di Massimo Micaletti

Stavolta non parliamo di un’auto ma di un motore, che quest’anno compie sessant’anni o meglio quasi settanta.

E’ il 1950 e Rolls Royce inizia a considerare l’idea di un motore otto cilindri a V, soprattutto per il mercato USA i cui V8 hanno un livello di souplesse di marcia che il propulsore all’epoca montato dalla Casa, otto cilindri in linea, non raggiunge: questo è semplicemente imperdonabile per un marchio che fa del comfort e della raffinatezza suoi connotati irrinunciabili.

Nel 1937 Rolls aveva comprato la Bentley, che nei motori otto cilindri a V ha una ottima esperienza: sicché, grazie all’apporto decisivo degli ingeneri Bentley iniziano i primi schizzi della Serie L41, che nel 1952 passa dal disegno al metallo utilizzando anche parecchio del know how che la Casa ha nel campo dell’aviazione. In Rolls però sanno che da una Rolls non si può pretendere altro che l’eccellenza, sicché passano ben sette anni di sviluppo e nel 1959 il primo L410, V8 cinquemila e passa, esce sulle scene, equipaggiando il modello Silver Cloud II e la Bentley S3, berline di fascino e presenza memorabili.

Come farà sempre finché non cadrà nelle mani dei tedeschi di BMW, Rolls non dichiara la potenza del motore, che definisce, di modello in modello, con una sola parola, eloquente e molto molto inglese: “adeguata”. Qualcuno con molto poco rispetto di cotanta nobiltà mise un L410 al banco e rilevò, negli anni ottanta, duecento cavalli: pochi o tanti per un cinquemila che nel frattempo è ad oltre seimila? Adeguati per una Rolls, direi.

La Serie L410 sarà prodotta dalla Rolls Royce in diverse varianti, crescendo dagli originali cinquemiladuecento centimetri cubi a oltre settemila, sempre con due valvole per cilindro ma, in una versione, persino col turbocompressore (per la Bentley Turbo R e lì i cavalli sono trecento) dal 1959 fino al 1998, quando BMW presenta la prima Rolls Royce con un motore tedesco, la Silver Seraph V12.

Ma la storia di questa possente opera d’arte non finisce qui. Infatti nel frattempo Volkswagen ha rilevato Bentley ed ha tentato di equipaggiare le ammiraglie inglesi con i propri motori: il rigetto è stato immediato, qui non parliamo di clienti che ben distinguono un motore Volkswagen da un attempato ma statuario e pastosissimo V8 di derivazione aeronautica. Così accade una cosa più unica che rara nella storia dell’automobile: un propulsore dismesso, ossia il nostro L410, viene ripreso e rimesso in produzione con qualche aggiornamento e torna in catena di montaggio, ribattezzato L675. Ma è sempre lui, lo stesso che sessant’anni fa s’affacciò sornione, che quasi settant’anni fa era un disegno sul tavolo di un pugno di giovani ingeneri e che oggi, con due turbocompressori giapponesi IHI (sacrilegio!), sviluppa cinquecentotrenta cavalli sull’inarrivabile Bentley Brooklands.