di Giuliano Zoroddu

Il 5 aprile 1419, seicento anni fa, a Vannes (Bretagna) Dio chiamava a sé san Vincenzo Ferrer, sacerdote dell’Ordine Domenicano predicatore instancabile del Giudizio di Dio, Taumaturgo tra i più potenti: “Per suo mezzo la potenza divina operò molti prodigi e miracoli a conferma della sua vita e predicazione. Infatti spessissimo per l’imposizione delle sue mani, gli infermi ricuperarono la sanità; scacciò dai corpi gli spiriti immondi; restituì l’udito ai sordi, la favella ai muti, la vista ai ciechi ; guarì i lebbrosi; risuscitò i morti[1]. Apparve al mondo quale un novello san Giovanni Battista e come tale lo ricorda anche la Santa Chiesa: “osservava sempre un digiuno inviolabile, purché non ci fosse urgente necessità … non mangiò mai carne, né indossò biancheria di lino[2].

Ma ciò che maggiormente rimane impresso nella mente a considerare la vita di questo gran Santo, sono i suoi miracoli che ebbero inizio fin dalla fanciullezza.

Nato a Valencia il 23 gennaio 1350 dai nobili Guglielmo Ferrer e da Costanza Migue, fu chiamato Vincenzo in onore dell’omonimo santo Diacono martirizzato a Valencia il 22 gennaio del 304. Il nome fu scelto dal curato che lo battezzò: siccome Dio aveva fatto intendere con vari segni che il neonato sarebbe diventato un gran predicatore della Verità, doveva essere chiamata con il nome, che indicasse la vittoria sui nemici della stessa.

La primissima infanzia non destò particolare stupore: lasciava però ammirati il fatto che il bimbo che quasi mai piangeva, effondesse lacrime copiosissime davanti alle immagini di Gesù e della Vergine Maria. La “calma” durò tuttavia pochissimo, infatti, il primo miracolo (invero simpatico) registrato dagli agiografi avvenne quando Vincenzo aveva cinque anni

Trattenendosi vicino ad un pozzo con altri fanciulli, in esso per caso venne a cadere una delle sue scarpette. Iddio per mostrare d’averlo eletto per istrumento della sua onnipotenza, mosselo a farvi sopra il segno della croce per ricuperarla, e allora fu veduta salire l’acqua sino alla sommità del labbro [del pozzo], portando seco a galla la caduta scarpa, donde poté egli con ogni comodità ripigliarla. [3]

Ma già a nove anni Dio operava per mezzo suo qualcosa di più serio: la resurrezione di un compagno.

Salito Vincenzo a vedere il defunto compagno, lo trovò già vestito con pompa funebre … Nulla smarrissi il Santo a quella vista, ma presolo per la mano: “Su, dissegli, andiamo alla scuola, e con nuovo e gran portento richiamatolo alla vita, il condusse pur allora seco. [4]

Anche  in seguito Dio vorrà che risuscitasse morti, come avvenne in Salamanca quando richiamò dalla tomba una donna perché confermasse la verità della sua predicazione.

La educazione ricevuta in famiglia e la frequentazione della chiesa fece del giovane Vincenzo un buon cristiano stimato dai suoi coetanei e da tutta Valencia, che assisteva al suo progredire nella virtù (esplicitata dai miracoli), per cui si profilava un’ottima carriera. Ma lo Spirito Santo gli indicò nella vita apostolica dei seguaci di san Domenico la vita cui era chiamato. Così il 5 febbraio 1367 rivestì le sacre lane dei Predicatori. Compì gli studi a Barcellona,Tolosa, Lerida (dove insegnò Logica dal 1371) e Parigi. Lo studio e l’insegnamento non gli impedirono di compiere i miracoli anzi … Notissimo è quello che operò a Barcellona. Un operaio stava cadendo da un’impalcatura, ma il priore gli aveva ordinato di astenersi per un po’ dai miracoli e dalle profezie. Vincenzo, santo nell’obbedienza e nell’umiltà che non si gonfia nei divini carismi, lo fermò a mezz’aria e lo lasciò in un tale stato per andare a chiedere al superiore il permesso di fare il miracolo, cosa che fu ovviamente concessa.

Ormai sacerdote (1374) ed in possesso di tutti i gradi accedemici, tornò in patria nel 1378 e vi insegnò la Sacra Teologia secondo l’insegnamento di san Tommaso.

Ma la predicazione era ciò per cui maggiormente era portato:

Avuta subito licenza dai superiori di predicare la parola di Dio, cominciò a confondere la perfidia dei Giudei, a confutare gli errori dei Saraceni con tanta forza ed efficacia, che ricondusse alla fede di Cristo una ingente moltitudine di questi infedeli, e richiamò molte migliaia di Cristiani dai peccati alla penitenza, dai vizi alla virtù. [5]

Il suo “Timete Deum et date illi honorem quia venit hora iudicii eius” (Temete Dio e rendetegli onore, poiché vien l’ora del suo giudizio) riecheggiò potente per la Cristianità, in quel tempo dilaniata dallo scisma d’Occidente (1378-1417). Lo stesso san Vincenzo vi fu coinvolto, trovandosi nel campo avignonese (quello degli antipapi) fino al 1414. Per tre anni fu infatti confessore di Benedetto XIII de Luna, dopo i quali ottenne di lasciare Avignone per darsi alla predicazione itinerante. Infatti nel 1398, mentre le truppe di Carlo VI di Francia assediavano Avignone, cadde malato e …

… una notte gli apparve Cristo Signor Nostro,accompagnato dai Santi Domenico e Francesco, e corteggiato da infinito numero di Spiriti Angelici: ed avvicinatosi al letto dell’Infermo, dopo averlo assicurato che tra pochi anni si sarebbe sedato lo scisma, ordinogli di togliersi immantinente dal letto, e andare, come suo Apostolo, per il mondo predicando la verità evangeliche ed inveendo contro i vizj, ed annunziare alle genti il vicino dì del giudizio. [6]

E nella predicazione si rinnovellavano i prodigi dell’antica predicazione apostolica

Spesse fiate furono dagli uditori veduti sovra la sua testa fare nobil corona Cori di Angeli, mentre egli predicava … Fu dotato da Dio del dono delle lingue, ma differente dal conceduto agli Apostoli: imperocché egli non parlò mai né predicò se non nella propria lingua patria, eppure era bene inteso da tutte le nazioni, ancorché straniere e d’idioma dal Valenciano separatissimo; onde è che ritrovandosi a udirlo Francesi, Tedeschi, Italiani e altri di differente favella, parea loro che Francese, Tedesco e Italiano egli ragionasse. Aggiungasi che, essendo sì grande il concorso che alle volte trascendeva il numero d’ottanta mila, ed era in gran parte obbligato il popolo ad assistere alle sue prediche da lontano, era nondimeno da tutti udito così distintamente come se ciascuno fosse stato a piè dello stesso pulpito … come anche [avvenne] ad una donna della città di Alicante lontana ventidue leghe da Valenza, ove predicava il Santo [7]

Grande fu il suo potere sulle infermità, per guarire le quali recitava la seguente preghiera: Jesus Mariae Filius, mundi salus, et Dominus, qui te traxit ad fidem catholicam, te in ea conservet et beatum faciat, et ab hac infirmitate liberare dignetur (Gesù, Figlio di Maria, salvezza e Signore del mondo, che ti trasse alla fede cattolica, ti faccia perseverare in essa, ti faccia beato e si degni di liberarti da questa infermità).

Ma la sua “specialità” erano le infermità dello spirito, i peccati, ben peggiori di quelle che martoriano i corpi. Penitente anzitutto egli stesso, inculcava lo stesso a coloro che guidava nei cammini della grazia e della salvezza. E il suo rigore non già allontanava coloro che erano bisognosi di misericordia, ma li avvicinava a Gesù Cristo. Ne convertì, si dice, quarantamila e molti ne condusse alla contrizione in punto di morte . Quest’ultimo il caso (molto attuale) di due sodomiti

Predicava nella Città di Zamora in tempo che si conducevano due delinquenti condannati al fuoco per il peccato nefando, da loro commesso. Dimandò il Santo dal pulpito, che gli fossero condotti avanti ad effetto d’esortarli a ben morire; fattili ivi coprire con un mantello si diè a predicare contro vizio sì abominevole con grande energia ad effetto di muoverli ad una vera contrizione . Durò per lo spazio di due ore la predica e, quella finita, ordinò che fossero scoperti, e con immenso stupore di ciascuno furono trovati convertiti in cenere  … Proseguì quindi il Santo a predicare sovra gl’effetti della contrizione coll’esempio di quei due, dicendo, che essendo essi già condannati al fuoco eterno, erano state purificare l’anime loro da quello della contrizione, che l’avea rendute più candide della neve e degne del Paradiso. [8]

Sicuramente il Santo lo stimò uno dei suoi più grandi miracoli perché come ebbe a dire lui stesso: “È un miracolo più grande di far risuscitare i morti, che chi ha fatto una cattiva vita faccia una buona morte

Non si limitò ai peccati dei cristiani, ma con pari zelo si adoperò per la conversione degli Eretici, specialmente Catari – questa fu la sua occupazione durante il suo passaggio in Piemonte e Lombardia – e degli Infedeli.

Convertì alla Fede Cristiana più di ottomila Maomettani e più di venticinquemila Ebrei, fra i quali furono i più dotti Rabbini, e specialmente quello più insigne che di Paolo di Santa Maria prese il nome e che fatto indi Vescovo di Burgos, condusse alla Cattolica Fede sopra quarantamila Maomettani ed Ebrei. [9]

Non gli mancò il dono della profezia. Si racconta che a futuro san Bernardino predisse la sua missione di predicatore e la santità e che lo stesso fece alla madre di Alfonso Borgia, preannunziandole l’elezione al soglio petrino del figlio, che effettivamente sarebbe diventato papa col nome di Callisto III e il 3 giugno 1455 avrebbe canonizzato il medesimo Vincenzo.  

Questi elencati sono soltanto alcuni degli innumerabili miracoli compiuti da san Vincenzo Ferrer nella sua vita, cui si aggiunsero quelli operati dopo la sua morte e quelli che ancora impetra dalla sede beata del Paradiso.


Pila de san Vicente. In questo fonte nella chiesa di Santo Stefano a Valencia fu battezzato San Vincenzo Ferrer.
Reliquia del capo del Santo all’interno della sua casa natale trasformata in chiesa
Tomba di san Vincenzo Ferrer (Cattedrale di Vannes)



[1]  Breviarium Romanum, Ad Matutinum S. Vincentii Ferrerii, Lectio VI.

[2] Ibidem.

[3] Don Vincenzo Vitoria, Vita e miracoli dell’Apostolo Valenziano San Vincenzo Ferreri dell’Ordine de’ Predicatori, Roma, 1705, p. 7-8.

[4] Ivi, p. 8.

[5] Breviarium Romanum, Ad Matutinum S. Vincentii Ferrerii, Lectio IV.

[6] Don Vincenzo Vitoria, op. cit., p. 25.

[7] Ivi, pp. 32- 34.

[8] Ivi, p. 74

[9] Ivi, p. 39.