di Giuliano Zoroddu

Non hanno la fama universale del sangue di San Gennaro, ma la Chiesa conserva e venera anche altri “sangui” interessati da miracolose liquefazioni: il sangue di santa Patrizia,sempre a Napoli; il sangue di san Lorenzo ad Amaseno (Frosinone); il sangue di san Pantaleone a Ravello (Salerno). Di quest’ultimo vogliamo oggi parlare ai Lettori.

Ampolla del sangue di San Pantaleone conservata nel Duomo di Ravello. Da questa ampolla lungo i secoli sono stati tratte piccole porzioni di sangue date in dono a varie chiese dall’Italia alla Spagna.
Busto di S. Pantaleone. Fu realizzato a spese del Canonico Tesoriere Lorenzo Risi che inavvertitamente, nel 1759, lesionò l’ampolla e temendo che il sangue potesse fuoriuscire fece voto di realizzare a sue spese una statua del Santo

Anzitutto chi era san Pantaleone? Era un medico di Nicomedia in Bitinia il quale, come i due suoi colleghi nell’arte e nel martirio santi Cosma e Damiano, curava senza chiedere compenso. Infuriando la persecuzione contro la Chiesa, fu arrestato come cristiano, sottoposto alle torture del cavalletto e del fuoco e infine decapitato il 27 luglio del 305. Ma non è tutto.
Racconta Sant’Alfonso ne Le vittorie dei Martiri: “Dalla testa di s. Pantaleone uscì sangue e latte; e nella città di Ravello nel regno di Napoli si conserva un vaso del di lui sangue, che ogni anno si liquefa, e si vede asperso di sopra con latte, come l’ho veduto anch’io che scrivo questo libro[1].
La liquefazione del sangue di questo martire è testimoniata a Costantinopoli nel 1057 (qui infatti furono tenute le sue reliquie fino alla traslazione in Francia) e la presenza di tale reliquie a Ravello è testimoniata fin dal 1112 (con ogni probabilità la traslazione era avvenuta grazie ai rapporti commerciali di Amalfi con l’Oriente). L’avvenimento del prodigio fu registrato ufficialmente la prima volta nel 1577.
Sebbene lesionata dal 1759 dall’ampolla (la quale sta sempre ferma nella sua cappella) non fuoriesce sangue, che oltretutto si conserva inviolato.
Nel suo Liber Sacramentorum il Cardinale Schuster si sofferma su questo fenomeno miracoloso:
“A Ravello, presso Amali, si custodisce l’ampolla col sangue ed il siero del Martire, i quali in questo giorno si liquefanno, e rimangono in tale stato sino dopo i secondi vespri del giorno seguente. Talora il miracolo avviene anche in altre circostanze straordinarie, come una volta alla presenza del Card. Domenico Bartolini, prefetto della S. Congregazione dei Riti sotto Leone XIII. Il dotto porporato si era condotto a Ravello con un senso un po’ scettico, attribuendo il prodigio all’autosuggestione dei Ravellesi. Invece il Martire volle correggere la sua debole fede, e rinnovò il miracolo sotto i di lui occhi. Del sangue e del siero di san Pantaleone discorrono spesso le antiche fonti greche. Si ricordano anche i seguenti versi nei Menei: Γαλατόμικτον Μάρτυς αῖμα σῆς κάρας  / Δἱ ἥν, ὐδατόμικτον ὀ Χρίστοσ χέει  / Φάσγανον ἑβδομάτη ἤλαχ ἐικάδι Πανταλεήμων (Sgorga sangue e latte dal collo del Martire, pel quale Cristo già sparse sangue ed acqua. Il dì XXVII segnò la morte di Pantelemone[2])”[3].
Come per la liquefazione del sangue di san Gennaro, anche in questo caso Dio vuol mostrare visibilmente come il Martire sia vivo al cospetto Suo, per cui tutto è presente, e vuole insegnarci la necessità di una fede parimenti viva ed effervescente.


[1] S. Alfonso Maria de Liguori, Vittorie dei martiri ovvero le vite dei più celebri martiri della Chiesa, Napoli, 1775, Parte Prima, §. 58.
[2]  Presso i Greci, Pantaleone ha il titolo altresì di Pantaleemon, nome che, giusta gli atti, gli fu imposto da Cristo, colla promessa che molti per suo mezzo avrebbero conseguita misericordia.
[3] Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster O.S.B., Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. VIII. I Santi nel Mistero della Redenzione (Le Feste dei Santi dall’Ottava dei Principi degli Apostoli alla Dedicazione di S. Michele), Torino-Roma, 1932, pp. 106-107.