
Dedicato a chi ancora contrappone Francesco a Benedetto. [RS]
articolo di Francesco Boezi apparso su ilgiornale.it lunedì 22 luglio
La voce è di quelle che possono chiarire meglio quali rapporti siano intercorsi, prima di oggi, tra il papa regnante e quello emerito: un sacerdote argentino ha raccontato di come Benedetto XVI avesse chiesto a Jorge Mario Bergoglio la disponibilità per ricoprire l’incarico di segretario di Stato, cioè di “ministro degli Esteri” del Vaticano.
La carica che è poi stata assunta dal cardinal Tarcisio Bertone con Joseph Ratzinger e dal cardinal Pietro Parolin, anni dopo, con l’arrivo di papa Francesco.
Stando sempre alla versione del consacrato sudamericano, l’allora arcivescovo di Buenos Aires, all’epoca, ha preferito declinare. Eravamo agli albori del pontificato del teologo tedesco. L’arcivescovo di Buenos Aires, secondo alcune ricostruzioni giornalistiche sul Conclave che ha eletto l’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva già avuto modo di confrontarsi con quello che sarebbe divenuto il successore di Papa Giovanni Paolo II: alcuni cardinali – sostengono certe fonti, come il noto “diario segreto” di un porporato – avevano già optato per votare l’argentino ma, proprio la stretta volontà di colui che poi avrebbe scelto di chiamarsi Francesco, cioè quella di evitare l’empasse dovuta al mancato raggiungimento dei due terzi delle preferenze, aveva sbloccato le operazioni di voto, consentendo in qualche modo a Joseph Ratzinger di siedere sul soglio di Pietro.
Di seguito, quindi, Benedetto XVI avrebbe individuato in Jorge Mario Bergoglio la figura ecclesiastica più adatta a modificare nel profondo alcuni meccanismi ecclesiastici.
I virgolettati della narrazione del consacrato argentino sono approfondibili anche su Crux,dove si legge: “Il povero Benedetto ha cercato di affrontarlo (riferito alla necessità impellente di una riforma, ndr), e per farlo si è avvicinato a Bergoglio per nominarlo come suo Segretario di Stato, ma Jorge gli ha detto di no”. Il nome del sacerdote narrante è Miguens, che poi ha continuato così: “Benedetto voleva scegliere qualcuno che avesse le unghie di un ‘chitarrista’ in modo che questa persona potesse affrontare la riforma”. Il che può essere interprato anche così: l’attuale papa emerito riteneva che Jorge Mario Bergoglio potesse dare la sterzata necessaria alla Chiesa cattolica. Ma perché l’uomo che poi sarebbe divenuto pontefice, ormai quasi quindici anni fa, scelse, nel caso la narrativa di Miguens risultasse vera, di non trasferirsi a Roma per coadiuvare Benedetto XVI?
Su questa domanda, con ogni probabilità, si concentreranno gli sforzi per verificare, da un punto di vista giornalistico, la veridicità del quadro presentato.
Io sono tra i vostri lettori e amico, che contrappone i 2.
Questo testo non vuol dire nulla.
Potrebbe non essere vero.
E se vero
poteva essere una strategia di Ratzinger che sapeva gia che il tipo era stile TDL e metterlo come segretario significava anche frenarlo.
Non mi sembra che Ratzinger stimasse Bertone nonostante fosse SdS.
Lui sa perché era lì.
Pax
se li conosci li eviti…. entrambi. Non importa se uno muove contro la Chiesa da destra o l’altro da sinistra: tutti e due colpiscono la Chiesa. Ma dei due il più luciferino resta ‘papa’ Ratzinger: l’impostore infingardo, il ‘latet anguis in herba…’. Questo Bergoglio è talmente sbragato, che basterebbe un sorriso di compatimento per liquidarlo: ma tant’è, la idiozia del mondo cattolico è tanto spessa, che non si lascia intaccare…
Bravo Bruno , infatti se non volessero colpire la Chiesa , non sarebbero in due !!!
Io credo che essendo Papa Francesco molto versatile e disposto alle interviste, potrebbe spiegare meglio di tutti Cosa successe! Elementare, direi…
QUANTI PAPI, MAGARI NE FACCIAMO ANCORA QUALCUN ALTRO?
Questo sarebbe aggiunt lo detto dal vaticanista Sandro Magister nello suo articolo “Bergoglio in pole position” (L’Espresso, n. 49 del 28 novembre-5 dicembre 2002, via Settimo Cielo intitolato “Jorge Mario Bergoglio, professione servo dei servi di Dio”), che all’Sinodo dei vescovi dell’autunno del 2001, gli chiesero a Bergoglio, di punto in bianco, di prendere il posto del relatore in programma che aveva dato forfait. Se la cavò con maestria, al punto che alla fine del sinodo, al momento di nominare i 12 del consiglio di segreteria, lo elessero col massimo dei voti; e qualcuno, in Vaticano, pensò di chiamarlo a dirigere un importante dicastero. «Per carità, in curia muoio», implorò.