
di Martino Mora (autore di Abbattere gli idoli contemporanei. Non moriremo liberal)
UN DIBATTITO TRISTE. Renzi e Salvini, ovvero la politica ridotta alla lista della spesa.
Tra Renzi e Salvini che dibattto triste! Triste non solo perché il Matteo toscano ha cercato di colpire più volte il Matteo milanese sotto la cintura, con attacchi personali (gli ha dato del bugiardo non so quante volte) che Salvini ha incassato con signorilità senza scendere sullo stesso piano (e quindi onore al merito).
Ma triste perché entrambi i contendenti hanno proposto la loro personale lista della spesa di provvedimenti popolari, senza esplicitare alcuna vera proposta di società, alcuna idea forte, alcuna visone del mondo che vada al di là della contingenza del momento.
E qui la colpa è soprattutto di Salvini.
Perché è logico che Renzi che è uomo del sistema (detestato anche da chi la pensa come lui, ma solo per la sua insopportabile supponenza) non abbia alcun interesse a proporre un’idea alternativa della politica e della società.
Ma Salvini , che dal sistema è odiato e demonizzato, che cosa propone come un mantra, se non la lista della spesa (quota 100, flat tax, blocco all’immigrazione, castrazione chuimica degli stupratori e via dicendo) priva apparentemente di alcuna visione alternativa del mondo?
Non formula nemmeno morto alcuna critica esplicita alla globalizzazione, all’elite mondialista, al pensiero unico, al politicamente corretto come gabbia d’acciaio, alla desacralizzazione di massa (nonostante il Crocifisso esposto), allo Stato nazionale come Moloch moderno (con tanti saluti al federalismo), alla demonia dell’economia e della tecnica, all’iindividualismo e all’egualitarismo.
Solo le stesse parole d’ordine ripetute all’infinito. Si dirà che Salvini ha successo anche per questo: la sua concretezza seduce gli italiani. Verissimo. Ma l’incapacità di formulare alcuna critica ideale al sistema che pure lo demonizza è un enorme limite culturale. Gigantesco. Che naturalmente non è solo di Salvini, ma appartiene a tutti.
Non solo ai guardiani del sistema ma anche a chi vi si oppone almeno in parte (Salvini, Meloni, figuriamoci un palazzinaro come Trump. Persino un grande come Putin è pragmatismo puro, e questo per la Russia in prospettiva sarà un problema ). Non c’è pensiero. Non c’è cultura politica. Solo attivismo continuo, pragmatismo, presenza sul territorio, in piazza, in tv, sui social. Certamente ci vuole anche questo, pena discesa del consenso.
Ma non c’è alcuno sforzo di cultura politica. Anche questa è una scelta. Pensare costa fatica. Ma è una scelta che si paga con gli interessi. In politica ci vuole azione. Ma l’azione senza pensiero non sa dove va.
Bene, allora aspettiamo che l’Italia sia ben bene piallata dalla furia migratoria , e quando non sarà più degli Italiani, aspettiamo il grande capo che offra la sua visione alternatva di salvezza….a chi, che quelli che si saranno qui stabiliti la loro visione del mondo ce l’hanno eccome, e quella imporranno! E quindi lasciamoci fare , e rassegnamoci, tristemente…
Fusaro sembra uno che pensa prima di agire. Non so se pensa bene ma non pare un tipo di sola azione. Se l’azione deve essere preceduta dal pensiero allora, forse, è l’unico che pratica questo esercizio. Ma si dichiara marxista… epperò oggi, paradossalmente, il pensiero marxista non è detto sia davvero così negativo (visti i post-marxisti).