Il foglietto La Domenica – diffusissimo nelle chiese – presenta oggi un “testimone luminoso” del secolo scorso: Helder Camara (1909-1999), del quale dal 2015 è in corso l’iter (facilitato) per la beatificazione e canonizzazione.
Ma chi era costui? Ci sembra troppo scarsa la nota biografica in foto, e quindi tentiamo di renderla più esaustiva e più corrispondente al vero.
Hélder Pessoa Câmara nasce a Fortaleza (Brasile) il 7 febbraio 1909. Viene ordinato sacerdote il 15 agosto 1931 e si rese noto nella sua regione come militante e dirigente delle «camicie verdi» dell’Azione Integralista Brasiliana (AIB) di Plínio Salgado (1895-1975), spesso presentata come l’equivalente brasiliano del fascismo. Personaggio versatile, quando l’AIB fu sciolta nel 1938 da Getulio Vargas, il Nostro dopo un iniziale silenzio si ricicla abilmente all’interno della gerarchia ecclesiastica grazie al suo carisma e al suo attivismo. Negli anni Cinquanta, Camara, che è già notissimo ai media e loro principale interlocutore, giunge all’apice della gerarchia: nel 1952 viene eletto e consacrato Vescovo Ausiliare di Rio de Janeiro e diventa Segretario della Confêrencia Nacional de Bispos Brasileiros. Tuttavia le posizioni politiche del Camara da destra si spostano progressivamente a sinistra fino a approdare alla teologia della liberazione, al marxismo camuffato che fa abbassa Gesù Cristo al livello di un sovversivo rivoluzionario.
Le sue posizioni progressiste si palesano in Concilio, sebbene il verbo “palesarsi” non sia del tutto consono ad uno come Camara. Il Nostro era attivissimo, sotto l’alta guida del Cardinale Seunens (Primate del Beglio e grande amico di Montini) nell’organizzazione degli incontri segreti di vescovi e periti progressisti e nelle cospirazioni a danno degli schemi prodotti dalle Commissioni Romani (De fontibus Revelationis, De Ecclesia); ed era inoltre aduso al linguaggio cifrato (si faceva chiamare Padre Miguel): tutte cose che lo resero uno dei motori occulti, delle eminenze grigie della rivoluzione in cappa e tiara che si andava attuando sotto la cupola di San Pietro, che egli stesso chiamava orgogliosamente “sacro complotto”.
Si registrano suoi interventi a favore dell’ecumenismo; contro l’esaltazione della Vergine Santissima come Mediatrice universale, Corredentirce e Dispensatrice di grazie; a favore della collegialità; a favore del controllo delle nascite; contro la condanna del comunismo.
Durante le grandi cerimonie conciliari avremmo pure potuto assistere alle sue estasi: ogni qualvolta parlasse il suo leader Suenens per il quale organizzava anche gli applausi; ogni qualvolta qualcuno nominasse il modernista-panteista Theillard de Chardin sj; quando il card. Alfrink spense proditoriamente il microfono al card. Ottaviani (cieco) il 30 ottobre 1962; quando Paolo VI depose la tiara il 13 novembre 1964.
Il meglio di sé lo diede nel post-concilio quando da, Arcivescovo metropolita di Olinda e Recife (Paolo VI lo aveva esaltato a quella sede nel 1964), si definiva socialista e convinto sostenitore della giustezza delle analisi di Marx e divenne uno dei maggiori rappresentati della teologia della liberazione (condannata da Giovanni Paolo II).
Ma alle glorie di questo Vescovo rosso – antesignano della bergogliana “chiesa povera per i poveri” – non mancarono la militanza per una democratizzazione della Chiesa, per l’abolizione del celibato ecclesiastico, per l’apertura ai ministeri femminili, per la concessione del divorzio al coniuge abbandonato.
Aberrante è la sua lotta contro la condanna degli anticoncezionali espressa dalla Humanae Vitae di Paolo VI, bollata come un “errore” destinato “a torturare le spose, a turbare la pace di tanti focolari”, “una nuova condanna di Galileo”, “la morte del Concilio”, “negazione pratica della collegialità”, “l’annichilimento pratico dell’ecumenismo”.
Ma non è solo la Humanae Vitae la bestia nera del Camara: è tutta la dottrina morale della Chiesa, una Chiesa matrigna – e dire che Paolo VI aveva annunziato che col Concilio la Chiesa aveva “scoperto il suo volto di madre amante e perdonate” – che costringe le donne a procreare, a procreare figli che magari moriranno di povertà.
Abominevole una sua poesia a tal proposito:
“Figli, figli, figli… Se è il piacere che vuoi (ma che altro ti resta, Poveretta?) devi procreare, devi procreare! Anche se tuo figlio sarà uno scheletrino sarà un topino orrendo che nemmeno i topi riusciranno ad accettare (ci sono topini graziosi, incantevoli sorcetti). Figli, figli, figli… Se è il coito che vuoi (ma tu sai cos’è il volere?) devi procreare, devi procreare! Anche se tuo figlio ti nasce senza viscere le gambette a stecchino la testona a pallone brutto da morire”.
Uno scritto osceno, che rimanda all’odio satanico delle varie sette gnostiche contor la materia e contro la procreazione, che si chiude in modo sacrilego con un’invocazione alla Vergine perché ottenga dal Padre la sua non collaborazione “alla nascita di Mostriciattoli!”
Questo in breve Monsignor Helder Camara. Attento alle problematiche dei poveri certo, ma in una maniera non cattolica anzi inconciliabile con quella cattolica perché si univa in pratica a quel marxismo, a quel comunismo “intrinsecamente perverso e [con il quale] non si può ammettere in nessun campo la collaborazione” (Pio XI, Divini Redemptoris). Un assassino della ortodossia della fede, non un testimone luminoso del Vangelo (tra l’altro la luce mal si accorda con le cospirazioni di cui sopra), un sinistro (in tutti i sensi) rappresentate della Rivoluzione che vuole soggiogare Gesù Cristo e la sua Chiesa alle ideologie del momento.
I miracoli di Camara, per esser beatificato da quale spirito saranno fatti?
Non a caso l’amazzonia è in fiamme inestinguibili pochi giorni prima del sinodo