Te (Christe) nationum praesides – Honore tollant publico, – Colant magistri, judices, – Leges et artes exprimant.
La laicità dello Stato, ossia la separazione di esso dalla Chiesa e la sua indifferenza verso la vera Religione, è un concetto elaborato nelle oscure officine delle logge massoniche e portato avanti dai falsi filosofi dei parimenti falsi lumi assieme ai concetti della libertà di coscienza, religione, stampa e via con le altre false libertà rivoluzionarie che libertà non sono. La Chiesa Cattolica ha infallibilmente condannato tutto ciò.
Poi è arrivato il Concilio con la (In)Dignitatis (In)Humanae e si è affermato il diritto di ogni persona a professare qualsiasi religione e a non esserne impedita (tesi condannata nel Sillabo di Pio IX per esempio) e si è portata avanti, da parte del Vaticano, di una politica tutta tesa alla separazione dello Stato dalla Chiesa, all’abolizione di qualunque confessionalismo che potesse essere pregiudiziale al rispetto delle religioni diverse dalla Cattolica e la laicità sarebbe anche positiva e sana ove, posizionandosi in mezzo fra l’ateismo di stato alla sovietica e l’intransigenza medievale che ha prodotto l’Inquisizione, sapesse attingere ciò che di buono le religioni (tutte) hanno da dare.
Ma prima non era così.
Bonifacio VIII, Unam Sanctam
“Ma è necessario che chiaramente affermiamo che il potere spirituale è superiore ad ogni potere terreno in dignità e nobiltà, come le cose spirituali sono superiori a quelle temporali […] Chiunque si oppone a questa potestà in tal modo da Dio ordinata, si oppone al comando di Dio, a meno che non pretenda, come i Manichei, che ci sono due principi; il che noi affermiamo falso ed eretico, poiché, come attesta Mosè non nei principi, ma “nel principio Dio creò il cielo e la terra”.
Leone XIII, Immortale Dei
“Gli uomini uniti in società non sono meno soggetti a Dio dei singoli individui, né la società ha minori doveri dei singoli verso Dio, per la cui volontà è sorta, per il cui assenso si conserva, dalla cui grazia ha ricevuto l’immenso cumulo di beni che possiede. Perciò, come a nessuno è lecito trascurare i propri doveri verso Dio – e il più importante di essi è professare la religione nei pensieri e nelle opere, e non quella che ciascuno preferisce, ma quella che Dio ha comandato e che per segni certi e indubitabili ha stabilito essere l’unica vera – allo stesso modo le società non possono, senza sacrilegio, condursi come se Dio non esistesse, o ignorare la religione come fosse una pratica estranea e di nessuna utilità, o accoglierne indifferentemente una a piacere tra le molte; ma al contrario devono, nell’onorare Dio, adottare quella forma e quei riti coi quali Dio stesso dimostrò di voler essere onorato. Santo deve dunque essere il nome di Dio per i Principi, i quali tra i loro più sacri doveri devono porre quello di favorire la religione, difenderla con la loro benevolenza, proteggerla con l’autorità e il consenso delle leggi, né adottare qualsiasi decisione o norma che sia contraria alla sua integrità … In materia di religione, poi reputare che non vi sia sostanziale differenza tra eterogenee e contrarie forme di confessioni, conduce chiaramente a non volerne accettare né praticare alcuna. E questo atteggiamento, anche se gli si dà un nome diverso, in sostanza non è nient’altro che ateismo”.
San Pio X, Vehementer nos
“È una tesi assolutamente falsa, un errore pericolosissimo, pensare che bisogna separare lo Stato dalla Chiesa.Questa opinione si basa infatti sul principio che lo Stato non deve riconoscere nessun culto religioso: ed è assolutamente ingiuriosa verso Dio, poiché il Creatore dell’uomo è anche il fondatore delle società umane e conserva nella vita tanto loro che noi, individui isolati. Perciò noi gli dobbiamo non soltanto un culto privato, ma anche un culto sociale e onori pubblici”.
Pio XI, Quas Primas
“La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi; e voi sapete, o Venerabili Fratelli, che tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l’impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto – che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo – di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all’arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro religione nell’irreligione e nel disprezzo di Dio stesso”.
Pio XII, Summi Pontificatus
“All’inizio del cammino, che conduce all’indigenza spirituale e morale dei tempi presenti, stanno i nefasti sforzi di non pochi per detronizzare Cristo, il distacco dalla legge della verità, che egli annunziò, dalla legge dell’amore, che è il soffio vitale del suo regno. Il riconoscimento dei diritti regali di Cristo e il ritorno dei singoli e della società alla legge della sua verità e del suo amore sono la sola via di salvezza […] consideriamo Nostro dovere elevare con crescente insistenza gli occhi e i cuori di coloro, in cui resta ancora un sentimento di buona volontà verso l’Unico da cui deriva la salvezza del mondo, verso l’Unico, la cui mano onnipotente e misericordiosa può imporre fine a questa tempesta, verso l’Unico, la cui verità e il cui amore possono illuminare le intelligenze e accendere gli animi di tanta parte dell’umanità, immersa nell’errore nell’egoismo, nei contrasti e nella lotta, per riordinarla nello spirito della regalità di Cristo […] Venerabili fratelli, se la dimenticanza della legge di carità universale, che sola può consolidare la pace, spegnendo gli odi e attenuando i rancori e i contrasti, è fonte di gravissimi mali per la convivenza pacifica dei popoli, non meno dannoso al benessere delle nazioni e alla prosperità della grande società umana, che raccoglie e abbraccia entro i suoi confini tutte le genti, si dimostra l’errore contenuto in quelle concezioni, le quali non dubitano di sciogliere l’autorità civile da qualsiasi dipendenza dall’Ente supremo, causa prima e Signore assoluto sia dell’uomo che della società, e da ogni legame di legge trascendente, che da Dio deriva come da fonte primaria, e le concedono una facoltà illimitata di azione, abbandonata all’onda mutevole dell’arbitrio o ai soli dettami di esigenze storiche contingenti e di interessi relativi. Rinnegata, in tal modo, l’autorità di Dio e l’impero della sua legge, il potere civile, per conseguenza ineluttabile, tende ad attribuirsi quell’assoluta autonomia, che solo compete al Supremo Fattore, e a sostituirsi all’Onnipotente, elevando lo stato o la collettività a fine ultimo della vita, a criterio sommo dell’ordine morale e giuridico, e interdicendo, perciò, ogni appello ai princìpi della ragione naturale e della coscienza cristiana. Non disconosciamo, invero, che princìpi errati, fortunatamente, non sempre esercitano intero il loro influsso, principalmente quando le tradizioni cristiane, più volte secolari, di cui si sono nutriti i popoli, rimangono ancora profondamente, anche se inconsciamente, radicate nei cuori. Tuttavia, non bisogna dimenticare l’essenziale insufficienza e fragilità di ogni norma di vita sociale che riposi su un fondamento esclusivamente umano, s’ispiri a motivi esclusivamente terreni e riponga la sua forza nella sanzione di un’autorità semplicemente esterna. Dove è negata la dipendenza del diritto umano dal diritto divino, dove non si fa appello che ad una malsicura idea di autorità meramente terrena e si rivendica un’autonomia fondata soltanto sopra una morale utilitaria, qui lo stesso diritto umano perde giustamente nelle sue applicazioni più gravose la forza morale, che è la condizione essenziale per essere riconosciuto e per esigere anche sacrifici. È ben vero che il potere basato sopra fondamenti così deboli e vacillanti può raggiungere talvolta, per circostanze contingenti, successi materiali da destar meraviglia ad osservatori meno profondi; ma viene il momento, nel quale trionfa l’ineluttabile legge che colpisce tutto quanto è stato costruito sopra una latente o aperta sproporzione tra la grandezza del successo materiale ed esterno e la debolezza del valore interno e del suo fondamento morale. Sproporzione che sussiste sempre, quando la pubblica autorità misconosce o rinnega il dominio del sommo Legislatore, il quale se ha dato la potestà ai reggitori, ne ha per altro segnato e determinato i limiti. La sovranità civile è stata voluta dal Creatore, come sapientemente insegna il Nostro grande predecessore Leone XIII nell’enciclica Immortale Dei,affinché regolasse la vita sociale secondo le prescrizioni di un ordine immutabile nei suoi princìpi universali, rendesse più agevole alla persona umana, nell’ordine temporale, il conseguimento della perfezione fisica, intellettuale e morale e l’aiutasse a raggiungere il fine soprannaturale”.
Da queste poche ma corpose ed autorevoli citazioni rileviamo che lo Stato – che deve essere distinto ma non separato dalla Chiesa – non può senza sacrilegio essere laico, ma deve riconoscere e render culto secondo la vera Religione (Cattolica Apostolica Romana) al vero Dio, che ne è suo Creatore.
Come dire che lo stato laico non deve rispettare i 10 comandamenti, ovvero andiamo tutti a rubare, ad ammazzare, a fare adulterio e porcherie anali causa di malattie varie, a ritenerci dei, a dire calunnie su tutti, a bestemmiare, ad ammazzare i genitori vecchi, a pretendere donne e buoi degli altri…..: bel quadretto ne esce a rispettare la laicità delle idee contro natura e coscienza , dato che altri lo ritengono lecito! Ed il concilio si è premurato pure di dire, dopo aver precisato che il potere spirituale non deve metter naso nel secolare, che lo stato (forse non è più secolare?) deve garantire libertà a tutti…lo stato deve…mi suona come ordine…