di Luca Fumagalli

Il poliziesco è stato uno dei generi letterari più popolari in Inghilterra tra XIX e XX secolo. Allo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, personaggio simbolo del razionalismo positivista, seguirono altri celebri investigatori, i più noti dei quali sono Hercule Poirot e Miss Marple, entrambi frutto del talento creativo di Agatha Christie.
I racconti di Padre Brown, scritti da G. K. Chesterton tra il 1911 e il 1935, rappresentano l’unico serio tentativo cattolico nell’ambito della narrativa d’investigazione; si trattò di un esperimento singolarmente felice, tra l’altro coronato da un grande successo che continua ancora oggi (attestato pure dalle numerose riduzioni televisive che si sono succedute dal secondo dopoguerra, la migliore delle quali resta forse quella italiana con Renato Rascel).
Chesterton – che già in precedenza aveva sperimentato il genere – diede vita a qualcosa di assolutamente eccezionale: questa volta il protagonista non sarebbe stato il classico detective geniale, capace di notare cose che sfuggono ai più, ma un umile e impacciato sacerdote, apparentemente privo di qualità. Padre Brown, infatti, è un buffo ometto «con un viso rotondo e piatto come quelle focaccette di Norfolk, e occhi incolori come il Mare del Sud». Il contrasto tra l’aspetto insignificante e le sue straordinarie abilità accentua quell’angolatura imprevista con cui Chesterton guarda al mondo e che offre al lettore una complessità spiazzante, che ha a che fare con la più intima natura degli esseri umani e col destino eterno che li attende.
Anche se al tempo in cui pubblicò la prima serie di racconti Chesterton non era cattolico, la sua filosofia e la sua poetica avevano già un’impronta decisamente cristiana: ad esempio in una delle storie contenuta nella raccolta d’esordio, L’innocenza di Padre Brown (The Innocence of Father Brown, 1911), si narra di quando Padre Brown «evitò un crimine e, forse, salvò un’anima»; nella spiegazione del caso torna poi quella metafora evangelica dell’amo e del pescatore d’uomini rintracciabile pure nei lavori di altri scrittori cattolici del Novecento, inglesi e francesi (Evelyn Waugh, in Ritorno a Brideshead, fa addirittura un riferimento esplicito al brano chestertoniano).
La raccolta successiva, La saggezza di Padre Brown (The Wisdom of Father Brown, 1914), per quanto appassionante, contiene un minor numero di richiami religiosi. Al contrario, nei tre volumi che apparvero nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, dopo la conversione di Chesterton, le questioni legate alla Fede emergono nuovamente in tutta la loro forza.
I racconti de L’incredulità di Padre Brown (The Incredulity of Father Brown, 1926), come suggerisce il titolo, sono incentrati per la maggior parte sul paradosso secondo il quale gli atei, in materia di sovrannaturale, sono molto più creduloni dei cattolici. Quelli de Il segreto di Padre Brown (The Secret of Father Brown, 1927) hanno invece a che fare col tema del perdono. In questo libro viene inoltre svelato il metodo investigativo del sacerdote, capace di risolvere i casi più complicati grazie alle lunghe ore passate in confessionale. Il suo talento non dipende tanto dalle «celluline grigie» care a Poirot, quanto dalla vasta conoscenza dell’animo umano, con le sue vette e i suoi abissi: «Sono un uomo, e quindi ho tutti i diavoli nel cuore».
L’ultima raccolta, Lo scandalo di Padre Brown (The Scandal of Father Brown, 1935), si conclude con una storia che è la summa del pensiero di Chesterton. Nella scena finale, Padre Brown, che ha appena sventato il furto di un preziosissimo reliquiario, prega in una cappella e medita sul senso della vita: «Qualcuno è convinto che anche questo enigma sia un problema insolubile. All’opposto altri hanno pari certezza che vi sia una sola soluzione possibile».
Chesterton fece un uso audace e poco convenzionale di un genere popolare come quello poliziesco, riuscendo ad abbinare a trame accattivanti, costellate dei suoi immancabili paradossi, una finalità apologetica; con Padre Brown donò quindi ai cattolici un personaggio leggendario, che continua, anche in Italia, ad attrarre un buon numero di lettori.