di Luca Fumagalli
Anche in un universo segnato dal male non solo l’amore è possibile, ma è l’unica áncora di salvezza per l’umanità. È così che nel legendarium tolkieniano, a partire da quello di Beren e Lúthien, sono rintracciabili parecchi episodi che hanno per protagonisti due innamorati, il più delle volte ostacolati da una realtà cinica e meschina che complotta contro la loro felicità.
Nel suo epistolario J. R. R. Tolkien torna a più riprese sul tema del rapporto tra i sessi, del matrimonio e dell’educazione della prole. Sulla scorta della dottrina sociale cattolica, per lui la famiglia costituiva il nucleo fondamentale della società, la sua cellula prima.
In un’epistola del 1941 al figlio Michael, lo scrittore inglese affronta esplicitamente l’argomento: «Questo è un mondo caduto. Lo spostamento dell’istinto sessuale è uno dei sintomi principali della Caduta. Il mondo si è “rovinato” di epoca in epoca. Le sue varie forme sociali cambiano, e ogni nuova usanza ha i suoi pericoli specifici: ma il “duro spirito della concupiscenza” ha percorso ogni strada e si è seduto lascivo in ogni casa». Qualche paragrafo dopo: «La monogamia […] per noi uomini è una questione di etica “relativa”, conforme alla Fede e non alla carne. […] Questo è un mondo caduto. E non c’è armonia fra corpo, mente e anima».
Di contro all’emergere di quelle tendenze libertine diffuse che, poco più di un ventennio dopo, sarebbero esplose nella contestazione sessantottina, Tolkien si lancia in un’appassionata difesa del matrimonio, un efficace baluardo contro l’individualismo cannibalico della società moderna: «L’essenza di un mondo caduto è che il meglio non si può ottenere attraverso il puro piacere, o attraverso la cosiddetta “autorealizzazione” (in generale un bel nome per l’autoindulgenza, che è completamente opposta alla realizzazione degli altri sé), ma solo attraverso la negazione e la sofferenza. La fedeltà al matrimonio cristiano richiede questo: grandi mortificazioni. Per un uomo cristiano non c’è scampo. Il matrimonio può aiutarlo a santificare e dirigere il desiderio sessuale verso il suo giusto obiettivo; la sua grazia può aiutarlo nello sforzo; ma lo sforzo rimane».
Dunque nemmeno il matrimonio è un’isola ideale di soddisfazione. Pure Tolkien non era stato esente dalla frustrazione e dall’infelicità che si presentano anche nella migliore relazione (e nel suo legendarium con mancano casi di cocenti delusioni amorose). Colpisce, a tal proposito, il passaggio della lettera dedicato all’ “anima gemella”: «Quando l’incanto si spegne, o almeno si logora un po’, pensano di aver commesso un errore, e di dover ancora trovare la vera anima gemella. Troppo spesso, la vera anima gemella si rivela essere la prima persona sessualmente attraente che incontrano. Qualcuno che avrebbero potuto realmente sposare proficuamente, se solo… Ed ecco il divorzio, per ottenere quel “se solo”. E naturalmente, in genere, hanno ragione: effettivamente hanno sbagliato. Solo un uomo estremamente saggio, alla fine della sua vita, potrebbe giudicare con certezza chi, fra tutte le possibili scelte, avrebbe fatto meglio a sposare! Quasi tutti i matrimoni, anche quelli felici, sono errori: nel senso che quasi certamente […] entrambi i coniugi avrebbero potuto trovare un compagno più adatto. Ma la “vera anima gemella” è quella a cui sei effettivamente sposato. La scelta in realtà dipende ben poco da te: per la maggior parte, la compiono la vita e le circostanze (ma se Dio esiste questi sono i Suoi strumenti, o le Sue manifestazioni)».
L’importanza che il professore di Oxford conferiva al matrimonio, in quanto condizione di vita e cammino spirituale, è evidente anche in una bozza del 1943 indirizzata a C. S. Lewis, che in un suo scritto aveva avanzato l’ipotesi di stabilire due tipi diversi di matrimonio: quello cristiano indissolubile, e il matrimonio civile, da sciogliere se necessario. Tolkien ovviamente condivideva solo in piccola parte il ragionamento dell’amico: «La battaglia può essere già persa, ma non posso fare a meno di sospettare che quelli che combattono contro il divorzio in questo caso di legge e di religione siano nel giusto. Sentire cum Ecclesia: quanto spesso scopriamo che questa è una vera guida». Il matrimonio cristiano e la castità, per lui, non sono un’abitudine particolare o una disciplina per pochi; al contrario, se non fosse un modo di vivere naturale e salutare, sarebbe «un’intollerabile ingiustizia» imporlo anche solo ai fedeli. Il matrimonio non è quindi «una proibizione dei rapporti sessuali, bensì il modo corretto di ottenere una moderazione sessuale; in effetti è il modo migliore di ottenere il piacere sessuale più soddisfacente, come la moderazione nell’alcool è il modo migliore di godersi la birra e il vino».
Tolkien applicò lo stesso discorso al mondo degli Elfi. Come scrive Caldecott nel saggio Il fuoco segreto, «durante gli anni Cinquanta, Tolkien scrisse un testo intitolato Laws and Customs Among the Eldar (che è possibile trovare in The Morgoth’s Ring) nel quale sono presenti dettagli sugli usi matrimoniali a Valimar. Qui leggiamo, fra le altre cose, che “il matrimonio è per tutta la vita e non può, di conseguenza, avere un termine, tranne che per l’interruzione costituita dalla morte senza ritorno”».
Infine, pure ne Il Signore degli Anelli compaiono storie d’amore toccanti coronate da un matrimonio felice: basti pensare, ad esempio, ad Aragorn e Arwen, a Faramir ed Éowyn o a Sam e Rosa. La famiglia è l’esito ultimo di quella dinamica maschile-femminile che è centrale nel legendarium, anche se in forma nascosta. Scrive ancora Caldecott: «Il centro de Il Signore degli Anelli non è a Gondor, ma nella Contea, saldamente radicato nel contesto domestico. È lì che dobbiamo cercare l’integrazione finale tra elficità e natura umana, all’interno del romanzo nella sua interezza. E questo è ciò che troviamo». Guarda caso il capolavoro tolkieniano non termina con l’incoronazione di Aragorn, né con la partenza di Frodo per l’Ovest, ma con il ritorno a casa di Sam – che il professore di Oxford definiva «l’eroe principale» del libro – da una moglie che lo ama e dai suoi figli.
In questa società pansessualizzata si pretende dal matrimonio unicamente che la fibrillazione iniziale del rapporto amoroso, che ha il sapore dei primi innamoramenti degli adolescenti, perduri anche quando si cammina con il bastone.
Ma quando mai si è preteso dal matrimonio che gli sposi rimanessero innamorati per sempre?
Il matrimonio pretende fedeltà e basta.
E basta con questi pruriti da poppanti! Cerchiamo di essere “virili” in questa battaglia contro le forze delle tenebre con la castità e la mortificazione.
È un ragionamento che può non piacere, me ne rendo conto.
In verità l uomp non è monogamo per scelta,come vorrebbero farci pensare i porci sessantottini, ma per natura,per inconscio.
L uomo è come il lupo o il fenicottero, è monogamo per natura,non per fattori etici o religiosi,l esistenza stessa del matrimonio o della gelosia sono le prove più schiaccianti.
Anni e anni di propaganda hanno ammlato,distrutto e storpiato la mente degli uomini,facendoli andare contro la loro natura e le conseguenze si vedono anche nella nostra società.
Inoltre è bene distinguere l amore,quello vero,dalla lussuria che sono cose distinte e separate,come il bianco e il nero o la Nutella e lo sterco.
Non vedo come la fedeltà, la castità o il matrimonio possano essere cause di mortificazione o penitenza,insomma sono cose normalissime e naturalissime,nulla di che,non parliamo di atti di santità ma di mediocrità, alla portata di tutti.
Piuttosto ,si devono vergognare i porci e le porche succubi e in continua tentazione della depravazione,le cui menti cadono continuamente nell adulterio,menti non degne del matrimonio,non degne dell amore e tanto meno degne del regno dei cieli.
Non vedo il perché si cerchi di giustificare e normalizzare le porcherie fantasiose degli adulteri.
Una persona seria e responsabile che ama veramente una persona e ci si vuole legare a lei per sempre tramite il matrimonio è tenuta ad amarla per sempre, ad essere fedele per sempre e a tutelare la sua dignità e la sua felicità a rrischioso rimetterci la vita o peggio.
Questi sono i requisiti MINIMI per un matrimonio.
Se ne manca anche solo uno significa che il nostro non è amore ma un miscuglio di emozioni positive e negative che ovviamente al contrario dell amore, del vero amore,non durano per sempre.
In questo caso è meglio andare avanti e cedere il passo a un altra persona così diamo la possibilità alla persona che ci “interessa”di trovare qualcuno capace di amarla davvero .
In più concediamo a noi stessi di trovar la nostra vera anima gemella.