
di Giuliano Zoroddu
Figura nota e cara al mondo cosiddetto “della Tradizione” è quella dell’ultimo Prefetto delle Cerimonie Pontificie, Monsignor Enrico Dante.
Nato a Roma il 5 luglio 1884, compie i suoi studi prima a Parigi, poi a Roma, al Capranica e alla Gregoriana, dove ottiene i dottorati in Filosofia, Teologia, Diritto Canonico e Civile e il diploma di Avvocato Rotale. Il 10 luglio 1910, per l’imposizione mani di Monsignor Giuseppe Ceppetelli, Patriarca di Costantinopoli dei Latini e Vicegerente di Roma, riceve la Sacra Ordinazione Sacerdotale.
Esercita il suo apostolato al Laterano e al Sacro Cuore del Suffragio. Contemporaneamente insegna Filosofia e Teologia all’Urbaniana.
Nel 1913 è Officiale presso la Sacra Penitenzieria Apostolica.
Il 25 marzo 1914 inizia, come Maestro soprannumerario delle Cerimonie Pontificie, il suo lavoro cinquantennale all’interno del Collegio dei Monsignori Maestri delle Cerimonie Pontificie. Il 26 ottobre 1923 viene nominato Sostituto aggiunto presso la Sacra Congregazione dei Riti, della quale diverrà Sottosegretario il 27 maggio 1943. In seguito all’improvvisa morte di Monsignor Carlo Respighi, il 13 giugno 1947 Pio XII lo nomina Prefetto delle Cerimonie Apostoliche, ufficio che manterrà fino al 21 febbraio 1965, adempiendovi con assoluta perizia. Diresse, fra gli altri, i riti giubilari del 1950, la trionfale proclamazione dommatica dell’Assunta, i maestosi funerali di Pio XII, i Conclavi del 1958 e del 1963, le grandiose canonizzazioni di Maria Goretti e Pio X.
Nel 1952 prende parte alla legazione del Cardinale Federico Tedeschini a Barcellona in occasione del XXV Congresso Eucaristico Internazionale.
Il 24 gennaio 1959 Giovanni XXIII lo nomina Prosegretario della Sacra Congregazione dei Riti, di cui dal 5 gennaio dell’anno dopo sarà Segretario.
Eletto Arcivescovo di Carpasia il 28 agosto 1962, il 21 settembre successivo riceve nell’Arcibasilica Lateranense la Sacra Consacrazione Episcopale per le mani dello stesso Giovanni XXIII, assistito dai Monsignori Francesco Carpino, Arcivescovo di Sardica e Assessore della Sacra Congregazione Concistoriale, e Pietro Parente, Arcivescovo di Tolemaide di Tebaide e Assessore del Sant’Offizio.
Partecipa alla preparazione del Concilio e a tutte e quattro le sue sessioni, situandosi sempre su posizioni tradizionali, nelle fedeltà cioè alla dottrina e ai secolari riti della Chiesa Romana. In campo liturgico sostiene con forza la necessità della conservazione del latino in tutto l’Officio e in tutto il rito della Messa (predica esclusa), avversando parimenti la reintroduzione della comunione sotto le due specie e della concelebrazione, foriere di errori e malintesi circa la dottrina eucaristica. Denunzia come lesiva dell’autorità suprema della Sede Apostolica e fonte di disunità della liturgia Latina la mania di delegare a Conferenze Episcopali e Vescovi le riforme liturgiche. Ugualmente e con fermezza si oppone alle innovazioni moderniste in campo esegetico impugnanti più o meno palesemente l’inerranza delle Sacre Scritture.
Cardinale il 22 febbraio 1965, è fra gli ultimi Padri ad intervenire nell’acceso dibattito intorno allo schema conciliare sulla libertà religiosa, la cui approvazione tanto premeva a Paolo VI. Il Nostro senza mezzi termini attacca lo schema, come espressione della falsa filosofia della Rivoluzione, che la Chiesa e i Papi avevano fino ad allora categoricamente condannata, e come causa di mali futuri per la vera Religione e per la sua Libertà. Voce inascoltata, tra tante altre voci inascoltate: prevalse l’adeguamento al mondo e alla sua falsa libertà, decretando, come aveva drammaticamente sentenziato nella medesima aula conciliare l’Eminentissimo Arriba y Castro di Tarragona, “la rovina della religione cattolica”.
Assiste all’inizio della demolizione del secolare cerimoniale della corte papale, inadatto per i tempi moderni, lontano da quelle masse che lo spirito del Concilio voleva attirare (e non attirò), sacrificando le grandi ricchezze liturgiche e culturali della Chiesa Romana. E assieme al cerimoniale romano muore anche il Nostro, a Roma il 24 aprile 1967, dopo tanti anni di diligente servizio sull’altare e nel confessionale.
Uomo di rara ieraticità, ebbe – cosa squisitamente cattolica – salienti tratti di umanità comune: fu infatti un gran tifoso della Roma – si racconta che in occasione delle partite usasse indossare una calza gialla e una rossa in omaggio ai colori della squadra – e un cultore dell’alpinismo.
Un’umile tomba ne custodisce le spoglie nel suo Titolo di sant’Agata dei Goti in attesa della Resurrezione finale.
Figure già trattate sul sito (sono escluse le innumerevoli figure trattate sulla pagina Facebook)
Cardinale Bernardo Dovizi detto il “Bibbiena”
Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster O.S.B.
Cardinale Domenico Serafini OSB
Cardinale Francesco Sforza di Santafiora
Cardinale Giulio Maria della Somaglia
Cardinali Antonio Marzato e Carlo Odescalchi
Cardinali Luigi di Guisa e Robert de Lenoncourt
Cardinale Galeotto Franciotti della Rovere
Cardinale Costantino Patrizi Naro
Cardinale Benjamin de Arriba y Castro
Cardinale Bertrando del Poggetto
Cardinale Alojzije Viktor Stepinac
Cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota
Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro
Cardinale Tommaso de Vio detto il Cajetano
Cardinale Philippe d’Alencon de Valois
Cardinale Gabriele de’ Gabrielli
Cardinale Francisco Jimenez de Cisneros
Cardinale Ferdinando d’Asburgo
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