
Riproduciamo questo articolo di Panorama, apparso il 15 luglio 2019 a firma di Antonio Rossitto. Il titolo originale è: Scandalo affidi: bambini rubati Panorama ha ricostruito, dopo il caso di Reggio Emilia, i casi giudiziari che hanno coinvolto Claudio Foti e la sua onlus, Hansel e Gretel. Precisiamo: si tratta di un ricco affresco che, data la delicatezza e complessità delle vicende narrate, non prendiamo come dogmaticamente inoppugnabile ma che ci pare suggerisca un quadro drammaticamente interessante.
Sono bastati qualche ghirigoro, un divorzio turbolento e una sequela
di fantasie. L’hanno accusato d’aver abusato delle figlie, di quattro e
sette anni. Giochi erotici di gruppo, filmini scabrosi, travestimenti da
Biancaneve. Il 13 novembre 2015, dopo un processo lungo nove anni, il
professore di matematica è stato assolto: non ha commesso il fatto. Ora
ha 49 anni. Vive a Oristano, dove insegna alle superiori. «Il caso
andava verso l’archiviazione» racconta. «È stato riaperto dopo il parere
dello psicoterapeuta Claudio Foti». Un nome oggi alla ribalta.
«Periti, pm, giudici: tutti pendevano dalle sue labbra». Già. Ma come
si sopravvive a infamia e abbandono? «Cerco di non pensarci».
Il
professore comincia a singhiozzare: «Le mie figlie non vogliono più
vedermi. Pasqua, Natale, compleanni: nemmeno mi rispondono. Una delle
due ha la maturità quest’anno: io trepido, spero, sogno di ripassare
accanto a lei. M’invento ogni cosa, pure gli abbracci». Si scusa per le
lacrime. «Per loro sono uno zimbello. Adesso, però, magari capiranno:
quello che è successo a Bibbiano è successo anche a loro».
Bibbiano era un anonimo e placido paese nella Valle D’Enza. Oggi è l’inferno scoperchiato dall’inchiesta «Angeli e demoni». Quella sui fabbricanti di mostri: medici, psicologi e assistenti sociali. La procura di Reggio Emilia ha rivelato un presunto e gigantesco inganno: 16 arresti e 27 indagati. Tra cui il sindaco Pd della cittadina, Andrea Carletti: onta che s’è riversata pure sui democratici. Un corredo di orrori. Dietro cui si celerebbe il business di consulti privati e affidamenti. Quasi 200 bambini sarebbero stati manipolati con metodi da Santa Inquisizione. Per rivelare inesistenti abusi, essere allontanati dalle famiglie e venire assegnati ad altre coppie. Anche lesbiche. Ai domiciliari è finito pure lo psicoterapeuta che ha marchiato la vita di quel professore di Oristano.
Claudio Foti, 68 anni, è il fondatore, a Moncalieri (To), del Centro studi Hansel e Gretel, onlus specializzata in psicologia infantile.
Un assertore dell’inscalfibile assunto: i minori non mentono mai. Ogni
sospetto è l’anticamera della pedofilia. Ex giudice onorario del
Tribunale dei minori a Torino, Foti è acclamato consulente di decine di
uffici giudiziari. Le sue perizie hanno istruito decine di processi.
Molestie, sette, incesti. Racconti fagocitati da colloqui e terapie con i
bambini. E ora avvocati di mezza Italia meditano vendetta, sperando di
riaprire fascicoli ormai sepolti.
Un sistema. Che l’inchiesta,
coordinata dal reparto operativo dei carabinieri di Reggio Emilia,
potrebbe cominciare a scardinare. Il Tribunale dei minori di Bologna ha
deciso di rivalutare cinque adozioni dettagliate nell’ordinanza di
custodia cautelare. La procura di Modena, invece, potrebbe riaprire il
caso dei «diavoli della Bassa», andato in scena tra 1997 e 1998 a
Mirandola. Quando un gruppo di famiglie viene accusato di abusare dei
figli e di altre nefandezze: riti satanici, orge cimiteriali, corpi arsi
vivi e cadaveri nel fiume. Sedici bambini vengono allontanati da casa
per sempre. Una storia che ora si ricollega allo scandalo reggiano:
vent’anni fa furono proprio le psicologhe di Hansel e Gretel a
interrogare quei bambini di Mirandola. Tra cui l’ex moglie di Foti,
Cristina Roccia. Mentre l’attuale coniuge, Nadia Bolognini, pure lei
psicoterapeuta, è oggi tra gli arrestati dell’inchiesta di Reggio
Emilia. E la procura di Torino avrebbe aperto un’indagine su una dubbia
perizia firmata dalla dottoressa.
È però Foti il fulcro
ideologico da cui tutto discende. Bisogna seguire le sue orme per capire
come, all’ombra di clamorosi abbagli giudiziari, è fiorita la fabbrica
dei mostri. «Fanatismo persecutorio» sostiene l’ordinanza. «Gli indagati
erano pregiudizialmente convinti che i minori fossero vittime di
abusi». Vulgata che ha segnato clamorosi processi, sgominato famiglie,
lasciato indelebili onte. Metodo dettagliato anche nella sentenza che,
nel 2015, assolve il professor di Oristano, difeso dall’avvocato Simona
Sica. Il Tribunale di Salerno, nella sentenza, enuncia la teoria di
Foti: «Le emozioni delle bambine diventano elemento di validazioni della
credibilità». E affonda: «Un approccio contestato dal mondo scientifico
perché esistono molte ipotesi alternative che giustificano le stesse
emozioni». Uguale conclusione a cui era arrivato il consulente di parte,
Corrado Lo Priore.
Il tribunale, poi, entra nel dettaglio
del caso: le supposte violenze del professore sulle figlie. Il parere
vergato da Foti, perito di parte civile e teste del pm, è inficiato:
«Inutilizzabile». Più radicale il giudizio sul professionista che ha in
cura la madre accusatrice e le due bambine. Ovvero: Mauro Reppucci, già
discepolo di Foti, oggi seguace del discusso metodo Hamer per la cura
del cancro e marito di Alessandra Pagliuca. Anche lei psicologa. Anche
lei tra gli inquisitori dell’inchiesta sui «diavoli della Bassa». Altri
corsi e ricorsi. «Fin dal primo momento» scrivono i giudici di Salerno
«l’intento del dottor Reppucci è stato quello di cercare una verifica
dei presunti abusi sessuali sulle minori». La sentenza aggiunge: «Per
questo, coadiuvato dalla madre e dalla zia, ha sottoposto le bambine a
un esame sempre più stringente, con una tecnica scorretta: il ricorso
continuo a domande, blandizie e prospettazioni di mali futuri». Così,
alla fine, il professore è assolto. Procura e parte civile accettano il
verdetto. Nessun appello. Ora è un uomo libero. Ma la sua vita è ormai
in frantumi.
Gli stessi protagonisti ricompaiono in un’altra
inchiesta, ancora a Salerno. Esplode a dicembre del 2007. Con un
canovaccio da film horror, che riecheggia quello modenese. Orge
sataniche. Minori violati che violentano coetanei. Una catena di
sevizie, organizzate da incappucciati e satanisti. Vengono identificate
le presunte vittime: tre fratellini. E l’ipotetico carnefice: il padre.
Partono le indagini e la centrifughe terapeutiche. Stavolta la madre dei
bambini, che sostiene anche di essere stata malmenata dal marito, si fa
seguire dalla dottoressa Pagliuca. Foti invece guida il collegio di
esperti del pm. Un ipotizzato conflitto d’interesse denunciato pure dal
perito della difesa, Camillo De Lucia: «Appare davvero originale che la
scelta del sostituto procuratore sia caduta su professionisti
appartenenti al centro Hansel e Gretel, lo stesso dove la dottoressa
Pagliuca ha riferito di essersi formata». Ma la strenua offensiva
colpevolista non convince comunque i giudici. A luglio 2017 il padre
viene assolto. Pagliuca, annota la sentenza, ha suggestionato uno dei
ragazzini «su fatti non narrati spontaneamente». Mentre, riguardo Foti, i
giudici segnalano «numerosi fenomeni di induzione diretta e
suggestione. Insomma: «I bambini non hanno mai fatto dichiarazioni
spontanee».
Il fuoco di fila dei fabbricanti di mostri viene
dispiegato pure a Pisa. Un’indagine nata nel 2006, dalla denuncia di una
donna all’ex marito: avrebbe abusato della loro figlia. Foti, stavolta,
è il perito del gip. La moglie dello psicoterapeuta di Moncalieri,
Nadia Bolognini, comincerà invece a seguire la minore. Il primo ad
andare in scena, dopo la richiesta d’incidente probatorio, è il
fondatore di Hansel e Gretel. La ragazzina, di appena sei anni, può
testimoniare al processo? Certamente. Per Foti non ci sono dubbi:
«Esistono indicatori rilevanti e diffusi dell’esperienza incestuosa
subita, che può essere ipotizzata come coinvolgente e sconvolgente». E
il rapporto conflittuale tra i genitori? La madre potrebbe aver
suggestionato la figlia? Macché: è un’evenienza «ampiamente
falsificata». La bambina è credibile. Liviana Vizza, legale
dell’indagato, in una memoria difensiva, attacca: il metodo dello
psicoterapeuta, scrive, rappresenta una violazione di quanto la
letteratura internazionale consiglia. Il legale dettaglia: «Ha tenuto
una modalità d’interrogatorio fortemente orientante: domande chiuse,
suggestive e incalzanti».
L’uomo viene dunque rinviato a
giudizio. E a ottobre 2012 arriva la sentenza. Il tribunale di Pisa lo
assolve per non aver commesso il fatto. Il caso è definitivamente
chiuso, anche questa volta. La procura, che aveva chiesto 10 anni,
decide di non fare appello. Come la parte civile. Per il resto, i
genitori hanno divorziato. La piccola, diventata ragazza, è stata
affidata a entrambi. Ma di suo padre non vuole sentir parlare: crede
ancora di essere una vittima. Così, assieme al suo legale, l’uomo adesso
vuole andare a fondo. «L’indagine di Reggio Emilia ha confermato quella
che fino a ieri era una mia supposizione» spiega Vizza. Ossia? «La
manipolazione sistematica e continua dei bambini da parte di Hansel e
Gretel. Anche per ottenere in cambio incarichi privati. Addirittura, in
uno dei colloqui Foti dice alla bambina: “Queste cose, che tu voglia o
no, le devi dire al giudice”». Così l’avvocato attende sulla riva del
fiume l’eventuale rinvio a giudizio. «A quel punto, scatterà una
denuncia per manipolazione di minore».
Foti e Bolognini.
Marito e moglie. Compagni di tante battaglie. Il fondatore e la
psicoterapeuta di Hansel e Gretel. La procura emiliana li accusa di
falso ideologico, frode processuale e depistaggio. I loro inganni
avrebbero contribuito a causare danni psichici a cinque ragazzini. È
lei, per esempio, a usare «l’inquietante macchinetta dei ricordi»:
elettrodi collegati a mani e piedi dei piccoli. Serve, secondo la
dottoressa, a ripescare i ricordi degli abusi. È lui, invece, a
scegliere una bambina in cura come cavia, da esibire in un corso di
formazione. E poi c’è il sospetto lucro. Le terapie private: «Un
ingiusto profitto di 135 euro l’ora per minore, a fronte dei 70 euro
medi di mercato, nonostante l’Asl locale potesse usare gratuitamente i
propri professionisti».
La procura reggiana tratteggia un ritratto
poco lusinghiero di Foti: «Soggetto con ruolo di guida» e «un alto tasso
potenziale di criminalità». Emerge, annotano i magistrati, «una
personalità violenta e impositiva». Anche con i familiari: moglie, ex
congiunta e figli minori. La procura indugia pure sulla consorte:
Bolognini. «Il marito le rilevava una latente omosessualità, motivo di
tensione da parte della donna». E poi la psicoterapeuta «risulta aver
subito maltrattamenti dal padre quando era piccola». Come accaduto a
Foti, aggiunge l’ordinanza. Così la dottoressa avrebbe riversato le sue
angosce in una «rabbia repressa, sfociata negli atteggiamenti con i
minori».
Eppure il curriculum di Hansel e Gretel è denso e
prestigioso. Seminari, corsi di formazione, master universitari. Alle
lezioni del fondatore accorrevano tutti: psicologi, docenti, magistrati e
assistenti sociali. Un blasone che ha attratto tribunali e procure,
pronti a chiedere servigi per i casi spinosi. Chi meglio di lui poteva
avallare e argomentare ogni turpe ipotesi? Foti è stato chiamato persino
per una delle più clamorose cantonate giudiziarie degli ultimi anni:
gli ipotizzati abusi nell’asilo «Olga Rovere» di Rignano Flaminio.
Ventuno bambini, fomentati dai genitori, raccontano di aver subito ogni
crudeltà. Cinque persone finiscono a processo, due sono difese da
Roberto Borgogno. Vengono assolte per la prima volta nel 2012. Dopo anni
d’indicibili accuse. Durante i quali la procura di Tivoli s’era rivolta
anche a Foti. Tre consulenze, vergate con due colleghi. La prima è del
17 luglio 2007. Arguisce: «Siamo giunti alla conclusione che le famiglie
e i bambini non manifestano un disagio dovuto a fantasticherie o a
costruzioni immaginarie, frutto di suggestioni o psicosi collettive. La
loro sofferenza, estesa e profonda, è del tutto compatibile con
l’ipotesi che abbiano impattato con una vicenda traumatica gravissima:
abusi sessuali di gruppo in ambito scolastico». Alcuni anni più tardi,
dopo altre vite frantumate, due sentenze diranno l’esatto contrario.
Un
contagio psichico. Lo stesso che sarebbe avvenuto in una scuola materna
dell’aretino. A fine 2011 viene arrestato un bidello. È accusato d’aver
molestato 12 bambini, costretti ad atroci porcherie nei bagni della
scuola: toccamenti, giochi erotici, fellatio. Una storia, anche in
questo caso, nata dalle inquietudini dei genitori. Scorgono nei figli
comportamenti inconsueti. Che successivi pareri psicologici reputano
«compatibili con l’abuso». Partono le indagini. I carabinieri piazzano
telecamere nella materna: nessun riscontro. A febbraio 2015 il bidello,
difeso dall’avvocato Raffaello Falagiani, è rinviato a giudizio. In aula
sfilano genitori, maestri ed esperti. Come Foti, consulente tecnico
dell’accusa. O meglio, capo del collegio peritale del pubblico
ministero. Che conclude: «Altissima compatibilità con l’ipotesi di un
evento traumatico di natura sessuale, avvenuto in un certo contesto
temporale e associata a una certa figura». II 14 aprile 2016 viene
sentito in tribunale. Lo psicoterapeuta, anche stavolta, propala
incrollabili certezze. Una bambina si fa la pipì addosso nel tragitto da
casa alla fermata del bus? «Indicatore significativo di maltrattamento
intrascolastico» spiega Foti. Un’altra si sveglia di notte urlando? «È
inseguita dall’evento traumatico». Un altro disegna denti. O non riesce a
evacuare. Oppure ha paura di andare in bagno. Tutte conseguenze di atti
sconvolgenti.
Il copione però si ripete. Il 30 novembre 2016
il tribunale di Arezzo assolve il bidello: il fatto non sussiste. I
periti nominati dal giudice fanno cadere il castello eretto dai
professionisti dell’abuso: «Le capacità testimoniali specifiche dei
bambini risultano compromesse in modo considerevole, con la conseguenza
che nessuno di loro può essere ritenuto attendibile». E poi: «I disagi
che hanno manifestato, insonnia notturna, unghie rosicchiate e
opposizione alla scuola, non possono essere qualificati come indicativi
di uno stress di natura sessuale».
Incesti terribili. Sempre e
ovunque. I fabbricanti di mostri non tentennano. Nemmeno a Cagliari,
nel caso dell’orologiaio accusato di abusi sessuali sui tre figli.
Nefandezze a cui avrebbero partecipato anche la nuova compagna
dell’uomo, veterinaria, e un amico. Tutti assolti, nel 2001, in primo
grado. Nel processo d’appello, Foti è nominato consulente tecnico
d’ufficio. Ma i tre sono nuovamente scagionati. Fino alla Cassazione. Il
decano dei penalisti cagliaritani, Luigi Concas, che ha difeso
l’orologiaio nei tre gradi di giudizio, ricorda: «Un giorno prendo uno
dei disegni fatti dal ragazzino. Per l’accusa era un pene con dei denti.
Lo mostro allora a mio nipote. Gli chiedo: “Cosa ti sembra?”. E lui,
immediatamente: “Goku!”. Un personaggio dei Dragon ball. Torno in aula
con quel foglio in mano. E durante l’esame del perito, a bruciapelo gli
domando: “Lei sa chi è Goku?”».
Vecchie storie. C’è anche
quella del fotografo milanese, arrestato nel 2003 per aver abusato,
durante una vacanza in Puglia, di un amichetto del figlio conosciuto in
spiaggia. Tra le prove raccolte, ci sono anche alcune foto di bambini.
Talmente scabrose da essere pubblicate persino sul sito internet del
fotografo. Reportage da pubblicare sulle riviste, insomma. Eppure l’uomo
finisce a processo dopo l’incidente probatorio del ragazzino. Svolto da
Foti. E condotto, scrive il consulente della difesa, lo psicoterapeuta
Giovanni Camerini, con modalità «metodologicamente scorrette»: «Ha
somministrato al piccolo N. più di 50 domande suggestive e inducenti»
nota nella sua relazione. Conclusione: il fotografo è assolto, sia in
primo grado sia in appello.
Ombre del passato che riemergono. Come
quelle che si allungano sul caso di Sagliano Micca, paesino vicino a
Biella. Scoppia più di vent’anni fa. Due cuginetti, loro malgrado,
diventano gli accusatori di mamma e papà, nonna e nonno. Accusati di
aver abusato dei due bambini. Una tesi avallata da una perizia vergata
del centro Hansel e Gretel. Foti e l’ex moglie, Cristina Roccia, in 150
pagine ripercorrono supposti abusi e violenze di gruppo. Comincia il
processo. Ma il peso è insostenibile. Il giorno prima dell’audizione dei
ragazzini, i quattro accusati scendono nel garage. Si chiudono nella
loro Uno verde: i genitori siedono davanti, i nonni dietro. Poi
accendono il motore. E aspettano. Fino a quando il gas di scarico non
gli riempie i polmoni. Li ritrovano avvelenati e senza vita. Sul
parabrezza dell’utilitaria c’è il loro biglietto d’addio: «Moriamo per
colpa della giustizia».
un piccolo appunto: con le regole della Santa Inquisizione, qui chiamate ‘manipolazioni’, in verità non ci sarebbe stato nessun caso Bibbiano.
Perché questa abitudine costante di trovare raffronti nel passato (di una chiesa ‘oscurantista e fanatica’, sempre qui…) per illustrare gli orrori presenti? Questi di oggi, della modernità illuminata e sempre progredente, sono talmente chiari di per se stessi, che non hanno alcun bisogno di essere rapportati al passato, per esser compresi: basta la loro orribile evidenza…….