di Giuliano Zoroddu

“Guardiamo a ciò che ci unisce e non a ciò che ci divide”. è questo il mantra dei modernisti che da cinquanta anni trascinando la Chiesa nel dialogo ecumenico ed interreligioso, con eretici, scismatici ed infedeli di ogni sorta. Ebbene nessuno più della Vergine Santissima mette in pratica questa massima, nessuno come Lei tiene conto di ciò che ci unisce, di ciò che ci unisce veramente: la necessità che abbiamo di essere cattolici per ottenere quella salvezza per la quale ha dato alla luce, allevato e visto morire fra i tormenti della Croce il Figlio Gesù. E quindi nessuno più di Maria Vergine è anti-ecumenico. La stessa nostra Santa Madre Chiesa ce lo conferma quando nel Ufficio Divino le canta: “Gaude, Maria Virgo: cunctas hǽreses sola interemísti in univérso mundo” [Rallegrati, o Vergine Maria, perché da sola hai distrutto tutte le eresie nel mondo intero].
Gli annali della Chiesa registrano innumerabili avvenimenti che testimoniano di questa verità, di come cioè la Vergine sia da un lato sommamente impegnata nella difesa della Ortodossia della Fede del suo Figlio e dall’altro nella conversione di coloro che da essa hanno sventuratamente deviato.
La storia di san Domenico è paradigmatica: “Nessuno ignora quanto travaglio e lutto apportassero alla santa Chiesa di Dio, sullo scorcio del secolo XII, gli eretici Albigesi, i quali, generati dalla setta degli ultimi Manichei,riempirono di perniciosi errori le contrade meridionali della Francia ed altre regioni del mondo latino. Spargendo in tutti i luoghi il terrore delle armi,contavano di poter dominare incontrastati con stragi e rovine. Contro siffatti nemici crudelissimi, il misericordioso Iddio, come è noto, suscitò un santissimo uomo, l’inclito padre e fondatore dell’Ordine Domenicano. Egli, grande per la purezza della dottrina, per la santità della vita, per le fatiche dell’Apostolato, prese a combattere intrepidamente per la Chiesa cattolica, confidando non nella forza né nelle armi, ma più di tutto in quella preghiera che egli per primo introdusse col nome del santo Rosario e che, o direttamente o per mezzo dei suoi discepoli, diffuse ovunque. Per ispirazione e per impulso divino, egli ben sapeva che con l’aiuto di questa preghiera, potente strumento di guerra, i fedeli avrebbero potuto vincere e sconfiggere i nemici, e costringerli a cessare la loro empia e stolta audacia. Ed è noto che gli avvenimenti diedero ragione alla previsione. Infatti, da quando tale forma di preghiera insegnata da San Domenico fu abbracciata e debitamente praticata dal popolo cristiano, cominciarono a rinvigorire la pietà, la fede e la concordia,e furono dappertutto infrante le manovre e le insidie degli eretici. Inoltre moltissimi erranti furono ricondotti sulla via della salvezza, e la follia degli empi fu schiacciata da quelle armi che i cattolici avevano impugnate per rintuzzare la violenza” [1].
E sempre per mezzo del Rosario, la stessa arma spirituale che sbaragliò il Turco a Lepanto ed a Vienna e il Protestante al Praga, l’Immacolata continua sempre e senza stancarsi la sua opera per ricuperare gli eretici e in Italia ne abbiamo una delle testimonianze più grandiose: il Pontificio Santuario della Regina del Rosario a Pompei.
Bartolo Longo, che la divina Madre trasse dalle grinfie di Satana per costituirlo Apostolo della sua mistica corona, eresse il magnifico tempio per “contrapporre una riparazione nazionale agli oltraggi che i protestanti e gli increduli fan pubblicamente alla nostra Religione ed alla Vergine Madre di Dio in questa Italia che è sede del Papato, ossia fonte di vera civiltà” [2]. E dal suo Trono di clemenza la Regina delle Vittorie, debellatrice di ogni eresia, più volte ha concesso la grazia della conversione agli erranti. Uno di questi casi è quello della maltese Anna Charles.

«Anna Charles, di religione Protestante, da più di venti anni si era stabilita a Malta. Sposò il maestro Giuseppe Misued, cattolico, da cui ebbe un sol figlio. Il buon Giuseppe e le sorelle di lui, anche esse ferventissime Cattoliche, avevano fatto ogni opera per persuadere Anna di abbandonare la sua setta e abbracciare la Religione Cattolica, ma costei non voleva sentirne, anzi sprezzava la loro credenza con le parole più esecrabili, e in modo speciale i Sacramenti della Confessione e della Comunione. Parecchi sacerdoti dotti furono solleciti della conversione di costei, e segnatamente il compianto P. Alfonso Micalles dei Cappuccini, che per anni ed anni si adoperò per convertirla, ma invano. Nel 1887 Anna si ammalò gravemente. Si sperava che il suo stato grave, e l’affettuosa e sollecita cura di chi le stava d’attorno, e le preghiere continue che si facevano a Dio per la sua conversione, potessero indurla a più savi consigli. Non migliorando, le venne ordinata dai medici una dolorosa operazione, l’amputazione della mammella sinistra. E nell’Ospedale Centrale di Malta, Anna subì la orribile amputazione. Si ridusse però agli estremi; ma tuttoché si vedesse in sul finir della vita, ciò nondimeno non si mosse punto: la ostinazione in lei aveva qualche cosa di diabolico. Rimarginata la ferita, usci dall’ospedale, e, convalescente, passò pochi mesi in casa, sempre tenace nella sua falsa religione. Senonché sul finir dell’Agosto del 1888 ella si ammalò nuovamente. Allora la famiglia di Giuseppe pregò il sacerdote Andrea Debono, di Misida, gran devoto della Vergine di Pompei, che gli piacesse visitare la sciagurata inferma e parlarle di religione. Vi andò difatti costui, e tenne con essa vari ragionamenti; ma da quanto la donna ostinata nell’eresia andava asserendo, egli vide chiaro che la conversione di lei era impossibile. Mostrava essa un odio implacabile verso il proprio marito e la famiglia di lui, verso i Maltesi e la Religione loro: un odio sprezzante in ispecie per i Sacramenti della Confessione e della Comunione. Anzi giunse a tal grado la satanica avversione, che, appena si entrasse a parlare di religione, troncava immantinente qualunque argomento. Una volta fra le latre, rivolta al Reverendo Debono, che con bel garbo le andava esponendo la quiete dello spirito e la pace di chi muore in seno alla Chiesa Cattolica: “Voglio morire da Protestante, gli dichiarò recisamente, assistita dal Reverendo [protestante] e sepolta nel cimitero dei Protestanti“. Questa medesima proposizione ripeteva sovente a suo marito. Con tutto ciò al pio Sacerdote non cadeva al tutto dell’anima la speranza, appoggiata sulla potenza delle Vergine del Rosario onorata nel suo prediletto Santuario di Pompei; e però rac­comandava ai suoi penitenti di pregare per quella donna,di far Novene alla Vergine di Pompei, e di applicare per essa molte Comunioni. Una cognata di Anna, Maria Misued, donna di soda pietà, pregò il reverendo Debono di celebrare una Messa per conseguire la desiderata conversione; e fu stabilito che la messa venisse celebrata il Sabato seguente, 15 Settembre, nel tempo della funzione dei Quindici Sabati che ivi si praticavano. Fu fatto, e nela predica del Mistero il Sacerdote annunziò che quel Sacrifizio veniva applicato per la conversione di una persona; e pregò tutti di unire le preghiere e la Comunione, affinché la Vergine del SS. Rosario facesse ottenere una versa conversione. Intanto si scrisse all’Avv. Bartolo Longo a Valle di Pompei, che si piacesse di fare pregare le Orfanelle del Rosario nel Santuario di Pompei per ottenere la tanto desiderata conversione. Passarono così i giorni della Novena fatta da queste orfanelle, giunse il 29 Settembre, quattordicesimo dei Quindici Sabati, in cui si commemorava la morte beata di Maria Vergine, o meglio il suo felice passaggio da questa all’eterna vita. Era quello il giorno desi­gnato dalla clemente Regina di Pompei a salva­re dagli artigli di Satana quell’anima, per cui da tanti suoi figliuoli si pregava senza posa. Quel che intanto avvenisse nell’animo della protestante noi non sappiamo ridire. Sappiamo solo che infinite sono le vie di Dio per parlare al cuore delle sue creature, ed arcane e soavi ed ineffabilmente belle sono le vien che tiene la Madre dei peccatori per convertire i traviati e ridurli al suo materno Cuore. E non è questa la missione di Maria? E quale altro il disegno arcano della Provvidenza nel far sorgere così prodigiosamente un Tempio monumentale a Pompei, tra lo strepito dei prodigi, se non quello della conversione delle anime a Dio per mezzo di Maria? Tutta la notte di quel sabato Anna non poté chiudere gli occhi al sonno. L’occhio di Maria si era sopra di lei posato, la grazia lavorava su quel cuore infelice. Spuntò l’aurora della Domenica, del giorno del Signore, e la Protestante, ridotta all’ultimo passo, era già mutata in altra. Repentinamente e con meraviglia di tutti domandò: “Dov’è quel sacerdote? Chiamatelo con premura, che io lo voglio vedere il più presto possibile!“. Quindi come le fosse caduta dagli occhi una benda, con volto sereno, ma esprimente la viva sollecitudine dell’animo: “Voglio battezzarmi – gridò – voglio morire da cattolica!“. A queste inaspettate parole, tutti proruppero in un pianto di consolazione, e quasi non credevano a quello che vedevano coi propri occhi. Venne subito chiamato il sacerdote Debono; ma questi era allora sul punto di montare il pergamo in Misida. Rispose che, terminata la predica, sarebbe andato a lei. Ma Anna, fatta sollecita della grazia di Maria, non vuole aspettare, lo fa chiamare nuovamente. Frattanto fui invitato il rev.do Preposito della Collegiata di Birchircara. Questi, tra indicibile commozione, ricevette l’abiura della Protestante convertita, e immantinente la battezzò nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. “Amen” risposero tutti i presenti, tra calde lacrime di tenerezza e di compunzione. A quell’ora entrò in quella casa il reverendo Debono. Al primo vederlo non le parve più una creatura mortale, ma un angelo. Essa lo accolse con gaudio straordinario, gli domandò scusa di non averlo potuto aspettare. Si venne disponendola a ricevere senza perdita di tempo la Cresima. E l’Ecc.mo Monsi­gnor Fra Antonio Maria Buhagiar, qual padre amoroso, venne di notte tempo alletto della moribonda, e sulla novella battezzata impose le mani quale unto del Signore: su quell’anima resa candida dalle acque battesimali fece discendere lo Spirito Santificatore. Non restava per rendere in eterno felice l’anima di Anna Charles che l’ultimo Sacramento della Estrema Unzione; e questo le fu pure amministrato con le sante Indulgenze e con tutti gli altri conforti della Religione Cattolica. Dopo quindici ore della più dolce agonia, rassegnata perfettamente alla volontà santissima di Dio, con la Corona del Santo Rosario in mano, abbracciata al Crocifisso, Anna placidamente rendé l’anima al Creatore, fatta pura dalla acque battesimali e dagli altri Santissimi Sacramenti. La sua morte fu preziosa, anta, cagione non di tristezza e confusione, ma di gaudio e di gioia. Quando sopraggiunse il Sabato novello, che era l’ultimo dei quindici dedicati al Rosario, ed era la vigilia della grande Solennità [del Rosario], il Rev. Debono predicò la immensa bontà della Regina di Pompei verso Anna Charles: la quale, vissuta Protestante ostinata, era morta nel grembo della Chiesa Cattolica, nelle braccia della Madre dei peccatori, che ha posto il trono delle sue misericordie nella Valle del Vesuvio. Nessuno poté trattenere le lagrime a quell’annunzio; ma quel pianto non era il linguaggio del cordoglio o della compassione; ma era un segnale delle tenerezza e della compunzione indefinita che muove ogni cuore nel pensare che di questi miserabili tempi, in cui il demonio fa strage delle anime, la Madre dei peccatori, dalla terra che fu del paganesimo e della morte, salva i peccatori da morte eterna, e li mena alla vita che non ha mai fine. La grande Regina del Cielo e della terra non sa negare grazia alcuna, quando è onorata con la efficace pratica dei Quindici Sabati, ed è in pari tempo invocata col titolo sì gradito al suo materno Cuore, di Regina del Rosario della Valle di Pompei» [3]. 


[1] Leone XIII, Supremi Apostolatus, 1° settembre 1893. Si consiglia la lettura delle Encicliche mariane di Leone XIII, ricchissime di citazioni dal magistero pontificio. Vedi anche Il Rosario di Maria: arma del Cristiano contro il mondo moderno (Giuliano Zoroddu, 7.10.2017).

[2] Bartolo Longo, Storia del Santuario di Pompei, p. 377.

[3] Idem, I Quindici Sabati del Santissimo Rosario, Pompei, 1950, pp. 434-440.