di Giuliano Zoroddu


Anche quest’anno don Chiaffredo Olivero, noto Fredo, del clero dell’Archidiocesi di Torino, ha festeggiato a modo suo – empiamente si intende – il Natale del Signore.
Se l’anno scorso aveva omesso il Credo, affermando da apostata «Sapete perché non dico il Credo? Perché non ci credo» (vedi qui), la scorsa notte di Natale di “Credo” se n’è inventato uno! Il tutto durante una liturgia a sua volta inventata in perfetto stile Novus Horror con battimani, tavolino da cena luterana (o calvinista … non si fanno discriminazioni), osanna-eh, laici all’ambone, storpiatura delle formule eucaristiche e “simile lordura” (Inf. XI, 60). Un sacrilego pastrocchio, traboccante di cattivo gusto e oggettivamente privo di validità anzitutto e di originalità.
Poco originale anche l’omelia:

  1. consueta bufala sul Natale Cristiano surrogato della festa del Sole Invitto; [1]
  2. negazione della storicità dei Vangeli, nella fattispecie del Vangelo di san Luca: “I Vangeli non fanno la cronaca! Questa sera avete sentito un pezzo di cronaca, ma non è cronaca … è stato scritto da Luca almeno quarant’anni dopo o cinquanta … quindi cosa si ricordava di quel tempo?!” (va da sé che il Nostro, da modernista, non creda nemmeno nella ispirazione dei testi sacri);
  3. debito attacco al malvagio Salvini e siparietto sui fratelli migranti;
  4. #restiamoumani.

Quindi il Credo, ma non quello che prescrive la Chiesa Romana, ma uno preparato ad hoc, il cui testo, riportato da Messa in latino, palesa il livello infimo di quello che ormai più che neo-modernismo si deve definire becero-modernismo:

Sacerdote:”Crediamo in Dio Padre, nel Creatore che ha bisogno della nostra viva collaborazione perché la sua compassione, la sua tenerezza giungano a ogni creatura?”.
Fedeli:” Credo e mi impegno, o Signore”.
S: “Crediamo nel Figlio Gesù Cristo, ci impegniamo con lui alla costruzione del regno, alla società alternativa, dove anzi che l’ansia di accumulare ci sia l’ansia di condividere, dove al posto della brama di comandare ci sia la libertà di servire”
F: ” Credo e mi impegno, o Signore”.
S: “Crediamo nello Spirito forza d’amore di Dio che se accolta fa fiorire in noi nuove possibilità di perdono, nuove capacità di generosa condivisione?”
F:” Credo e mi impegno, o Signore”.
S:”Crediamo nella Chiesa cattolica, cioè universale, spazio di amore e di libertà dove ogni persona possa sentirsi amata accolta, rispettata nella sua diversità”.
F:” Credo e mi impegno, o Signore”.
S: Questa è la fede e la fede con cui ci siamo ritrovati questa notte a ricordare che Dio è nato in mezzo a noi ed è ancora qui.

Comunque anche questa volta a don Fredo riconosciamo una certa onestà nell’affermare la sua non-professione di Fede Cattolica e nel ripudiarne il Simbolo, ribadendo che “codesta schiettezza lo differenzia da altri modernisti (anche più noti) che non ci credono ugualmente, ma che non ne fanno pubblica ammissione. Dopotutto se costoro ci credessero (o ci avessero creduto) non organizzerebbero (o non avrebbero organizzato) per esempio manifestazioni come l’incontro di Assisi del 1986 (2002, 2011, 2016) o i pellegrinaggi a Erfurt (2010) e Lund (2016) e le altre varie carnevalate a carattere ecumenico che la Chiesa Cattolica subisce dal 1965” [2] .

[1] Per la confutazione di questa fake news spacciata per verità storica rimandiamo ai due articoli “Il Cristianesimo e il Sol invictus” e “Gesù nacque veramente un 25 dicembre“.
[2] “Al Credo non ci credo” o dell’attualità di Pascendi