a cura di Giuliano Zoroddu
Dopo aver trattato dei miracoli eucaristici di Lanciano, Bolsena e Walldürn, parliamo oggi del Santíssimo Milagre di Santarem. Tutti questi prodigi rafforzino in noi la fede nella verità della Transustanziazione e la devozione verso Gesù Sacramentato.

La località è sicura: Santarém, una cittadina del Portogallo situata tra Lisbona e Fatima, patria di sant’Irene e di San Ferdinando re. Incerta invece è la data del miracolo. I documenti originali sono andati distrutti e le numerosissime testimonianze che ci rimangono recano date diverse: 1266, 1247, 1346. Queste differenze sembrano attribuibili al fatto che a Santarém si verificò un doppio miracolo e che dalla particola il sangue vivo è sgorgato più volte lungo i secoli.
Ma ricordiamo i fatti: tra il 1266 e il 1247 una giovane sposa, tormentata dall’infedeltà del marito e nell’estremo tentativo di riconquistare l’amore di lui, si rivolse a una fattucchiera. Questa le disse di essere in grado di elaborare un potente filtro d’amore che avrebbe ridato al marito la fedeltà e passione originaria; ingrediente indispensabile per una tale prodigiosa pozione era però una particola consacrata che la sposa stessa doveva procurare.
La giovane donna, pur consapevole del sacrilegio, assecondò la richiesta e recatasi nella sua parrocchia, la Chiesa di Santo Stefano, dopo aver ricevuto l’Eucaristia la nascose furtivamente nell’angolo del fazzoletto che portava sul capo. Una volta uscita si diresse velocemente verso casa, ma alcune persone la fermarono chiedendole se si fosse ferita perché vistose gocce di sangue segnavano il suo cammino. La donna capì all’istante da dove venisse il sangue e col fiato in gola corse a casa, nascondendo rapidamente la particola – avvolta in un panno – dentro a un baule di cedro.
La donna parve acquietarsi, venne la sera, il marito rincasò e, dopo aver cenato si coricarono come al solito. Improvvisamente però, nel cuore della notte, furono svegliati da un bagliore di luce che palpitava dentro la stanza e proveniva dal baule della donna. Questa fu allora, costretta a raccontare ogni cosa al marito che rimase attonito a guardare l’ostia luminosa e sanguinante. I due passarono il resto della notte in silenziosa e commossa adorazione godendo anche – almeno così si tramanda – una visione di angeli adoranti il prodigio.
Non appena fu mattina corsero ad avvertire il parroco, la voce del miracolo si sparse e molta gente si recò nell’abitazione per prostrarsi in adorazione e pregare. L’ostia fu riportata in Chiesa con una solenne processione, il parroco la ripose in un reliquiario di cera d’api e la sanguinazione continuò ininterrottamente per tre giorni.
A questo punto si colloca un secondo miracolo che alcuni vogliono datare parecchio tempo dopo e cioè, appunto, attorno al 1340.
Un giorno il sacerdote che doveva ispezionare la reliquia contenuta nel vasetto di cera, trovò la cera liquefatta e la particola ben custodita dentro una teca di cristallo a collo stretto, ermeticamente chiusa. Nella teca è ancora oggi ben visibile il sangue mescolato a residui di cera e nel corso dei secoli sono state raccolte numerose testimonianze di persone che non solo hanno visto nuove emissioni di sangue, ma anche l’immagine del Salvatore. Tra queste quella autorevole di san Francesco Saverio che visitò il Santuario prima di partire missionario per le Indie.
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