Per degnamente celebrare la memoria di sant’Atanasio d’Alessandria, il vescovo che incarna tutta la resistenza (invero minoritaria) cattolica all’eresia Ariana, abbiamo scelto di offrire al lettore un passo tratto dal Liber Sacramentorum (vol. VII, pp. 144-145) del Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster sul legame di questo grande Campione della Fede con la Sede di Pietro e come questa già nei tempi antichi esercitasse la sua giurisdizione piena su tutta la Chiesa.

La festa di quest’inespugnabile campione della consustanzialità del Logos, non entrò nei Breviari Romani che nel tardo medio evo, e enne arricchita di lezioni proprie e del grado di rito doppio solo al tempo di san Pio V. La cosa si spiega perfettamente; il primitivo calendario romano aveva un carattere spiccatamente locale; gli antichi Padri Orientali non ebbero mai grande popolarità in terra latina; cosi che ancor oggi di molti di quegli antichi luminari di sapienza non si celebra alcun ufficio liturgico. San Gregorio di Nissa, san Dionigi d’Alessandria, sant’Epifanio, ecc., non hanno nel Breviario.Romano alcuna commemorazione. Atanasio tuttavia ha dei meriti speciali per avere, direi cosi, quasi diritto di cittadinanza nell’Eterna Città; giacché, condannato dagli Ariani, deposto dalla sua sede e profugo per l’orbe intero che s’era quasi accordato nella congiura contro di lui, egli cercò un sicuro asilo a Roma, ove in papa Giulio trovò un autorevole vindice della santità della sua causa. Fu là, sull’Aventino, nel palazzo della nobile Marcella di cui era ospite, che l’esule Vescovo descrisse per la prima volta ai Romani la vita maravigliosa d’Antonio e di Pacomio in Egitto. Alla prima semenza di virtù monastiche gittata da Atanasio sul colle Aventino, in breve tenne dietro un’estesa fioritura di monaci e di monasteri che, al dir di san Girolamo, mutò la spensierata capitale del mondo romano in una nuova Gerusalemme.

In onore di sant’Atanasio venne eretta sotto Gregorio XIII una chiesa che è annessa al pontificio collegio Greco, e che perciò è ufficiata, secondo il rito bizantino.

È da ricordare che fu appunto papa Giulio I, quegli che cassata l’ingiusta deposizione d’Atanasio, lo restituì al suo trono patriarcale. Tanto Socrate[1], che Sozomeno, nel narrare il fatto, l’attribuiscono espressamente all’autorità primaziale del Papa su tutta la Chiesa: Οἶα δὲ τῆς πάντων κηδεμονίας αὐτῷ προσηκούσης διὰ τὴν ἀξίας τοῦ θρόνου, ἑκάστῳ τὴν ἰδίαν Ἐκκλησίαν ἀπέδωκε”, cioè “Poiché a lui, a cagione della dignità della sede, apparteneva la cura di tutti, restituì ad ambedue [Atanasio di Alessandria e Paolo di Costantinopoli] la propria Chiesa”[2].

 […] Non sappiamo rinunziare a riferire oggi in onore di tanto Dottore una sua forte proposizione sopra l’indipendenza della Chiesa dal potere laico: “Se è una decisione dei vescovi, che c’entra l’imperatore? … Quando mai s’è intesa siffatta cosa ? Quando mai un decreto ecclesiastico ha conseguito autorità dall’imperatore, o da lui ha ottenuto il riconoscimento? Molti concili sono stati prima d’ora celebrati: molti decreti ecclesiastici sono stati emanati; ma mai i Padri hanno sollecitato tali approvazioni dall’imperatore, mai questo s’è immischiato in ecclesiastici[3].


[1] Historia Ecclesiastica, lib. II, cap. 15, PG 67, col. 211-212

[2] Historia Ecclesiastica, lib. III, cap. 8, 2-3, PG, col. 1051-1052

[3] S. Ath., Hist. Arian. ad Monachos, n. 64. PG. XXV, col. 765-6.