Nell’ottantesimo anniversario della esaltazione di Pio XII Pacelli al supremo fastigio del Romano Pontificato (2 marzo 1939), Radio Spada, con questo florilegio di utilissime citazioni e bellissime immagini, vuole omaggiare la santa e immortale memoria di questo grande Pontefice, in cui si incarnò pienamente quella idea di Papato descritta con mirabile sintesi da Innocenzo III: “[Il Papa è] il servo costituito al di sopra della famiglia … il Vicario di Gesù Cristo, il Successore di Pietro, l’Unto del Signore, il Dio del Faraone; egli è costituito nel mezzo fra Dio e l’uomo; al di qua di Dio, ma al di là dell’uomo; inferiore a Dio, ma superiore all’uomo; su tutti e tutto giudica, ma da nessuno è giudicato” (Sermo II in consecratione Pontificis Maximi, PL 217, 658).

2 marzo 1939 : L’appena eletto Papa Pio XII.

 “All’inizio del cammino, che conduce all’indigenza spirituale e morale dei tempi presenti, stanno i nefasti sforzi di non pochi per detronizzare Cristo, il distacco dalla legge della verità, che egli annunziò, dalla legge dell’amore, che è il soffio vitale del suo regno. Il riconoscimento dei diritti regali di Cristo e il ritorno dei singoli e della società alla legge della sua verità e del suo amore sono la sola via di salvezza […] Davanti a queste apocalittiche previsioni di sventure imminenti e future, consideriamo Nostro dovere elevare con crescente insistenza gli occhi e i cuori di coloro, in cui resta ancora un sentimento di buona volontà verso l’Unico da cui deriva la salvezza del mondo, verso l’Unico, la cui mano onnipotente e misericordiosa può imporre fine a questa tempesta, verso l’Unico, la cui verità e il cui amore possono illuminare le intelligenze e accendere gli animi di tanta parte dell’umanità, immersa nell’errore nell’egoismo, nei contrasti e nella lotta, per riordinarla nello spirito della regalità di Cristo” (Enciclica “Summi Pontificatus”, 20 ottobre 1939)

3 marzo 1939 : Pio XII riceve la “adorazione” e l’obbedienza da parte dei Cardinali.

 “A definire e descrivere questa verace Chiesa di Cristo – che è [che è diverso dal “sussiste nella” del Vaticano II e di tutto il discorso post-conciliare modernista sulla Chiesa una e molteplice al contempo, ndr] la Chiesa Santa, Cattolica, Apostolica, Romana (cfr. Conc. Vat. , Const. de Fide cath., cap. I), nulla si trova di più nobile, di più grande, di più divino di quell’espressione con la quale essa vien chiamata “il Corpo mistico di Gesù Cristo”; espressione che scaturisce e quasi germoglia da ciò che viene frequentemente esposto nella Sacra Scrittura e nei Santi Padri […] si allontanano dalla verità divina coloro che si immaginano la Chiesa come se non si potesse né raggiungere ne vedere, quasi che fosse una cosa “pneumatica” (come dicono) per la quale molte comunità di cristiani, sebbene vicendevolmente separate per fede, tuttavia sarebbero congiunte tra loro da un vincolo invisibile […] In realtà, tra i membri della Chiesa bisogna annoverare esclusivamente quelli che ricevettero il lavacro della rigenerazione, e professando la vera fede, non si separarono da se stessi, disgraziatamente, dalla compagine di questo corpo, e non  ne furono separati dalla legittima autorità per gravissime colpe commesse [i.e. eretici, scismatici, apostati, scomunicati]” (Enciclica “Mystici Corporis”, 29 giugno 1943).

12 marzo 1939 : Pio XII incoronato e acclamato “Padre dei principi e dei re, Reggitore del mondo e Vicario in terra del Salvatore nostro Gesù Cristo”

“Non basta accettare con docilità gli antichi documenti del magistero ecclesiastico, ma occorre in più abbracciare con fedele sottomissione di cuore tutte quelle definizioni che dalla Chiesa in forza della sua suprema autorità di tempo in tempo ci siano proposte a credere. Anzi, non è lecito, neppure sotto il pretesto di rendere più agevole la concordia, dissimulare neanche un dogma solo; giacché, come ammonisce il Patriarca alessandrino [i.e. S. Cirillo]: «Desiderare la pace è certamente il più grande e il primo dei beni, però non si deve per siffatto motivo permettere che ne vada di mezzo la virtù della pietà in Cristo» (Ep. 61). Perciò non conduce al desideratissimo ritorno dei figli erranti alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria, che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o almeno la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, ma bensì l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata” (Enciclica “Orientalis Ecclesiæ”, 9 aprile 1944)

Pio XII celebra la Santa Messa nella cappella privata del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo

“Il Tribunale per la tutela della fede [i.e. il Sant’Uffizio dell’Inquisizione] è dunque un organo legittimo della potestà giudiziaria nella Chiesa, in quanto essa è una società religiosa perfetta. Il suo ufficio è di reagire giuridicamente contro ogni attacco diretto a colpire uno dei suoi più importanti e vitali beni. I delitti dell’eresia e dell’apostasia non potevano né possono lasciare la Chiesa indifferente od inerte […] La Chiesa Cattolica, come abbiamo già detto, è una società perfetta, la quale ha per fondamento la verità della fede infallibilmente rivelata da Dio. Ciò che a questa verità si oppone è necessariamente un errore e all’errore non si possono obiettivamente riconoscere gli stessi diritti che alla verità. In tal guisa la libertà di pensiero e la libertà di coscienza hanno i loro limiti essenziali nella veridicità di Dio rivelatore” (Discorso ai membri del Tribunale della Sacra Romana Rota, 6 ottobre 1946)

Tra la folla acclamante dei fedeli

“La Liturgia dell’epoca antica è senza dubbio degna di venerazione, ma un antico uso non è, a motivo soltanto della sua antichità, il migliore sia in se stesso sia in relazione ai tempi posteriori ed alle nuove condizioni verificatesi. Anche i riti liturgici più recenti sono rispettabili, poiché sono sorti per influsso dello Spirito Santo che è con la Chiesa fino alla consumazione dei secoli, e sono mezzi dei quali l’inclita Sposa di Gesù Cristo si serve per stimolare e procurare la santità degli uomini. È certamente cosa saggia e lodevolissima risalire con la mente e con l’anima alle fonti della sacra Liturgia, perché il suo studio, riportandosi alle origini, aiuta non poco a comprendere il significato delle feste e a indagare con maggiore profondità e accuratezza il senso delle cerimonie; ma non è certamente cosa altrettanto saggia e lodevole ridurre tutto e in ogni modo all’antico. Così, per fare un esempio, è fuori strada chi vuole restituire all’altare l’antica forma di mensa; chi vuole eliminare dai paramenti liturgici il colore nero; chi vuole escludere dai templi le immagini e le statue sacre; chi vuole cancellare nella raffigurazione del Redentore crocifisso i dolori acerrimi da Lui sofferti; chi ripudia e riprova il canto polifonico anche quando è conforme alle norme emanate dalla Santa Sede [Una dettagliatissima profezia della devastante rivoluzione liturgica di nemmeno vent’anni dopo!, ndr]. Come, difatti, nessun cattolico di senso può rifiutare le formulazioni della dottrina cristiana composte e decretate con grande vantaggio in epoca più recente dalla Chiesa, ispirata e retta dallo Spirito Santo, per ritornare alle antiche formule dei primi Concili, o può ripudiare le leggi vigenti per ritornare alle prescrizioni delle antiche fonti del Diritto Canonico, così, quando si tratta della sacra Liturgia, non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per le mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l’eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono con grande danno delle anime, e che la Chiesa, vigilante custode del «deposito della fede» affidatole dal suo Divino Fondatore, a buon diritto condannò. Siffatti deplorevoli propositi ed iniziative tendono a paralizzare l’azione santificatrice con la quale la sacra Liturgia indirizza salutarmente al Padre celeste i figli di adozione” (Enciclica “Mediator Dei”, 20 novembre 1947)

Solennissima processione del Corpus Domini del 1950

“Non chiedeteci qual è il “nemico”, né quali vesti indossi. Esso si trova dappertutto e in mezzo a tutti; sa essere violento e subdolo. In questi ultimi secoli ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell’unità nell’organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia; la ragione senza la fede; la libertà senza la autorità; talvolta l’autorità senza la libertà. È un “nemico” divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato. Ed ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio […] Il Papa deve, al suo posto, iincessantemente vigilare e pregare e prodigarsi, affinché il lupo non finisca col penetrare nell’ovile per rapire e disperdere il gregge” (Discorso agli uomini dell’Azione Cattolica, 12 ottobre 1952)

Tra i suo concittadini e figli durante i bombardamenti degli Alleati su Roma nel 1943.

“Dovunque miri la società umana, dovunque essa tenda, se si allontana da Dio, anziché godere della tranquillità agognata e della concordia e della pace degli animi, finisce per turbarsi e angosciarsi, come chi è agitato dalla febbre; e mentre tende ansiosamente alle ricchezze terrene, ai vantaggi e ai piaceri, fidando solo in essi, insegue un’ombra fugace, s’appoggia al caduco. Infatti, senza Dio e la sua santissima legge non può esserci tra gli uomini un giusto ordine, né una vera felicità, poiché manca il solido fondamento sia alla condotta privata sia alla società civile” (Enciclica “Invicti athletæ Christi”, 16 maggio 1957)

Consacrazioni episcopali all’altare della Cattedra

“Quando si tratta dell’altra ipotesi, cioè del poligenismo, allora i figli della Chiesa non godono affatto della medesima libertà. I fedeli non possono abbracciare quell’opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l’insieme di molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio (cfr. Rom. V, 12-19; Conc. Trident., sess. V, can. 1-4)” (Enciclica “Humani generis”, 12 agosto 1950).

“PETRVS LOCVTUS EST PER PIVM”
1° novembre 1950 : Proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria al cielo in anima e corpo

“Siamo pieni di fiducia che queste suppliche e queste aspirazioni indice del valore che ai luoghi santi annette così gran parte della famiglia umana, rafforzino negli alti consessi, nei quali si discutono i problemi della pace, la persuasione dell’opportunità di dare a Gerusalemme e dintorni, ove si trovano tanti e così preziosi ricordi della vita e della morte del Salvatore, un carattere internazionale che, nelle presenti circostanze, sembra meglio garantire la tutela dei santuari. Così pure occorrerà assicurare con garanzie internazionali sia il libero accesso ai luoghi santi disseminati nella Palestina, sia la libertà di culto e il rispetto dei costumi e delle tradizioni religiose” (Enciclica “In multiplicibus Curis”, 24 ottobre 1948)

Ogni essere umano, anche il bambino nel seno materno, ha il diritto alla vita immediatamente da Dio, non dai genitori, né da qualsiasi società o autorità umana. Quindi non vi è nessun uomo, nessuna autorità umana, nessuna scienza, nessuna «indicazione» medica, eugenica, sociale, economica, morale, che possa esibire o dare un valido titolo giuridico per una diretta deliberata disposizione sopra una vita umana innocente, vale a dire una disposizione, che miri alla sua distruzione, sia come a scopo, sia come a mezzo per un altro scopo, per sé forse in nessun modo illecito. Così, per esempio, salvare la vita della madre è un nobilissimo fine; ma l’uccisione diretta del bambino come mezzo a tal fine, non è lecita. La diretta distruzione della cosiddetta «vita senza valore», nata o non ancora nata, praticata pochi anni or sono in gran numero, non si può in alcun modo giustificare. Perciò, quando questa pratica ebbe principio, la Chiesa dichiarò formalmente essere contrario al diritto naturale e divino positivo, e quindi illecito, l’uccidere, anche se per ordine della pubblica autorità, coloro che, sebbene innocenti, tuttavia per tare fisiche o psichiche non sono utili alla nazione, ma piuttosto ne divengono un aggravio (Decr. S. Off. 2 dec. 1940 – Acta Ap. Sedis vol. 32, 1940, p. 553-554). La vita di un innocente è intangibile, e qualunque diretto attentato o aggressione contro di essa è violazione di una delle leggi fondamentali, senza le quali non è possibile una sicura convivenza umana. Non abbiamo bisogno d’insegnare a voi nei particolari il significato e la portata, nella vostra professione, di questa legge fondamentale. Ma non dimenticate: al di sopra di qualsiasi legge umana, al disopra di qualsiasi «indicazione», si leva, indefettibile, la legge di Dio. […] Se ciò che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben più forte ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col battesimo. Nella presente economia non vi è altro mezzo per comunicare questa vita al bambino, che non ha ancora l’uso della ragione. E tuttavia lo stato di grazia nel momento della morte è assolutamente necessario per la salvezza; senza di esso non è possibile di giungere alla felicità soprannaturale, alla visione beatifica di Dio. Un atto di amore può bastare all’adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al difetto del battesimo: al non ancora nato o al neonato bambino questa via non è aperta. Se dunque si considera che la carità verso il prossimo impone di assisterlo in caso di necessità; che questo obbligo è tanto più grave ed urgente, quanto più grande è il bene da procurare o il male da evitare, e quanto meno il bisognoso è capace di aiutarsi e salvarsi da sé; allora è facile di comprendere la grande importanza di provvedere al battesimo di un bambino, privo di qualsiasi uso di ragione e che si trova in grave pericolo o dinanzi a morte sicura. Senza dubbio questo dovere lega in primo luogo i genitori; ma in casi di urgenza, quando non vi è tempo da perdere o non è possibile di chiamare un sacerdote, spetta a voi il sublime ufficio di conferire il battesimo” (Discorso alle partecipanti al Congresso dell’Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951)

“Il pensiero e la vita moderna debbono essere ricondotti e riguadagnati a Cristo. Cristo, la sua verità, la sua grazia, non sono meno necessari alla umanità del nostro tempo che a quella di ieri e di ier l’altro, di tutti i secoli passati e futuri. Tale è l’unica fonte di salvezza : la fede cattolica; non già una fede mutilata, anemica, edulcorata, ma in tutta la sua integrità, la sua purezza e il suo vigore” (Discorso ai gruppi italiani di «Rinascita Cristiana», 22 gennaio 1947)

3 giugno 1951 : Beatificazione di Pio X

“Non si danno terreni recinti né direzioni vietate all’azione del cristiano: nessun campo di vita, nessuna istituzione, nessun esercizio di potere possono essere inibiti ai cooperatori di Dio per sostenere l’ordine divino e l’armonia nel mondo. Tale intervento non suggerisce in alcun modo l’idea di un’azione segregata e quasi gelosa dell’altrui contributo. Già più volte abbiamo detto che i cattolici possono e debbono ammettere la collaborazione con gli altri, se l’azione di questi e l’intesa con loro siano tali da giovare veramente all’ordine e all’armonia nel mondo. Tuttavia è necessario che i cattolici si rendano prima conto di quanto possono e di quel che vogliono; siano, cioè, preparati spiritualmente e tecnicamente a quel che si propongono. Altrimenti non apporteranno nessun positivo aiuto, tanto meno il prezioso dono di eterna verità alla causa comune, con evidente detrimento dell’onore di Cristo e delle proprie anime. Ciò posto, non è giusto di ascrivere a spirito di «intolleranza» e di segregazione, spesso chiamato «ghetto», se i cattolici tendono ad avere la scuola, l’educazione e la formazione della gioventù sul fondamento cristiano; a istituire organizzazioni cattoliche professionali; a favorire l’organizzato influsso dei principi cristiani anche nel campo politico e sindacale, ove la tradizione e le circostanze lo consigliano. Non fu unicamente l’«idea» cristiana, meramente astratta, a creare, nel passato, l’elevata civiltà di cui vanno giustamente orgogliose le nazioni cristiane; ma le concrete attuazioni di quella idea, vale a dire, le leggi, gli ordinamenti, le istituzioni fondate e promosse da uomini dediti alla Chiesa ed operanti sotto la sua guida, o almeno sotto la sua ispirazione. La Gerarchia cattolica non fu soltanto sollecita affinché la luce della fede non si spegnesse; ma, con opere concrete di governo, di disposizioni, di scelta e designazione di uomini, ha costituito quel multiforme complesso di organismi vivi, che, accanto ad altri non propriamente suoi, sono alla base della convivenza civile. L’azione cristiana non può, neppure oggi, rinunziare al proprio titolo e carattere, solo perché qualcuno vede nell’odierno consorzio umano una società cosiddetta pluralistica, scissa da opposte mentalità, irremovibile nelle rispettive posizioni ed insofferente di ogni collaborazione che non si svolga sul piano semplicemente «umano». Se questo «umano» significa, come sembra, agnosticismo circa la religione e i veri valori della vita, ogni invito alla collaborazione equivarrebbe ad una richiesta di abdicazione, cui il cristiano non può consentire” (Ultimo radiomessaggio natalizio, 22 dicembre 1957)

La spoglia mortale di Pio XII