Nota di Radio Spada: si chiude significativamente oggi domenica delle Palme 2019 la pubblicazione a puntate di questo breve racconto apologetico di Charlie Banyangumuka, redattore di Radio Spada. Rileggetevelo se volete durante questa settimana santa: è scritto in una prosa fluente e appassionata che ristora il cuore. All’autore il ringraziamento di Rs per aver consentito la sua pubblicazione a puntate e l’incoraggiamento a scrivere nuove cose che certamente pubblicheremo. (Piergiorgio Seveso – Presidente di Radio Spada SQE)
Cap XIX “Io sarò con voi”
Idi di giugno del 306
I carcerieri giunsero poco dopo il sorgere del sole. Entrarono in quattro: per prima cosa li sciolsero dalle loro catene poi li sospinsero fuori nei corridoi della prigione. Defendente vide che, a turno, alcune guardie entravano in altre celle. Mentre passava, si aprì una porta da dove emerse un vecchio trascinato a forza da un energumeno. Vennero portati verso l’esterno delle segrete nella zona atta a custodire ceppi, pali e ferraglia; Flavio notò con orrore sul pavimento nove enormi travi di legno. Cercò lo sguardo di Defendente ma vide che il ragazzo, non capiva perchè, si era recato a confabulare con gli aguzzini. Rimase ancor più sorpreso quando il suo amico si mise a lato dei carnefici. Ad uno ad uno i condannati furono fatti avvicinare e Defendente li aiutò a caricarsi la croce in spalla. Con il vecchio fu più difficile ma riuscì infine ad aiutarlo. Flavio si avvicinò per prendere la sua:”Adesso oltre che martire pure Cireneo?” i due amici risero di gusto alla battuta. Il giovane si accinse ad aiutare l’amico ma Flavio lo fermò :” Carica la tua, e non tardare.” Defendente prese la traversa e se la pose, non senza fatica, sulle spalle e subito sentì alcune schegge penetrargli la carne. Come gli altri, venne assicurato con delle corde in modo tale che il palo non slittasse. Tutti e nove vennero poi legati mediante robuste corde per le caviglie. Tra i soldati, Flavio e Defendente notarono Terenzio e Rogaziano, i loro due amici. Il primo aveva il volto rigato dalle lacrime mentre il secondo,per rispetto, teneva la testa china mentre ad uno ad uscivano i martiri e pregava. Uscirono per le strade mentre la folla si apriva al loro passaggio. Alcuni si velavano il capo,altri li sbeffeggiavano mentre altri ancora scuotevano il capo. Defendente sentì il peso della croce farsi sempre più insopportabile. Quando giunsero alle porte della città, il vecchio, che aveva mostrato segni di cedimento sin dai primi passi, cadde. Rogaziano estrasse la spada, tagliò le funi che lo legavano e si caricò il legno in spalla gettando le armi; questo gesto scatenò l’ira silenziosa del centurione che li stava portando. Il legionario lo fronteggiò con lo sguardo finchè il graduato non acconsentì. Dopo un tempo indeterminato ma non lungo giunsero ad una piccola collina: a lato della strada una nutrita folla. Tra questi, Defendente vide con piacere e gioia molti cristiani della comunità e il suo gaudio aumentò quando vide Telica con in braccio Donaziano. I due erano a meno di quindici passi:” Abbi cura di lui” disse lui con le labbra “Tu sii forte” gli rispose.
Un dolore acuto lungo tutto la schiena, un’orribile sensazione. Dopo avergli fatto depositare la croce, lui si era seduto ma per tutta risposta era stato colpito da un calcio che lo aveva fatto cadere contro il palo verticale, con numerose schegge entrategli nelle spalle. Dopo che uno ebbe fissato lo stipes al patibulum, con altri calci annessi per far spostare Defendente, un secondo prese delle corde ed iniziò a legargli prima un braccio poi l’altro. Infine estrasse un chiodo e, mentre un terzo teneva fermi i piedi,glieli inchiodò. Un dolore ancor più acuto lo trapassò e il ragazzo urlò: avrebbe preferito mille volte il taglio della lama, come quel giorno a Lambaesis.. Sentì poi i chiodi poggiarsi sulle mani poco prima del polso, vide il martello alzarsi e lo senti colpire. Volle svenire. Sentiva, martellata dopo martellata, il ferro farsi largo fra tendini,ossa e muscoli e disintegrare tutto. Lo stesso si ripetè per l’altra mano. Alzò di un minimo la testa e lo sguardò si posò su Flavio che veniva inchiodato alla sua destra, poco distante da lui, ed issato. Venne il suo turno e via via che si sollevava sentiva il suo corpo cadere verso il basso, aumentando il dolore nei polsi trapassati dai chiodi. Si trovò infine sospeso ed appeso. La fronte imperlata di sudore, le mani che dolevano per le corde strette ed i chiodi; non riusciva a muovere le braccia ma sentiva la carne lacerata. E aveva bisogno di respirare.
Non si sarebbe aspettato di morire così. Aveva sognato la sua morte in un comodo triclinium attorniato dai suoi familiari. Aveva sognato anche di morire in battaglia, come gli eroi che gli aveva fatto conoscere suo padre. Ora invece era qui e vedeva, accanto a sè, il suo amico urlare per il dolore. Sapeva comunque di fare la cosa giusta: non rinnegare ciò per cui era vissuto. Certo, era scappato una volta, era fuggito ma non oggi. Oggi,almeno sperava, avrebbe finalmente reso l’anima al Principe della pace ma non si sarebbe presentato da solo: sarebbe giunto assieme al suo amico, a quel Defendente, che anni prima aveva chiamato sbarbatello. Ora quello sbarbatello stava insegnando a tutta la Numidia che rimanere fedeli a Cristo comportava sacrifici e finanche la morte. Guardò i rivoli di sangue lungo il braccio che facevano la loro corsa verso il basso seguendo il torace. Pensò inevitabilmente al Maestro anche se, ne era consapevole, la sua sofferenza non era minimamente paragonabile a quella del Figlio di Dio. Si tirò su, cercando di respirare, il metallo lacerò ulteriormente la pianta dei piedi. Non ne poteva più delle urla, sue e dei compagni, del sangue e di quella situazione.
Due giorni dopo
L’alba sorse, anche se i suoi occhi erano terribilmente affaticati per poterla vedere bene. Era riuscito a dormire, anche se più che dormire si era appoggiato sul suo braccio cercando di non pensare al dolore. Aveva avuto un sussulto e ciò gli aveva procurato ulteriore dolore. Quasi tre giorni, un tempo immenso. Un’eternità passata coi polsi trafitti. Non usciva quasi più sangue, le braccia rigide e gli stinchi coi crampi. Con le poche forze rimaste, girò il collo verso Flavio. Il suo fiero compagno di contubernio, fuga e Fede era morto; lo aveva visto accasciarsi alle prime luci dell’alba, il giorno prima. Da un giorno il corpo ondeggiava,inanimato, nel vento leggero che gli muoveva i capelli. Tutti i suoi compagni di martirio erano già tra le braccia di Cristo. Abbassò la testa guardando il sangue secco incrostare i suoi piedi: ormai non sentiva più nulla nè mani nè piedi. Solo un’enorme stanchezza ed il desiderio che tutto finisse. Si voltò alla sua sinistra e vide un condannato la cui croce era attaccata alla sua. Il crocifisso aveva strani rami spinosi nella testa. Defendente guardò con le poche forze restategli l’inaspettato compagno sollevare la testa e fissarlo. Gli stessi occhi, la stessa barba a due punte, lo stesso sguardo dolce ma severo:”Ti sono sempre stato vicino” “Sto morendo vero Maestro?” sussurrò. Una guardia si avvicinò con una mazza per capire cosa succedesse e per porre fine alle sue sofferenze:” Sì, il tuo momento è venuto Defendente. In Verità, in Verità Io ti dico: oggi sarai con Me in Paradiso”. Defendente scoppiò a piangere ed emise un urlo strozzato di gioia. Abbassò lo sguardo verso il soldato :”Fà ciò che devi, amico mio” sussurrò. Quello annuì e, impugnando la mazza con due mani, vibro il colpo poco sotto le ginocchia, prendendo entrambe le gambe. Un ultimo urlo strozzato, un’ultima sofferenza. Poi via, verso l’Alto.
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