di Giuliano Zoroddu

“Santi non si nasce, si diventa”. Questa è una realtà: ogni nuova vita è segnata dal peccato originale, da quel “peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio (cfr. Rom. V, 12-19; Conc. Trident., sess. V, can. 1-4)”[1], che Cristo ha riparato, ma che lascia nell’uomo delle ferite (la cosiddetta concupiscenza) che ci portano a cadere. Anche se non lo riconosciamo molto volentieri, che non siamo perfetti ce ne accorgiamo tutti ed ugualmente sappiamo che il cammino verso la santità è impervio, sebbene tutti possano batterlo. Fin qui il ragionamento è cattolico: nessuno nasce santo e non tutti lo diventano. Tuttavia a questa regola universale rivelata dallo stesso Dio e insegnata dalla Santa Chiesa, vi sono delle eccezioni:

1. Gesù Cristo – ovviamente! – che è il Verbo Incarnato, il Santo dei Santi, l’Agnello senza macchia sgozzato per la redenzione degli empi;

2. Maria Santissima, l’Immacolata Concezione, che per singolare privilegio fu sempre santa nell’anima e nel corpo, immune da ogni macchia di peccato originale e attuale;

3. quei santi che furono santificati sin dal grembo materno: la Rivelazione ci dice ciò di Geremia e di san Giovanni Battista; molti Dottori e Teologi ci dicono ciò anche di san Giuseppe, destinato ad essere Sposo purissimo di Maria e padre putativo di Nostro Signore, che san Matteo definisce “uomo giusto”.

Tuttavia mentre un cattolico, razionale e semplice, scevro dalle contorsioni mentali di falsa filosofia e falsa scienza, riconosce e accetta questo dato rivelato, per il solo fatto che ne vede le conseguenze in sé stesso, il modernista no: egli ha un problema col dogma del peccato originale. “Tutto il dogma rivoluzionario [e il modernista è un rivoluzionario, ndr] si riduce a tre negazioni fondamentali: negazione del peccato originale, negazione della divinità di Cristo, negazione dell’autorità della Chiesa” affermava il gesuita spagnolo Sarà y Salvany. Al di là del fatto che lo considera una cosa mitica (ci manca solo che nel XXI secolo andiamo ancora in giro ad affermare il valore storico del Genesi … ), non lo accetta, non riesce a digerirlo … lo attenua, lo camuffa, lo mette da una parte – pensiamo alla negazione di una verità della fede come il Limbo – addirittura arriva a negarlo. È un qualcosa che non riesce a gestire e magari, contraddittorio com’è, lo affibbia pure a chi ne è privo.

Proprio ieri papa Bergoglio ha detto:

 «La Madonna e San Giuseppe sono pieni di gioia: guardano il Bambino Gesù e sono felici perché, dopo mille preoccupazioni, hanno accolto questo Regalo di Dio, con tanta fede e tanto amore. Sono “straripanti” di santità e quindi di gioia. E voi mi direte: per forza! Sono la Madonna e San Giuseppe! Sì, ma non pensiamo che per loro sia stato facile: santi non si nasce, si diventa, e questo vale anche per loro»[2].

Ora, al netto delle intenzioni di chi ha composto e proferito il discorso, la parte che abbiamo messo in grassetto è niente di più e niente di meno che una bestemmia ereticale. Lasciando da parte la questione della santificazione in utero del “giusto” san Giuseppe,  noi sappiamo che la Vergine Maria non solo è nata santa, ma tale fu concepita. Tale la proclama lo stesso Dio nella Rivelazione, tale la proclama la Chiesa nel suo dogma e nel suo magistero (vedi Bolla dogmatica “Ineffabilis Deus), tale la proclama tutto il popolo cristiano: Tota pulchra es, Maria, et macula originalis non est in te! (cfr. Cant. IV, 7).

Ma ciò non deve stupirci: è dai tempi del Concilio che i progressisti – Rahner e Ratzinger in testa – si scagliano contro quella che il padre domenicano Congar (fatto Cardinale da Giovanni Paolo II) chiamava “mariolatria”. Basta con questa esaltazione della Vergine! Si dica piuttosto che è una ragazza normale, una quasi come noi. Già nel 2013 Francesco le attribuiva il dubbio sotto la croce:

 «Il Vangelo non ci dice nulla: se ha detto una parola o no … Era silenziosa, ma dentro il suo cuore, quante cose diceva al Signore! ‘Tu, quel giorno – questo è quello che abbiamo letto – mi hai detto che sarà grande; tu mi ha detto che gli avresti dato il Trono di Davide, suo padre, che avrebbe regnato per sempre e adesso lo vedo lì!’. La Madonna era umana! E forse aveva la voglia di dire: ‘Bugie! Sono stata ingannata!’: Giovanni Paolo II diceva questo, parlando della Madonna in quel momento. Ma Lei, col silenzio, ha coperto il mistero che non capiva e con questo silenzio ha lasciato che questo mistero potesse crescere e fiorire nella speranza»[3].

Come poté avuto un difetto nella fede colei che sempre ripiena in modo sovrabbondante di grazia? È un assurdo e un falso storico: fede dell’Addolorata fu tanto ferma nel mare di dolore che la travolse che lei sola non andò a cercare fra i morti Colui che sapeva esser risorto e vivo!

Ma per i modernisti, quella che a noi appare (ed è) una bestemmia, è un elogio. Dopotutto non fu Ratzinger nella terza edizione dell’Incontro interreligioso di Assisi a tessere le lodi degli agnostici?

«[Gli agnostici, ndr] Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri. Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta»[4]

Non sia mai che, da cattolici, diciamo certi di essere nel giusto! Dubitare è un bene … ma dubitare non è quello che fece Eva quando il serpente le disse che Dio aveva mentito nel dire a lei e a suo marito che sarebbero morti se avessero mangiato del frutto proibito? Curiosa coincidenza che ci riporta ai problemi dei modernisti col peccato originale che se ne dimenticano nel loro irenico rapporto col mondo, col mondo che non riconobbe Gesù e il cui principe è il Diavolo:

« la Chiesa del Concilio ha guardato il mondo un po’ come Dio stesso guardò dopo la creazione la stupenda e sconfinata opera sua: vide, Iddio, dice la Scrittura, che tutte le cose da Lui create, erano bellissime. Sì, la Chiesa ha voluto oggi considerare il mondo, in tutte le sue espressioni, cosmiche, umane, storiche, culturali, sociali, eccetera, con immensa ammirazione, con grande rispetto, con materna simpatia, con generoso amore. Sì, così ogni cosa. Non già che la Chiesa abbia chiuso gli occhi sui mali dell’uomo e del mondo – il peccato soprattutto, ch’è la rovina radicale, ch’è la morte, e poi la miseria, la fame, il dolore, la discordia, la guerra, l’ignoranza, la molteplice e sempre minacciosa caducità della vita e delle cose dell’uomo -; non ha chiuso gli occhi, ma li ha guardati con accresciuto amore, come il medico guarda l’ammalato, come il Samaritano il disgraziato lasciato ferito e semivivo sul sentiero di Gerico. Ha detto bene il vostro illustre interprete: la Chiesa ha scoperto il suo volto di Madre amante e perdonante»[5]  

ma lo attribuiscono alla Madonna.

Quasi ci viene da pensare che a questo dogma ci credano fermamente, a modo loro s’intende, ma poi ci ricordiamo che forse, da latori di una forma di gnosi, credano con maggior fermezza di esser dei, come insegnava il loro Maestro nel giardino dell’Eden (cfr Gen III, 1-5).




[1]  Pio XII, Humani Generis, 12 agosto 1950

[2]  Discorso del Santo Padre al dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano in occasione degli auguri natalizi, 21 dicembre 2018

[3] Il Papa: il mistero del nostro incontro con Dio si comprende in un silenzio che non cerca pubblicità, Radio Vaticana, 20 dicembre 2013.

[4] Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Intervento del Santo Padre Benedetto XVI. Assisi, Basilica di Santa Maria degli Angeli Giovedì, 27 ottobre 2011.

[5] Paolo VI, Discorso al Patriziato e alla Nobiltà Romana, 13 gennaio 1966.