Teresa Forcades (Barcellona, 1966) è una monaca benedettina del Monastero di Monserrat. Ovviamente non una monaca normale, una monaca che sta nella clausura a vivere la sua vita in continua oblazione al suo Divino Sposo: la monaca in oggetto è una politicante, ovviamente di sinistra, indipendentista catalana; è teologa, ovviamente teologa femminista e queer (fautrice delle teorie gender), favorevole all’autoderminazione in tema di aborto, al “matrimonio” omosessuale e all’adozioni di figli da parte di persone dello stesso sesso. Un esemplare della devastazione degli Ordini Religiosi scaturita dal Vaticano II.

A La Repubblica [1] nel 2016 disse:
“Se si è contro le unioni civili perché queste permettono l’unione tra persone dello stesso sesso, mi sembra che questo sia in fondo solo paura delle differenze. Il valore fondamentale del matrimonio è che rappresenta un impegno per sempre. Credo che sia importante sottolineare questo in una società che tende alla superficialità e alla strumentalizzazione delle persone: sto con te perché mi servi, o mi sei utile, o mi dai piacere, o mi diverti o quello che sia. Sono contro questo atteggiamento chiaramente e l’unione civile può essere seria come una religiosa, dipende dal grado di impegno che ci si mette”
“Quello di cui i bambini hanno bisogno è di un amore adulto, maturo e responsabile da genitori che antepongano le loro necessità alle proprie e che sappiano nello stesso tempo porre loro dei giusti limiti e aiutarli a crescere. Il fatto di crescere con due donne o con due uomini non rappresenta nessun problema”.
“La dottrina della Chiesa difende la dignità della persona e rifiuta la sua strumentalizzazione però in alcuni casi come nell’aborto, o per l’eutanasia, il principio di autodeterminazione della persona che è un principio riconosciuto e difeso dalla Chiesa, si scontra con la difesa della vita e con il riconoscimento della vita come dono di Dio. Io credo che la chiesa debba continuare a difendere la vita come un dono del quale non si può disporre a proprio piacimento. Ma credo che la maniera migliore di farlo non sia promuovere leggi che criminalizzano le donne che interrompono la gravidanza. Non si può salvare la vita del feto senza mettere sotto accusa i diritti della madre. Allora è necessario chiedersi se vogliamo che uno Stato forzi una donna a scegliere per il bambino, In questo caso, solo in questo caso, io propendo per la madre. Io credo che non si possano strumentalizzare le persone: non si può fare della madre uno strumento per la vita del bambino ma allo stesso tempo, e questo vale per la pratica della surrogazione, non si può neanche fare del bambino uno strumento del desiderio”.

Paolo Rodari, sempre su La Repubblica, riferiva altre sue perle [2] :
“Penso che sia profondamente inumano. Credo che il matrimonio omosessuale debba essere riconosciuto come un sacramento perché ciò che costituisce il sacramento del matrimonio è ciò che questo particolare legame umano ha in comune con la vita della Trinità e la vita della Trinità non ha nulla a che fare con la complementarietà di genere o sessuale e niente a che fare con avere figli. L’omosessualità non è un problema; l’omofobia lo è”.
“In alcune questioni, come la giustizia sociale, la dottrina della Chiesa e alcune delle sue pratiche sono profetiche e in anticipo sui nostri tempi. In altre questioni, la Chiesa è davvero indietro. È particolarmente indietro riguardo alla moralità sessuale (ad esempio proibendo la contraccezione) e riguardo al ruolo delle donne e credo che questo sia, molto probabilmente, conseguenza del fatto di avere solo maschi celibi che governano la Chiesa”.

Questa “sventurata” (absit iniuria verbis, citiamo il Manzoni dei Promessi Sposi!) diffonde da anni impunemente le tesi delle quali sopra abbiamo dato un saggio, tanto che già nel 2009, il Cardinale Franc Rodé, Prefetto della Sacra Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica richiese – invano – alla Badessa di Monserrat che la sua sottoposta facesse pubblica adesione al Magistero della Chiesa.
Né ne ha fatta oggetto dei suoi amorevoli commissariamenti l’ineffabile Cardinale João Braz de Aviz (il distruttore dei Francescani dell’Immacolata), successore del Rodé [2].
Anzi, dal 2015 al 2018 ha goduto anche di una dispensa dalla clausura: per meglio svolgere le sue attività. E rientrata nel chiostro, delusa dalla politica, ci tenne a precisare che non avrebbe smesso la sua lotta rivoluzionaria.
Che sia dovuto al rispetto della libertà di coscienza e di espressione: la famosa parresia (libertà di parola) di cui tanto parla papa Francesco? O forse le autorità (anti)romane non dissentono dalla Forcardes?
Il fatto che nella Quaresima del 2018 un di lei fan, José Tolentino de Mendonça, abbia predicato gli esercizio spirituali alla Curia Romana possono aiutare il lettore nella risposta da dare a queste domande.


[1] Geraldine Schwarz, Suor Teresa Forcades: “Adozioni gay? Ai bambini serve un amore maturo, il sesso dei genitori non conta”, La Repubblica, 09 febbraio 2016.
[2] Paolo Rodari, L’ultima battaglia della suora attivista “ Torno in clausura”. La Repubblica, 16 luglio 2018.
[3] La mania aggiornatrice da Paolo VI al Cardinale Braz de Aviz