano ricondotte dall’intermedio a quelle supreme. Dunque le cose non sono ricondotte al loro ordine alla pari immediatamente, secondo la legge dell’universo, ma le infime attraverso le intermedie e le inferiori attraverso le superiori. Ma è necessario che chiaramente affermiamo che il potere spirituale è superiore ad ogni potere terreno in dignità e nobiltà, come le cose spirituali sono superiori a quelle temporali. Il che, invero, noi possiamo chiaramente constatare con i nostri occhi dal versamento delle decime, dalla benedizione e santificazione, dal riconoscimento di tale potere e dall’esercitare il governo sopra le medesime, poiché, e la verità ne è testimonianza, il potere spirituale ha il compito di istituire il potere terreno e, se non si dimostrasse buono, di giudicarlo. Si realizza così il vaticinio di Geremia a riguardo della Chiesa e del suo potere: “Ecco io ti ho oggi costituito al di sopra delle genti e dei regni etc.”[7].
Quindi, se la potestà terrena erra, sarà giudicata dalla potestà spirituale; invero, se erra una potestà spirituale minore, sarà giudicata dalla potestà spirituale ad essa superiore; se poi erra la suprema, potrà essere giudicata solo da Dio, non dall’uomo, giusta la testimonianza dell’Apostolo: “L’uomo spirituale giudica tutte le cose; ma egli stesso non è giudicato da alcun uomo”[8]. Questa autorità infatti, quantunque sia stata data a un uomo, e da un uomo viene esercitata, non è una potestà umana ma divina, essendo stata conferita a Pietro dalla bocca di Dio e per lui ed i suoi successori resa, nel medesimo Cristo che confessò, pietra inconcussa, giusta il detto del Signore allo stesso Pietro: “Ogni cosa legherai etc.”[9]. Perciò chiunque si oppone a questa potestà in tal modo da Dio ordinata, si oppone al comando di Dio, a meno che non pretenda, come i Manichei, che ci sono due principi; il che noi affermiamo falso ed eretico, poiché, come attesta Mosè non nei principi, ma “nel principio Dio creò il cielo e la terra”[10].
Quindi noi dichiariamo, affermiamo, definiamo e pronunziamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Romano Pontefice.
Data in Laterano il 18 novembre 1302, anno ottavo di Pontificato.
[1] Cant. VI, 9.
[2] Ps. XXII, 20.
[3] Joann. XXI, 17.
[4] Luc XXII, 38.
[5] Matth. XXVI, 52.
[6] Rom. XIII, 1.
[7] Hier. I, 10.
[8] 1Cor. II, 16.
[9] Matth. XVI, 9
[10] Gen I, 1.
[da Luigi Tosti osb, Storia di Bonifazio VIII e de’ suoi tempi divisa in libri sei, Monte Cassino, 1846, Vol. II, p. 304-306]
beh. Quante alle due spade , siamo ancora qui: solo che quella della (nova) chiesa è sottomessa a quella dei “Potentati e delle Potestà , dei Dominatori di questo mondo di tenebra”, e dal ‘sacerdote’ sconvenientemente impugnata a servizio degli interessi di questi ultimi.
Oggi Dante direbbe che:
in questi orrendi vicari suoi presunti
vede Cristo come mai esser deriso.