di Luca Fumagalli

«Il Concilio Vaticano II sta gravando sul mio spirito. Non ho dubbi che la verità infine prevarrà, ma sono state dette sciocchezze a non finire». Così scriveva Evelyn Waugh all’amica Lady Diana Cooper nell’autunno del 1964. Il Concilio era ormai agli sgoccioli e le folli proposte dei novatori erano state accettate acriticamente.Qualcuno aveva protestato, ma in fin dei conti erano stati pochi i prelati che avevano osato alzare la voce. La maggior parte dei padri, pur con qualche riserva, si era limitata a subire i cambiamenti senza battere ciglio.
Un’altra lettera a Lady Cooper, che nel febbraio 1965 si trovava a Roma, ben testimonia il burrascoso stato d’animo di Waugh; questa volta lo scrittore sfogava la sua frustrazione prendendosela in particolare con il cardinale Agostino Bea, il caporione dell’ecumenismo: «Stanno distruggendo tutto quello che, in superficie, vi è di attraente nella mia Chiesa. È una gran tristezza per me,immeritata (almeno per una volta). Se vedi il cardinale Bea, sputagli in un occhio».
Qualche settimana prima, Waugh aveva scritto pure a J. C. Heenan, arcivescovo di Westminster. Nella missiva, piena di dubbi e riserve, il celebre autore confidava la sua fatica a partecipare a una funzione liturgica già vittima di troppe traduzioni, mutilazioni e rifacimenti: «Io e i miei amici proprio non riusciamo a capire la nuova forma della Messa. […] Prego Dio di non abiurare mai la mia Fede, ma andare a Messa è ora diventato una compito difficile». Le critiche proseguono: «L’idea che [il “Novus ordo”] attirerà i protestanti è da scartare. Gli anglicani hanno una forma di servizio elegante e comprensibile. Tutto quello che a loro manca sono degli ordini validi che lo renderebbero preferibile. Se si desidera una Messa completamente in inglese, allora il primo libro di Edoardo VI, con solo qualche piccolo emendamento, può andare bene. Invece noi abbiamo un guazzabuglio di greco, latino e un inglese rozzo».
Heenan,dal canto suo, si limitò a rispondere a Waugh con poche righe, rassicurando l’amico che, al di là dei suoi legittimi dubbi, «la stragrande maggioranza dei fedeli apprezza l’introduzione dell’inglese nella liturgia, persino chi prima vi si opponeva». I medesimi giudizi vennero nuovamente espressi dall’arcivescovo,in forma ufficiale, nella lettera pastorale della Pasqua del 1965: «Non dobbiamo pretendere che non si cambi nulla. La verità non cambia, ma la comprensione della verità è in continua evoluzione».
Per una volta Heenan si dimostrò molto meno lungimirante di Waugh: questi, infatti, aveva intuito che il“Novus ordo” non solo non avrebbe portato benefici, al contrario, avrebbe prodotto caos e smarrimento tra i fedeli.
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